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ANTICOntemporaneo Lingue, arti, culture da vivere e raccontare. Itinerario culturale fra passato, presente e futuro.

06/11/2024

Ho appena dato avvio a un mio nuovo progetto che sfocerà anche in una iniziativa editoriale.

La prima volta che ho incontrato Jacob Demetri (uno pseudonimo) stentavo a credere alla sua storia. Poi ho approfondito, parlando soprattutto con amici e conoscenti americani, e mi si è squadernato davanti un mondo incredibile. Quella che segue è l'intervista che gli ho fatto per "Il Messaggero" il 31 ottobre scorso. Leggetela, e la storia raccontata sembrerà incredibile anche a voi.

Si definiscono real vampires, ma non hanno molto a che fare coi vampiri immortalati dall’immaginario collettivo, in tanti casi ispirati a personaggi realmente esistiti: dal conte Dracula alla contessa Erzsèbet Bàthory, passata alla storia come la più spietata serial killer che si sia mai vista (stando alle testimonianze avrebbe assassinato oltre 600 giovani donne, molte delle quali torturate o mutilate, per berne il sangue o spalmarselo addosso). Il “vampirismo reale” sarebbe un disturbo clinico che colpirebbe, solo in Italia, diverse migliaia di persone. Fra le sue manifestazioni c’è la porfirìa, una malattia metabolica ereditaria; secondo i dati forniti dal Gruppo Italiano Porfiria (GrIP), di cui la presidente, Giovanna Graziadei, e il segretario, Paolo Ventura, sono due medici, i malati ammontano da noi a circa 2.000 individui. In alcune sue forme, la porfiria cutanea tarda e la protoporfirìa, la “malattia del vampiro” si presenta coi sintomi di un’alta sensibilità alla luce del sole e forse – il loro ruolo effettivo è dubbio – anche ad alcune sostanze presenti nell’aglio. Poco più di due settimane fa è balzata agli onori delle cronache nostrane la notizia di una mamma americana, intervistata dal “New York Post”, che ne sarebbe affetta.
Jacob Demetri (uno pseudonimo) è il più famoso real vampire italiano. Nell’aprile scorso Jacob si è reso a sua volta protagonista di una vicenda di cronaca: ha aperto la sede dell’associazione di cui è presidente (la Darkblood Italy Vampires, nata in gennaio) a Pennabilli, dove risiede, provocando la risentita reazione del sindaco del paesino riminese.

“Quando e come ti sei scoperto vampiro, Jacob?”.

“In realtà non l’ho scoperto. Io sono cresciuto vampiro, per me è sempre stata una cosa naturale. Sono nato da due genitori real vampires, e mio fratello, che era anche il mio gemello omozigote, soffriva della mia stessa patologia, e così ne soffrono alcuni miei parenti stretti”.

“Che cosa vi rende vampiri reali?”.

“Abbiamo bisogno di alimentarci di ingenti quantità di energia prana, compreso il sangue umano, che estraiamo nelle sue diverse forme (anche psichiche, non solo fisiche) da persone consenzienti e volontarie. Le due parti firmano un accordo, fondato sul rispetto reciproco, che si può sciogliere in qualunque momento: un donatore, che spesso è un nostro parente o un nostro amico, può rescindere il contratto sottoscritto quando vuole. Non c’è nessuna costrizione”.

“Hai bisogno di nutrirti di sangue tutti i giorni?”

“Dipende. Certe volte sì, altre volte possono passare anche diverse settimane fra un consumo e l'altro”.

“Quando eri bambino era lo stesso?”.

“Da piccoli il bisogno di energia prana è contenuto, la necessità di ricaricare il proprio corpo è saltuaria. Con l’età adulta questa necessità cresce notevolmente”.

“Quanti sono i real vampires nel nostro paese?

“Superano senz'altro i diecimila, affiliati a due associazioni. La Lega italiana Real Vampires (2.000 iscritti), quando è nata (2013), aveva come primo compito quello di dare visibilità al fenomeno come avviene in America, dove i “vampiri reali” sono noti agli scienziati e all’opinione pubblica da tantissimi anni. La Dark Blood Italy Vampires, l’altra associazione, è nata con lo scopo di creare una comunità di persone unite dalla loro diversità che si sostengano vicendevolmente. Oltreoceano medici e psicologi hanno confermato che non siamo dei pazzi o degli esaltati, siamo solo geneticamente diversi dalla gran parte della popolazione”.

