Tour in Basilicata

Tour in Basilicata Tour in Basilicata, gastronomia, escursioni, storia e cultura della terra Lucana! Infine la gente della Basilicata, ha l’ospitalità nel sangue. e molto altro

La Basilicata è una regione poco conosciuta dal turismo di massa per questo motivo qui è ancora possibile godere la vista di paesaggi incontaminati e assaporare la genuinità di un’antica vita rurale, un patrimonio ambientale sano e sicuro di aria pulita e acque sorgive. Una terra antica, le cui coste, bagnate da due mari, sono ora rocciose e ostili ora sabbiose ed accoglienti, mentre il suo multif

orme entroterra presenta un’incredibile varietà di paesaggi di rara bellezza. Attraversando la Basilicata si possono incontrare montagne con cime innevate, dalle pendici ricoperti da boschi lussureggianti, spesso, costellati da piccoli laghi oppure montagne dalle pareti ripide e rocciose che scendendo a strapiombo creano gole e piccoli canyon nei quali scorrono torrenti dalle fresche e limpide acque. Proseguendo verso la costa, il duro e spettacolare paesaggio montuoso, lascia il posto ad uno dolce scenario collinare dai colori che variano dal giallo oro del grano al verde intenso dei pascoli qui come sentinelle, maestosi secolari alberi d’ulivo ci ricordano l’antica presenza dell’uomo. La fertile pianura con i sui aranceti e dalla quale si ottengono frutta e verdura di prima qualità ci preannuncia l’arrivo al mare che si presenta ai nostri occhi colorando di blu la linea dell’orizzonte. Mare, montagna, storia, arte, benessere, sport, avventura, la Basilicata offre un’infinità di occasioni per lo svago ed il relax. Chi per la prima volta visita la Basilicata è colpito dall’incredibile bellezza e varietà di paesaggi che questa regione offre. Provate a fare un cenno di saluto alle persone che incontrate lungo la strada o nei borghi aggrappati alle montagne, non esiteranno a rispondervi. Una vacanza in Basilicata, particolarmente adatta alle famiglie, è occasione per vivere momenti unici grazie al suo mare, alle splendide spiagge, alla montagna, con le superbe Dolomiti Lucane, ai parchi archeologici della costa Jonica, alle chiese rupestri della Murgia materana, ai Sassi di Matera, al castello federiciano di Melfi, al magnifico Parco del Pollino e tutte le numerose aree naturalistiche protette (nelle quali è possibile praticare sport ed assaporare l’avventura con il Volo dell’Angelo tra Castelmezzano e Pietrapertosa, ai percorsi sugli alberi, alle passeggiate a piedi, a cavallo ed ideali per il cicloturismo), alle erme di Rapolla e Latronico, ai mistici e numerosi santuari e paesi abbarbicati sulle cime delle colline a molto altro ancora. Molto importante è anche la variegata ed abbondante offerta di prodotti tipici enogastronomici che, grazie alla vocazione agricola di questo territorio e dei suoi abitanti hanno conservato intatta l’antica genuinità ed gli autentici sapori, tra questi vi sono prodotti IGP come il Canestrato di Moliterno, il peperone di senise, i fagioli di Sarconi, il vino Aglianico DOC, l’olio DOP del Vulture, le acque minerali del Vulture, i formaggi e le decine di tipi di pasta fresca tipici del mondo contadino e pastorale lucano. Nel nostro sito web potete trovare tutte le informazioni turistiche delle città e località della regione Basilicata. Tutto ciò che serve per pianificare le tue vacanze in Basilicata, alberghi, appartamenti, case, terme, agriturismo, ville, centri benessere, residence, villaggi, ristoranti, comuni, paesi, città, province, feste, sagre, fiere, mercati, aziende, agriturismo, culture biologiche, etc..percorsi , arte, cultura, gastronomia in Basilicata. Località e luoghi di rilevante interesse in Basilicata Aree naturali protette, parchi, riserve della Basilicata…..

