23/06/2020
Siete nel Foro Romano, proprio alla base del Campidoglio, davanti all’arco di Settimio Severo. L’iscrizione dedicatoria sopra il fornice centrale riassume il cursus honorum dell’Imperatore, tutte le cariche da lui rivestite nel corso del suo principato, e menziona il figlio Caracalla. Che ne è stato di Geta, il figlio minore ? Nella quarta riga c’è qualcosa che non torna: i fori lasciati dai perni delle lettere in bronzo che una volta ricoprivano le lettere incise non coincidono con quelle leggibili ora. Il nome di Geta, figlio minore dell’imperatore, è stato eliminato dopo la sua morte voluta dal fratello per restare il solo ed incontrastato principe. Un classico esempio di damnatio memoriae.
Associato al padre nel ruolo, seppur nominale, di imperatore a soli dieci anni, Lucius Septimius Bassianus alla nascita, poi Marcus Aurelius Antoninus per suggerire una parentela con la precedente dinastia degli Antonini, infine soprannominato "Caracalla", per un particolare mantello con cappuccio di origine celtica che era solito indossare, regnò fino al 217.
Dispotico, crudele e spietato: gli storici concordano, incluso Cassio Dione che fu invitato al matrimonio del futuro imperatore, allora appena quattordicenne.
La lista degli indesiderati eliminati è lunga: il suocero Plauziano, la giovane moglie Fulvia Plautilla ed il cognato, prima esiliati a Lipari poi uccisi, il fratello Geta e i suoi sostenitori (si parla di 20 mila persone).
Consapevole che per regnare col pugno duro devi assicurarti la fedeltà dell’esercito, aumentò la paga dei legionari e concesse molti benefici alle truppe, causando una svalutazione del denario e coniando una nuova moneta, chiamata antoniniano.
Rafforzato il proprio potere, Caracalla fu perdonato per l’assassinio del fratello dalla madre, Giulia Domna.
Siriana di nascita, colta e influente, supportata da un notevole carisma di matrice tutta orientale, l’imperatrice esercitò, fin dall'inizio, un forte ascendente sulle decisioni del marito prima e del figlio in seguito.
La trascuratezza mostrata dall’imperatore per gli affari dello stato le permise una sempre più diretta partecipazione all'amministrazione e l’acquisizione di un potere mai raggiunto prima da una donna, pur restando a margine della scena politica, come si confaceva al costume romano.
Nel 212 la minaccia di alcune tribù di Germani che si erano raggruppate in una confederazione e stanziate lungo i confini delle province settentrionali costrinse l'imperatore ad accorrere lungo questo settore strategico per arginare una loro possibile invasione.
Aspirando alla gloria militare, Caracalla sfruttò la propaganda imperiale e fece passare come grande vittoria militare ciò che si era concluso in realtà con trattative diplomatiche.
Per far fronte alle accresciute spese militari e per cercare di aumentare le entrate, nel 212 Caracalla emanò la Constitutio Antoniniana, un provvedimento grazie al quale diventavano cittadini dell'Impero tutti gli abitanti liberi che lo popolavano. Questa unificazione politica sembra sancire sul piano del diritto il positivo principio dell'uguaglianza degli uomini ed effettivamente è così. Tuttavia per molti storici si trattò di un provvedimento demagogico e una semplice misura fiscale perché tutti gli abitanti dell'Impero sarebbero stati tenuti a pagare la tassa di successione che già gravava sui cittadini romani.
A parte fra i soldati, Caracalla fu molto impopolare tra i Romani, così venne assassinato nel 217, vittima di una congiura ordita dal prefetto del pretorio Macrino che si fece proclamare imperatore. Autore del delitto fu Marziale, un ufficiale della guardia del corpo, per vendicare la morte del fratello, condannato da Caracalla. Dione Cassio invece afferma che lo fece per il risentimento di non essere stato nominato centurione.
Dispotico, millantatore, scarso in iniziative politiche... A questo punto viene da chiederci: Caracalla ci ha lasciato qualcosa di buono ?
Direi di sì, e le imponenti vestigia sono ancora lì a dimostrare l’estrema perizia raggiunta dai Romani nelle tecniche costruttive: le Terme Antoniniane.
I lavori ebbero inizio nel 212, terminarono nel 216 e furono completati con la realizzazione del recinto esterno da Elagabalo e Alessandro Severo, gli ultimi due imperatori della dinastia. Per il rifornimento d’acqua fu creata l’Aqua Antoniniana, un nuovo ramo del più antico acquedotto dell’Aqua Marcia.
Palestre, bagni turchi, vasche di acqua calda e fredda, biblioteche, giardini: le terme erano in primis un luogo di socializzazione e i Romani vi si recavano - se possibile - ogni giorno, per mantenersi in buona forma fisica e aver cura dell’igiene personale. Negli scavi avvenuti in varie epoche per il recupero di materiali costruttivi da riutilizzare furono scoperte numerose opere d’arte: le tre gigantesche sculture Farnese (il Toro, la Flora e l’Ercole) ora esposte al Museo Archeologico di Napoli, i mosaici con gli atleti ora nei Musei Vaticani e due grandi vasche di granito riusate nelle fontane a Piazza Farnese.
Queste Terme, una volta splendide per decorazioni, intarsi marmorei e sculture, seconde per dimensioni solo a quelle costruite un secolo dopo da Diocleziano, ma le più grandi ancora conservate, cessarono di funzionare nel 537 quando Vitige, re degli Ostrogoti, pose l’assedio a Roma e ordinò di tagliare gli acquedotti che rifornivano la città.