“Ci sono dunque famiglie che si trasmettono il vampirismo da una generazione all’altra?”.

“Sì, conosco io stesso alcune famiglie che si tramandano il vampirismo da secoli”.

“Porfiria a parte, coi suoi medici e biologi del GrIP e i suoi undici centri di studio, perché in Italia la vostra patologia non è riconosciuta?”.

“Il fenomeno è conosciuto in campo clinico anche da noi, ma nessun medico si vuole esporre. In America sono ormai tanti gli studi che hanno spiegato cos’è l’energia prana, come funziona e quali sono i vari modi della sua estrazione. In Italia tutto questo non c’è, non siamo neanche all’inizio”.

“Quali altri fattori di diversità in aggiunta all’assunzione e di sangue vi differenziano dalle persone normali?”.

“La mia temperatura corporea è di 34 gradi centigradi, al limite dell’ipotermia (se fosse di 36 gradi avrei la febbre). Altre qualità che ci contraddistinguono sono una maggiore velocità di ricostruzione ossea in caso di fratture, un udito e un olfatto più sviluppati e il ciclo circadiano capovolto (andiamo a letto la mattina, anziché la notte). Dormiamo inoltre un paio d’ore al giorno. Per noi sono più che sufficienti”.

“Se all’improvviso smettessi di consumare sangue cosa potrebbe succederti?”.

“Alcune nostre facoltà, come il sovrasviluppo sensoriale, comportano un grande dispendio energetico. Secondo alcuni ricercatori americani l’energia prana prodotta dal corpo umano in quantità idonee a ricoprire tutti i suoi consumi energetici non può oltrepassare un certo limite. Noi ne consumiamo più delle altre persone anche per lo stretto legame empatico che c’è fra di noi, e fra noi e i donatori”.

“Cosa chiedete alla comunità, quali sono le vostre richieste sociali?”.

“Pretendiamo il riconoscimento della nostra diversità al pari di tante altre (etniche, di genere, ecc.), rivendichiamo anche noi il nostro diritto all’inclusione. Sfatiamo i miti del vampirismo leggendario e folkloristico raccontati dalla letteratura e dalla cinematografia, e inventati, alimentati e diffusi dagli stessi real vampires perché potessero sottrarsi al crucifige, salvarsi dalle persecuzioni o scampare ai processi dalla Santa Inquisizione. Non dormiamo in una bara, ma nei nostri letti. Non bruciamo alla luce del sole, anche se siamo fotosensibili. Non è vero che l’acqua santa ci ustiona, molti di noi sono cattolici praticanti e vanno in chiesa senza nessun problema. I discorsi sul vampirismo reale vanno sottratti a ogni mitologia, come al fenomeno del satanismo, proprio perché siamo persone in carne e ossa. Siamo usciti allo scoperto in tutto il mondo da non molto, ma i real vampires esistono da quando è nato il genere umano

Ho appena dato avvio a un mio nuovo progetto che sfocerà anche in una iniziativa editoriale. Prossimamente uscirò con un...
02/11/2024

Ho appena dato avvio a un mio nuovo progetto che sfocerà anche in una iniziativa editoriale. Prossimamente uscirò con una seconda intervista, molto diversa da questa, agghiacciante per le risposte. L'intervistato è Nico(las) Claux, il "vampiro di Parigi", il personaggio più destabilizzante che abbia mai incontrato. Per uno come me, che non ha paura neanche del demonio, è tutto dire...

La prima volta che ho conosciuto Jacob Demetri (uno pseudonimo) stentavo a credere alla sua storia. Poi ho approfondito, parlando soprattutto con amici e conoscenti americani, e mi si è squadernato davanti un mondo incredibile. Leggete, e la storia raccontata sembrerà incredibile anche a voi.

Si definiscono real vampires, ma non hanno molto a che fare coi vampiri immortalati dall’immaginario collettivo, in tanti casi ispirati a personaggi realmente esistiti: dal conte Dracula alla...

La presentazione romana di ieri del mio ultimo libro (sulla storia del saluto romano).
01/11/2024

La presentazione romana di ieri del mio ultimo libro (sulla storia del saluto romano).