04/04/2025

Lasciando il panorama ti cattura

21/12/2024

Antico centro basiliano, appartenne alla badia di Santa Maria di Cersosimo, di cui seguì le sorti fino al XII secolo. Posseduto per breve tempo dal conte Bertaimo d'Andria, passò ai conti di Chiaromonte e da questi, nel 1319, ai Sanseverino di Tricarico. Assegnato a metà del XIV secolo ai Poderico, fu successivamente dei Pignatelli, dei Carafa (principi dal 1617) ed infine dei Donnaperna.[9] A seguito dell'unità d'Italia, il comune fu sconvolto dal brigantaggio e vi operarono le bande di Egidio Pugliese, Francesco Tuzio e Francesco Gulfo.[10] In epoca fascista vi furono confinati alcuni oppositori del regime, profughi ebrei e zingari.[11][12]
Il "paese senza nome"
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Nei paesi vicini, il paese è chiamato anche, in modo scaramantico più che dispregiativo, Quel paese in dialetto lucano (a seconda dei paesi): Cudde puaise (a Montalbano Jonico) o Chille paìse (nella vicina Valsinni). Ciò a causa della presunta innominabilità della parola Colobraro per la credenza superstiziosa che la semplice evocazione del nome porti sfortuna. Tale innominabilità è legata ad un aneddoto risalente agli anni quaranta.[13] Durante una riunione di amministratori locali a Matera, il podestà di Colobraro Biagio Virgilio, alla fine di un suo discorso, avrebbe pronunciato parole del tipo: «Se non dico la verità, che possa cadere questo lampadario». A quanto si racconta, il lampadario sarebbe caduto davvero, poco dopo l'affermazione o alcuni giorni dopo, facendo alcune vittime o feriti.[14] Virgilio ebbe a dire in seguito che l'episodio fu una calunnia di notabili e funzionari pubblici, che diffusero poi la voce in tutta la provincia materana.[14] Un colobrarese che si recava nei comuni limitrofi veniva agevolato e trattato con rispetto per timore di eventuali disgrazie che avrebbe potuto portare.
A contribuire alla sinistra notorietà del paese fu la credenza, soprattutto degli abitanti dei paesi vicini, nelle arti magiche di alcune donne che vi dimoravano, tra cui una tale Maddalena La Rocca, immortalata da Franco Pinna nei primi anni cinquanta, per diverso tempo creduta una masciara, ovverosia una maga locale. In realtà la donna fotografata si chiamava Maria Francesca Fiorenza ed era una contadina, nonché filatrice e tessitrice, della quale non esistono prove di attività soprannaturali.[15] Tuttavia, l'erronea attribuzione di Pinna fece della Fiorenza un'icona del Meridione periferico e arcaico del tempo, la cui immagine fu usata in libri, reportage e mostre come rappresentazione di un "mondo magico", contribuendo ad accrescere la fama di Colobraro negli ambienti antropologici.[14]
Ernesto de Martino, con la sua équipe in cui figurava anche Pinna, visitò il paese nel 1952 e nel 1959 e riferì di essere stato protagonista, in accordo con la superstizione, di episodi sfortunati. Durante la prima spedizione del 1952, gli abitanti dei centri limitrofi informarono i ricercatori della nomea di Colobraro, ma lo staff ignorò i suggerimenti e si diresse verso il comune. Secondo quanto affermato dallo stesso De Martino:
«A Ferrandina hanno predetto alla nostra spedizione gomme forate e altri malanni sulla salita di Colobraro, e ancor peggio in paese, se avessimo deciso di sostarvi. E tanto ci hanno tormentato con storie sinistre, con ricordi di antiche sciagure e con annunzi di nuove, che quando siamo giunti a Valsinni, ai piedi del colle di Colobraro, siamo stati presi da una leggera inquietudine, che par fatta a posta a tirarci i guai addosso.»
(E. de Martino[15])
L’automobile su cui viaggiavano ebbe problemi sulla salita che conduce al borgo, il motore subì gravi danni e furono necessarie 23 000 lire per la riparazione.[15] Giunti a Colobraro, ebbero un appuntamento con uno zampognaro che avrebbe dovuto accompagnarli per una documentazione sui rituali del posto, come il lamento funebre. L'uomo, in stato di ebbrezza e festante con i suoi colleghi per il ritorno al lavoro dopo mesi di inattività, morì cadendo dall'autocarro su cui viaggiava, circa un'ora prima dell'incontro.[15] De Martino e la sua troupe parteciparono al funerale del malcapitato, anche con l'intento di registrare il canto funebre, ma infine rinunciarono:
«Guardo nella bara: la zampogna è accanto al ca****re. Qualcuno mi sussurra all’orecchio che il prete si è rifiutato di benedire la salma, perché si tratta di uno che è morto in istato di ubriachezza. Mi si informa anche di un corvo che mentre il ca****re era sulla via, ne ha sfigurato il volto a colpi di becco. Mi rendo conto che, almeno per il momento, dobbiamo rinunziare ai nostri propositi di registrare il lamento.»
(E. de Martino[15])
A questi due incidenti attestati, Ugo Dettore riportò alcune cronache nelle quali figurano altri aneddoti di dubbia veridicità che coinvolsero i membri della spedizione:
«[...] uno degli assistenti cadde per le scale dell'albergo, a un giornalista della comitiva si accesero spontaneamente i fiammiferi in tasca, un fotografo fu colto da improvvisa febbre e tutti furono vittime di incidenti più o meno gravi.»
(U. Dettore[16])
In tempi moderni, i colobraresi hanno rivalutato l'immagine negativa del proprio comune come attrazione turistica, dedicando eventi sul folclore locale con l'obiettivo di promuovere il paesaggio e i prodotti tipici

