21/01/2023
Chi mi conosce sa che non amo partecipare alle polemiche e che su questa pagina le evito accuratamente.
Tuttavia, sento il dovere, da professionista del turismo ma soprattutto da napoletana residente al centro storico di Napoli, di condividere una riflessione con voi.
Napoli si sta trasformando e questo è ogni anno più evidente. Come ogni cambiamento, può avere aspetti positivi e negativi.
Parliamo di turisticizzazione, la trasformazione o adattamento di una città determinata da interessi turistici.
Un cambiamento che fa attrito con lo spirito conservatore e nostalgico, mi viene in mente Michele Giuffrida (Lello Arena) in "No grazie, il caffé mi rende nervoso" con il suo mantra "Napoli nun adda cagnà" (chiedo scusa ai pedanti della lingua napoletana, ma a scuola purtroppo non mi hanno insegnato a scriverla).
E invece Napoli sta cambiando, sì.
Era considerata una città pericolosa fino a non molto tempo fa.
Ricordo quando ho vissuto in Germania e ho subìto ogni sorta di pregiudizi e razzismo a causa del mio essere napoletana, perfino gli scherzi telefonici tipo: "Pronto? Pizzeria? Vorrei ordinare una pizza camorra." Perché per gran parte del mondo Napoli era solo sinonimo di mariuoli e monnezza.
Lì è nata la mia vocazione, proprio nel momento in cui, lontana da casa, Napoli mi mancava di più, mi mancava esprimermi nella mia lingua madre (il napoletano) ma soprattutto stavo scrivendo la mia tesi di laurea sulla Questione Meridionale e stavo scoprendo tante amare verità sulla storia della mia terra, che non solo chi mi discriminava ignorava ma ignorano anche gran parte degli italiani e dei napoletani che conosco.
Per me oggi da napoletana è un grande orgoglio che questa città sia diventata una delle città più visitate d'Italia, ringrazio sempre i miei clienti per aver scelto Napoli, perché non é scontato, perché i pregiudizi sono duri a morire e ancora c'è chi dice loro: "sei pazza? Vai a Napoli? Stai attenta che ti rubano il portafogli" ma io li aiuto con la cultura ad uscire da quella foschia e a guardare questa città con occhi liberi. E ci sono migliaia di altri come me che fanno questa magia ogni giorno da anni con i turisti, centinaia, migliaia di persone nella vita di ogni guida.
Eppure ultimamente una parte della società ha scelto i turisti come capro espiatorio a cui dare la colpa di ogni male che affligge questa città.
E' vero, trovare casa in centro è diventato difficilissimo, molti appartamenti sono adibiti a b&b perché fruttano più soldi. E' vero, nel periodo natalizio c'è traffico pure a piedi e i decumani si trasformano in fiumi umani.
Attenzione però quando troviamo i cumuli di cartoni di bibite davanti alla statua del Nilo, perché quelli non li hanno messi i turisti, li ha messi qualche commerciante.
Attenzione però a dare la colpa al turismo anche della chiusura di attività storiche soppiantate da bar, pizzetterie e kebabbari.
Sì, perché qui entra in gioco la trasformazione della società ad una scala più ampia, una società che non compra più libri cartacei, perché si è diffuso l'e-book che è più economico e interattivo, e se li compra lo fa su Amazon, ma soprattutto perché la droga dei nostri tempi - smartphones e social media - tiene giovani e meno giovani accuratamente alla larga dalla lettura e dalla cultura.
Non sono solo i turisti che si siedono al bar a fare l'aperitivo, facciamoci un attimo un esame di coscienza: quante volte usciamo per andare a bere o mangiare con gli amici e quante volte ci incontriamo per andare a visitare un museo, per esempio? Poi ci sorprendiamo che chiudono i negozi di artigianato e le librerie storiche e invece proliferano bar e pizzetterie?
Quanti libri hai comprato in libreria negli ultimi 5 anni? Quanti musei hai visitato a Napoli negli ultimi 5 anni? Quanti Spritz hai bevuto negli ultimi 5 anni? Quanto street food hai comprato?
Forse dovremmo prendere in considerazione che il discorso è più ampio e non minimizzabile al solo incremento del turismo, che sicuramente sta trasformando gli equilibri, ma parallelamente c'è una trasformazione della società in corso che ci vede tutti coinvolti, é la società di massa, un accesso più orizzontale alla cultura ma paradossalmente un consumo sempre più ridotto di prodotti culturali. Più internet, meno libri. Più quantità, meno qualità.
Non solo, ma consideriamo anche il consumismo capitalista che ci porta a buttare i mobili rotti, per esempio, invece di andare ad aggiustarli da un falegname, ah già e dove stanno i falegnami? Sono in pochi, perché giovani che imparano al mestiere sono in via di estinzione. E quindi buttiamo e compriamo. E gli artigiani chiudono. Chi restaura più i mobili? E a via San Sebastiano, chiudono botteghe storiche perché noi napoletani abbiamo cambiato abitudini, lì non ci andiamo ma se quello diventa un bar e vende alcolici lavora semplicemente perché c'é più domanda. É la legge del mercato.
Interroghiamoci.
Da napoletana mi sento di dire, per l'amore viscerale che nutro per questa città, che la cosa più utile che possiamo fare da napoletani è assumerci le nostre responsabilità, che non significa colpevolizzarsi, ma smettere di dare sempre la colpa a qualcun altro e ricordarsi di avere il potere di fare la propria parte.
Lamentiamoci meno e ringraziamo di più, perché i turisti sono una grande risorsa per la nostra città, la adorano, la apprezzano, ritornano, ne parlano bene con gli amici, visitano i nostri musei più di noi, contribuiscono alla nostra economia in maniera trasversale e quando visitano la città con una guida turistica imparano su questa città più di quanto molti napoletani scoprono in una vita intera.
Da bibliomane, infine, mi unisco al dispiacere di tutta la città per la chiusura della Libreria Pironti dove negli anni ho comprato tanti, tanti libri sulla cultura napoletana.
Grazie della pazienza di leggere stu papiello. 🙏
foto: La Repubblica, Riccardo Siano