20/01/2025
𝐓𝐫𝐚 𝐕𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐞 𝐌𝐚𝐫𝐞: 𝐋𝐚 𝐅𝐨𝐫𝐳𝐚 𝐈𝐧𝐝𝐨𝐦𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐍𝐚𝐭𝐮𝐫𝐚
Ammetto che mi piace di più fotografare la primavera, quando la natura si risveglia con i suoi colori vivaci e i profumi inebrianti: gli alberi in fiore che tingono il paesaggio di tonalità pastello, i verdi campi di grano che ondeggiano al vento e la luce calda e morbida che accarezza ogni cosa. In fondo, ho quasi fotografato tutto in Puglia, dalle dolci colline alle coste aspre, dai trulli immersi nella campagna alle masserie abbandonate che raccontano storie di un tempo passato. Eppure, mi sono reso conto di aver dedicato poche occasioni a catturare i momenti in cui la natura cambia volto, quando abbandona la sua quieta bellezza per mostrarsi in tutta la sua forza selvaggia e imprevedibile.
Fotografare in queste condizioni è una sfida. Non si è mai del tutto preparati: il vento che ti sferza il viso, la pioggia che cade incessante, l'umidità che sembra penetrare ovunque. Ma con pochi accorgimenti, si può resistere. Proteggere la fotocamera diventa una priorità, quasi come fosse un’estensione del corpo stesso. Mi ritrovo spesso a mettere in sicurezza la mia reflex, a tenerla stretta tra le mani come un oggetto prezioso, mentre il resto del mio corpo è esposto agli elementi. E in quei momenti, nonostante le difficoltà, c’è una sensazione di eccitazione, un brivido che attraversa ogni scatto.
Quando si osa e si rischia, però, il risultato può essere straordinario. La scorsa settimana, ad esempio, ho fotografato il mare in tempesta. La scena era travolgente: le onde si infrangevano con violenza contro gli scogli, alzando spruzzi d’acqua che sembravano sfidare il cielo. Era un panorama di caos e bellezza cruda, una dimostrazione della potenza indomabile della natura. Forse, in quell’occasione, mi sono raffreddato, ma fa parte del mestiere. È un rischio che accetto volentieri, lo stesso rischio che un tempo mi portava a fotografare situazioni ben più pericolose.
Ripenso a quando documentavo gli scontri nelle grandi manifestazioni studentesche, con la tensione che si respirava nell’aria, o ai giorni trascorsi a Belfast, occupata dagli inglesi, dove ogni angolo nascondeva una storia di lotta e resistenza. Poi Bilbao, nel periodo post-Franco, un’epoca di cambiamento e incertezza. Ogni scatto in quei contesti era un atto di testimonianza, un modo per fissare su pellicola un momento irripetibile. E ora, in confronto, il vento e il mare in tempesta sembrano quasi una sfida più pacifica, ma non meno imprevedibile.
Il mare in tempesta ha una sua magia. Le gocce si fondono, si confondono: acqua di mare e pioggia si mescolano in una danza incessante, creando un’atmosfera unica. Ogni spruzzo è come una puntura sottile, una carezza brusca che ti ricorda la tua vulnerabilità davanti a una forza così immensa. Mentre sono lì, immerso nella tempesta, mi sento quasi sopraffatto dalla bellezza e dalla potenza di ciò che sto vivendo. Eppure, quando torno in macchina, finalmente al caldo, non posso fare a meno di chiedermi: “Chi me l’ha fatto fare?”.
Ma poi arriva la risposta, semplice e diretta. Penso che la natura stia semplicemente compiendo il suo ciclo, seguendo un ritmo che esiste da sempre, molto prima di noi. E in quei momenti, mi rendo conto che noi siamo solo degli intrusi, testimoni fugaci di un mondo che continua a vivere e trasformarsi, indipendentemente dalla nostra presenza. Fotografare questi attimi non è solo un modo per conservare un ricordo, ma anche per celebrare questa forza che ci supera, ricordandoci la nostra piccolezza e la nostra connessione profonda con il pianeta che abitiamo.