RISPETTANDO LA NATURA RISPETTIAMO NOI STESSI!LUCANIA TERRA DELL’AMORE!
15/11/2024

RISPETTANDO LA NATURA RISPETTIAMO NOI STESSI!
LUCANIA TERRA DELL’AMORE!

Splendida Foto di Filippo De Marinis!LUCANIA TERRA DI TRADIZIONE !
09/11/2024

Splendida Foto di Filippo De Marinis!
LUCANIA TERRA DI TRADIZIONE !

09/11/2024

Bacheca delle idee ed informazioni di Giada Bozzolin!
ERBE GRATIS !!

La Mosca dell’OlivoMOSCA DELL’OLIVO (Bactrocera oleae)La mosca dell’olivo o mosca olearia è un insetto lungo circa mezzo...
27/10/2024

La Mosca dell’Olivo

MOSCA DELL’OLIVO (Bactrocera oleae)
La mosca dell’olivo o mosca olearia è un insetto lungo circa mezzo centimetro, appartenente alla sottofamiglia delle Dacinae. Si tratta di una specie carpofaga. Le larve della mosca dell’olivo si nutrono della
drupa dell’olivo.
La mosca olearia ha ali trasparenti con una macchia bruna in cima e un addome marroncino.
Tra tutte le malattie, parassiti e avversità in generale, l’attacco della mosca a carico della pianta di olivo è considerato il più temibile.
La mosca dell’olivo è diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo e in Sud Africa, ma la sua presenza si sta estendendo anche ad altre zone dell’Africa, all’America e alla Cina.
Gli adulti della mosca sfarfallano verso aprile-maggio e in estate depongono le uova, quando l’oliva ha un diametro di 7-8mm. Bucando la buccia dell’oliva depongono un solo uovo. Le tracce della deposizione sono riscontrabili da un piccolo buco di forma triangolare che si può notare sull’olivo.
Dopo pochi giorni le larve si schiudono e iniziano a scavare tunnel all’interno delle olive di cui si nutrono, producendo al contempo gravi danni alle olive, di fatto le olive colpite tendono a cadere o comunque
avranno grossi danni in fasi di spremitura sia per una minore resa, sia per l’innalzamento dell’acidità che si riscontrerà nell’olio.
Al termine della maturazione la mosca sfarfalla dall’oliva lasciando un foro di uscita ben più evidente.
Esistono piante che aiutano a limitare la presenza della mosca e altre che ne stimolano la proliferazione.
Tra le prime c’è la quercia, la presenza di questa pianta vicino agli olivi può essere utile in quanto ospita degli iperparassiti che si cibano della mosca olearia. Una pianta la cui presenza è sconsigliata è il fico perché il frutto di questa pianta è assai gradito per queste mosche.
Buoni risultati per il contenimento vengono dati anche dall’utilizzo di trattamenti a base di rotenone, piretro e neem.
In commercio si trovano anche trappole-esca a base di melassa di barbabietola o canna da zucchero,
piretro e acqua che attirano le mosche che dopo averne bevuto il contenuto muoiono.

25/10/2024
23/10/2024

Basilicata San Mauro Forte ristorante il Campanaccio.
In un antico frantoio del 1700 lo CHEF NICOLA PAOLO IERINO con coraggio, passione ed esperienza ha avviato un ristorante e si è messo in gioco proponendo delizie enogastronomiche tipiche della cultura lucana.
In rispetto della tradizione ma strizzando l’occhio all’innovazione, in questo ristorante, ricavato in un ambiente, dopo un attento recupero, capace di riportarti all’antica e sapiente cultura contadina, potrai gustare piatti prelibati ottenuti dall’elaborazione e uso attento di eccellenti prodotti tipici della terra Lucana.
Grazie a questi imprenditori capaci di valorizzare la materia prima di altissima qualità, l’entroterra lucano, composto da tante piccole realtà di incredibile interesse storico e paesaggistico, può, meritatamente diventare un’attrazione per un Turismo sostenibile.
Corso Giacinto Magnante, 71 - SAN MAURO FORTE (MT) tel 3928334952

