11/08/2023
Alla fine è toccato a Travis Scott. Una persona ferita perché ha provato a entrare senza biglietto passando dal Palatino, caos dovuto all’utilizzo di spray al peperoncino, decine di migliaia di persone che saltano contemporaneamente provocando piccole ma percepibili scosse al terreno. E tutti scoprono che i concerti al Circo Massimo comportano (hey!) dei rischi. “Il Circo Massimo non è un prato, è un monumento: ha gallerie sotterranee, parti archeologiche, non ci si può saltare sopra per ore, a decine di migliaia” dice la direttrice del Parco del Colosseo, Alfonsina Russo. “Occorre pretendere e avere certezze sulle modalità con cui questi concerti vengono organizzati, a cominciare dalle garanzie sulla sicurezza per il sito e per gli spettatori”, sbraita il sottosegretario Vittorio Sgarbi.
La sfida a chi è più puro è iniziata. Sia chiaro, il concerto del rapper americano, anteprima GLOBALE del suo nuovo attesissimo album, è stato il più assurdo e rischioso, per il Circo Massimo, da tempo, prevedendo un pubblico di decine di migliaia di giovanissimi fan da tutto il mondo e un "ascolto" molto movimentato. Annunciato con solo 7 giorni di anticipo, organizzato in fretta e furia come ripiego dopo l’annullamento all’ultimo momento (per motivi di rischi conservativi e immagine) del concerto programmato alle piramidi di Giza il 28 luglio. “L’annuncio a sorpresa di Travis Scott, una delle popstar più famose al mondo, in concerto al Circo Massimo - diceva solo una settimana fa Alessandro Onorato, assessore ai Grandi Eventi, Turismo, Sport di Roma - è l’ennesima conferma di quanto Roma sia sempre più attrattiva per le star internazionali”.
Bello crederlo. In realtà al Circo Massimo, se paghi, hai la garanzia che il concerto si faccia, soprattutto con questa amministrazione che ci sta puntando moltissimo: in pochi mesi Maneskin, Renato Zero, Bruce Springsteen, Guns ‘n’ Roses, Imagine Dragons, Marco Mengoni, Max Pezzali. Il sito archeologico spremuto come un limone. E tutti, tutti d’accordo. Una tendenza in crescita, di cui il caos di lunedì sera non è che il culmine. Non è questione di se accadrà qualcosa di irrimediabile, è questione di quando. Vogliamo ricordare che il Ministero della Cultura ha letteralmente stanziato 18,5 milioni di euro per ricostruire l’arena del Colosseo e farci concerti dentro? E che la direttrice del Parco si è sempre detta favorevole al progetto?
Ora, per favore, lasciamo perdere l’ipocrisia e i distinguo. Comune di Roma e Ministero della Cultura in questo momento (o, perlomeno, fino a lunedì sera) sono perfettamente allineati nell’idea che ogni cosa abbia il suo prezzo e i grandi eventi siano fondamentali. Per cui, si decida: se è giusto affittare i monumenti a chiunque paghi quanto dovuto, si deve anche accettare che questi saranno danneggiati, logorati, umiliati man mano. Se invece si vuole trattarli, appunto, come monumenti, il criterio non può essere il prezzo, ma il progetto. Paesi come Egitto e Grecia, anch’essi subissati da richieste per i loro monumenti simbolo, riescono a dire di no. Noi da un decennio siamo all’interno di una enorme ubriacatura collettiva secondo cui i grandi eventi hanno solo vantaggi. Ecco, non è vero.
