21/10/2024
OASI E DIGA DI SAN GIULIANO
La prima pietra della Diga di San Giuliano è stata posata il 23 Luglio del 1950. A farlo fu Alcide de Gasperi, in occasione della sua celebre visita a Matera. Uno sbarramento di cemento armato alto 44 metri e lungo 314,64 fu realizzato all'altezza del restringimento noto come "Stretta di San Giuliano", e con il quale fu ritenuto il fiume Bradano. Il calcestruzzo fu posato sugli strati di calcarenite, che vennero rinforzati, formatisi li dove un tempo c'era un braccio di mare che collegava lo Jonio all'Adriatico. Il bacino nacque per agevolare i lavori dell'agricoltura e le attività di produzione. Uno specchio d'acqua dalla superficie di 8 chilometri quadrati e un volume di circa 100 milioni di metri cubi, che negli anni è diventato una zona umida di importanza tale da rientrare sotto la tutela della Convenzione Internazionale di Ramsar, in quanto ambiente primario per la vita degli uccelli acquatici. Per la realizzazione della Diga finirono sommersi tre masserie, diversi locali di proprietà del Comune e l'antico Ponte di San Giuliano, e i loro resti sono lì sotto ancora oggi. Il livello delle acque cambia a seconda delle stagioni, così come le argille delle rive della Diga cambiano il loro colore a seconda del livello di imbibizione virando dal bianco-giallastro nei periodi più secchi, al grigio-azzurrino in quelli di maggiore irrorazione.
Dal 1976, la Regione Basilicata, nel territorio che circonda la Diga, ha istituito l'Oasi di San Giuliano, sotto l'impulso della sezione regionale del WWF. Da allora, con i suoi 2574 ettari, è la più grande riserva naturalistica della provincia di Matera. riconosciuta come Sito di Interesse Comunitario, Zona a Protezione Speciale per l'avifauna, Sito di Rete Natura 2000 e inserita tra le Zone umide italiane della lista Ramsar per la fauna acquatica.
La creazione del bacino idrico ha modificato la vegetazione della zona, un tempo boschiva, costituita oggi soprattutto da eucalipto rostrato, cipressi, pini di Aleppo, la rara quercia a foglie ampie e molte altre varietà. Veri preziosismi floristici. con esemplari anche rari, arricchiscono il valore naturalistico dell'Oasi. Gli aridi prati che circondano le rive si puntellano di macchie di colore rosso porpora e rosa intenso con la fioritura della sulla comune e di quella annuale; in primavera, sono diverse le varietà di orchidee che qui fioriscono, oltre alla rarissima clematide di rigo, endemica, e altre specie di nuova segnalazione, come la poligala comune. È inoltre possibile osservare la rosa canina, il cisto rosso e quello di Montpellier: tra le specie erbacee, lo sparto steppico sui pendii aridi argillosi, l'asfodelo mediterraneo e la scilla marittima. Lungo la gravina a valle dello sbarramento, si osserva la rara campanula pugliese. Negli ambienti palustri notevole è la presenza delle tife, del giunco pungente, dei carici e della lisca marittima.
E ancora, nell'area in cui il fiume Bradano si immette nell'invaso, vi è una f***a boscaglia costituita da pioppi, tamerici, salici. Sulle rive, canneti fitti e impenetrabili, tra i quali trovano rifugio diverse e affascinanti specie di uccelli. Fuori e dentro l'acqua, infatti, sono moltissime le specie animali che qui vivono o sostano lungo le rotte delle loro migrazioni: anguille, carpe a specchio, pescigatto; la lontra, che negli anni scorsi ha subito una drammatica riduzione sul territorio italiano; il gatto selvatico, l'istrice, il tasso, il lupo, la volpe. Tra anfibi e rettili, la testuggine europea, la tartaruga palustre americana e il rospo smeraldino. Fra i chirotteri si segnala il vespertilio di Capaccini, una specie in pericolo di estinzione.
L'avifauna che qui è possibile osservare è di interesse straordinario, con oltre 200 specie segnalate: qui vengono a svernare il germano reale, l'alzavola, il fischione, centinaia di cormorani e alcune coppie, che vi si riproducono. Si può osservare il volo dell'airone bianco maggiore, dell'airone cenerino e di quello rosso, dell'airone guardabuoi. Gli arrivi e le ripartenze dei grandi stormi di gru europee sono uno spettacolo da non perdere. La popolazione di svasso maggiore. stanziale nell'Oasi, è una delle più importanti del Sud Italia. Tra i rapaci, si possono osservare nibbi reali, poiane, falchi di palude e falchi pescatori. Presenti anche molti rapaci notturni, oltre alle cicogne, la ghiandaia marina, il gruccione, il picchio verde e il pendolino, simbolo dell'Oasi. Con particolare attenzione ai rapaci tra il 2006 e il 2009 è sorto il Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS), gestito dalla società "De Rerum Natura" nella quale collaborano volontari, veterinari. associazioni e organismi di tutela istituzionali, per la tutela, la divulgazione e la conservazione delle specie più minacciate di rapaci in Basilicata. All'interno vi è anche il Centro di recupero e ambientamento del Falco Grillaio: nei comuni di Matera.
Montescaglioso, Bernalda e Pisticci vi sono infatti le colonie di questa specie più importanti d'Italia.
A cavallo tra l'800 e il 900, le ricerche del dottor Domenico Ridola hanno rivelato l'enorme valore dell'area anche sotto un punto di vista archeologico. Manufatti in ossidiana, strumentari in pietra, vasi e numerosi altri reperti sono stati infatti qui rinvenuti, e appartengono a un ventaglio temporale decisamente ampio: si può risalire al Paleolitico e discendere fino
all'Alto Medioevo.
Lungo le sponde del bacino sono stati diversi i rinvenimenti di fossili che rammentano di quando la zona era ricoperta dalle acque del mare: fossili di flora e fauna marina. La scoperta più consistente risale al dicembre del 2000, con it rinvenimento del cetaceo fossile risalente al Pleistocene: la Balena Giulana, come è stata chiamata e così come è popolarmente conosciuta oggi, morta proprio in quel braccio di mare che milioni di anni fa congiungeva lo Jonio all'Adriatico, quando la Puglia era ancora interamente sommersa e se ne affacciavano sopra il livello del mare solo i rilievi maggiori, come l'altopiano del Gargano e le parti più elevate delle Murge.