21/10/2024

OASI E DIGA DI SAN GIULIANO
La prima pietra della Diga di San Giuliano è stata posata il 23 Luglio del 1950. A farlo fu Alcide de Gasperi, in occasione della sua celebre visita a Matera. Uno sbarramento di cemento armato alto 44 metri e lungo 314,64 fu realizzato all'altezza del restringimento noto come "Stretta di San Giuliano", e con il quale fu ritenuto il fiume Bradano. Il calcestruzzo fu posato sugli strati di calcarenite, che vennero rinforzati, formatisi li dove un tempo c'era un braccio di mare che collegava lo Jonio all'Adriatico. Il bacino nacque per agevolare i lavori dell'agricoltura e le attività di produzione. Uno specchio d'acqua dalla superficie di 8 chilometri quadrati e un volume di circa 100 milioni di metri cubi, che negli anni è diventato una zona umida di importanza tale da rientrare sotto la tutela della Convenzione Internazionale di Ramsar, in quanto ambiente primario per la vita degli uccelli acquatici. Per la realizzazione della Diga finirono sommersi tre masserie, diversi locali di proprietà del Comune e l'antico Ponte di San Giuliano, e i loro resti sono lì sotto ancora oggi. Il livello delle acque cambia a seconda delle stagioni, così come le argille delle rive della Diga cambiano il loro colore a seconda del livello di imbibizione virando dal bianco-giallastro nei periodi più secchi, al grigio-azzurrino in quelli di maggiore irrorazione.
Dal 1976, la Regione Basilicata, nel territorio che circonda la Diga, ha istituito l'Oasi di San Giuliano, sotto l'impulso della sezione regionale del WWF. Da allora, con i suoi 2574 ettari, è la più grande riserva naturalistica della provincia di Matera. riconosciuta come Sito di Interesse Comunitario, Zona a Protezione Speciale per l'avifauna, Sito di Rete Natura 2000 e inserita tra le Zone umide italiane della lista Ramsar per la fauna acquatica.
La creazione del bacino idrico ha modificato la vegetazione della zona, un tempo boschiva, costituita oggi soprattutto da eucalipto rostrato, cipressi, pini di Aleppo, la rara quercia a foglie ampie e molte altre varietà. Veri preziosismi floristici. con esemplari anche rari, arricchiscono il valore naturalistico dell'Oasi. Gli aridi prati che circondano le rive si puntellano di macchie di colore rosso porpora e rosa intenso con la fioritura della sulla comune e di quella annuale; in primavera, sono diverse le varietà di orchidee che qui fioriscono, oltre alla rarissima clematide di rigo, endemica, e altre specie di nuova segnalazione, come la poligala comune. È inoltre possibile osservare la rosa canina, il cisto rosso e quello di Montpellier: tra le specie erbacee, lo sparto steppico sui pendii aridi argillosi, l'asfodelo mediterraneo e la scilla marittima. Lungo la gravina a valle dello sbarramento, si osserva la rara campanula pugliese. Negli ambienti palustri notevole è la presenza delle tife, del giunco pungente, dei carici e della lisca marittima.
E ancora, nell'area in cui il fiume Bradano si immette nell'invaso, vi è una f***a boscaglia costituita da pioppi, tamerici, salici. Sulle rive, canneti fitti e impenetrabili, tra i quali trovano rifugio diverse e affascinanti specie di uccelli. Fuori e dentro l'acqua, infatti, sono moltissime le specie animali che qui vivono o sostano lungo le rotte delle loro migrazioni: anguille, carpe a specchio, pescigatto; la lontra, che negli anni scorsi ha subito una drammatica riduzione sul territorio italiano; il gatto selvatico, l'istrice, il tasso, il lupo, la volpe. Tra anfibi e rettili, la testuggine europea, la tartaruga palustre americana e il rospo smeraldino. Fra i chirotteri si segnala il vespertilio di Capaccini, una specie in pericolo di estinzione.
L'avifauna che qui è possibile osservare è di interesse straordinario, con oltre 200 specie segnalate: qui vengono a svernare il germano reale, l'alzavola, il fischione, centinaia di cormorani e alcune coppie, che vi si riproducono. Si può osservare il volo dell'airone bianco maggiore, dell'airone cenerino e di quello rosso, dell'airone guardabuoi. Gli arrivi e le ripartenze dei grandi stormi di gru europee sono uno spettacolo da non perdere. La popolazione di svasso maggiore. stanziale nell'Oasi, è una delle più importanti del Sud Italia. Tra i rapaci, si possono osservare nibbi reali, poiane, falchi di palude e falchi pescatori. Presenti anche molti rapaci notturni, oltre alle cicogne, la ghiandaia marina, il gruccione, il picchio verde e il pendolino, simbolo dell'Oasi. Con particolare attenzione ai rapaci tra il 2006 e il 2009 è sorto il Centro Recupero Animali Selvatici (CRAS), gestito dalla società "De Rerum Natura" nella quale collaborano volontari, veterinari. associazioni e organismi di tutela istituzionali, per la tutela, la divulgazione e la conservazione delle specie più minacciate di rapaci in Basilicata. All'interno vi è anche il Centro di recupero e ambientamento del Falco Grillaio: nei comuni di Matera.
Montescaglioso, Bernalda e Pisticci vi sono infatti le colonie di questa specie più importanti d'Italia.
A cavallo tra l'800 e il 900, le ricerche del dottor Domenico Ridola hanno rivelato l'enorme valore dell'area anche sotto un punto di vista archeologico. Manufatti in ossidiana, strumentari in pietra, vasi e numerosi altri reperti sono stati infatti qui rinvenuti, e appartengono a un ventaglio temporale decisamente ampio: si può risalire al Paleolitico e discendere fino
all'Alto Medioevo.
Lungo le sponde del bacino sono stati diversi i rinvenimenti di fossili che rammentano di quando la zona era ricoperta dalle acque del mare: fossili di flora e fauna marina. La scoperta più consistente risale al dicembre del 2000, con it rinvenimento del cetaceo fossile risalente al Pleistocene: la Balena Giulana, come è stata chiamata e così come è popolarmente conosciuta oggi, morta proprio in quel braccio di mare che milioni di anni fa congiungeva lo Jonio all'Adriatico, quando la Puglia era ancora interamente sommersa e se ne affacciavano sopra il livello del mare solo i rilievi maggiori, come l'altopiano del Gargano e le parti più elevate delle Murge.

20/10/2024

Diga del Pertusillo 20 Ottobre 2024

La stagione del tartufo in Basilicata ha inizio e con essa una nuova avventura di Escursionismo in collaborazione con il...
19/10/2024

La stagione del tartufo in Basilicata ha inizio e con essa una nuova avventura di Escursionismo in collaborazione con il nostro amico tartufaro Francomario Belmonte

Immersi nei boschi incantati, ci siamo incamminati insieme ai preziosi e fedeli cani da tartufo, addestrati con cura e pazienza. Con entusiasmo e agilità, i cani hanno fiutato il terreno, riportando alla luce i deliziosi tartufi nascosti tra il muschio e le foglie bagnate. L’esperienza, avvolta dall’inebriante profumo del tartufo appena raccolto, ci ha immerso in un autentico viaggio di esplorazione e tradizione.
In questo scenario, la bellezza della natura si intreccia con il profondo legame tra uomo e cane, fondato su fiducia, collaborazione e rispetto reciproco.

✨A breve organizzeremo un’escursione per tutti voi, per condividere insieme questa avventura nella stagione del tartufo. Unisciti a noi e vivi l’emozione di esplorare i boschi alla ricerca di questo prezioso tesoro della terra!✨
Stay tuned...

15/09/2024

Anche Roccanova ha il "PAT" (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). L'ufficialità è arrivata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto 25 febbraio 2022 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, la "Sauza Ca' Coscia", prodotto identitario di Roccanova, è stata inserita nell'elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Territoriali.

Anche Roccanova ha il "PAT" (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). L'ufficialità è arrivata con la pubblicazione in Gaz...
15/09/2024

Anche Roccanova ha il "PAT" (Prodotto Agroalimentare Tradizionale). L'ufficialità è arrivata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto 25 febbraio 2022 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, la "Sauza Ca' Coscia", prodotto identitario di Roccanova, è stata inserita nell'elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Territoriali.

Un grande risultato ottenuto grazie al lavoro minuzioso del Comune di Roccanova e dell'Ansia (Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura) della Regione Basilicata.

13/09/2024

Le meravigli del SUD !
In Basilicata ci sono i carciofi selvatici ?

Indirizzo

Via Cavour, 256/ROMA 00185
Roma
00184

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