Presentazione alla libreria SPAZIO SETTE (Roma) del libro "Quel braccio alzato. Storia del saluto romano", un saggio del linguista Massimo Arcangeli. Parteci...

12/10/2024

"La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero: chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale nazionale non può che muovere dal prendere le misure di un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso, improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone e non solo delle ultime generazioni ha cominciato a mutare con esso. (...) Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare: l’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia. Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi? No”.

Sia mai. Siamo semmai crollati inebetiti al suolo, smarriti e storditi, dopo cotanta dispensazione di sapere. Chi avrebbe mai potuto immaginare che la conoscenza passasse per l'apprendimento prodotto dalla capacità di pensare (relativamente all'epoca in cui viene elaborata)? La fonte di quest'affermazione è Georg Wilhelm Hegel, che parlava però della filosofia (nella "Prefazione" ai "Lineamenti di filosofia del diritto), e non della conoscenza, in quanto "proprio tempo appreso con il pensiero" (la filosofia è cioè figlia del suo tempo, non puo oltrepassarlo). Se voleva essere una parafrasi, quella di Alessandro Giuli, è una perifrasi del tutto insensata e in ogni caso bisognava dirlo (citando la fonte, e non appropriandosene come fosse farina del proprio sacco). Il suo discorso, oltretutto, Giuli lo legge. Deve dunque aver scritto proprio "processo alla tecnica e al futuro intese" (anziché "intesi").

L'italiano del neoministro è quello di chi, non avendo il completo possesso degli strumenti per parlare (e scrivere) difficile, innalza a dismisura i toni per disorientare l'ascoltatore (o il lettore) ma, spacciando per giunta come proprie le parole altrui, commette svarioni - logici, semantici, testuali - da dilettante allo sbaraglio. L'ontologia ci va di lusso in questo quadro (e vuoi mettere l'"apocalittismo"?), e allora pure le "passioni tristi", oltre a riconfermarti l'abitudine al saccheggio (come per il passo hegeliano anche l'"epoca delle passioni tristi" non è un'immagine di Giuli ma il titolo in traduzione italiana di una nota opera di Miguel Benasayág e Gerard Schmit) , ti fanno ancor più pesantemente cadere le braccia.

La premessa, d'altronde, è quella di un diligente scolaretto ("Comincio a leggere una parte un po' più teoretica") che, spiegato il passaggio, ci va giù più tranquillo, si fa per dire, con le parole che ho riportato in apertura: il passaggio "teoretico" dell'audizione alla Camera del neoministro riecheggia per davvero, anche considerato il contesto (non un'aula universitaria, tantomeno destinata a un congresso di accademici di grigio pelo), il supercazzolarese tognazzesco di "Amici miei".

Oltre ai difensori d'ufficio, che non mancano mai (per Federico Mollicone, deputato di Fratelli d'Italia, l'opposizione non avrebbe contenuti e la butterebbe "in caciara"), si sbraccia per Giuli la solita sinistra radical chic, pretendendo di difendere l'indifendibile, anche perché campionessa nel complicarci la vita (linguistica) fra una "cancellazione" culturale e l'altra e una "correzione" politica e l'altra.

Prima un'amica mi segnala un post di Andrea Colamedici, saggista ed editore (filosofico, neanche a dirlo), che si augura che Giuli "costringa la sinistra a chiedere di più a se stessa, a non autocompiacersi sempre, a non giustificarsi per un'immanifesta superiorità intellettuale". In soldoni, e con l'"immanifesta" siamo sempre nei paraggi della supercazzola: la sinistra, se si giustifica per una superiorità culturale che non manifesta, agli occhi di chi, se quella superiorità non la manifesta, dovrebbe giustificarsi?

Leggo quindi un articolo di Daniele Capra, critico d'arte, che si spolmona contro gli sghignazzatori (c'ero anch'io, con un paio di goliardici radical pop come me) a suon di "quanto siete ignoranti". Lui, manco a dirsi, è invece almeno tre spanne sopra i comuni mortali.

Incappo subito dopo in una filippica di Loredana Lipperini, giornalista e scrittrice, che chiama addirittura in causa l'analfabetismo di ritorno, quello di chi non riesce neanche a lambire le alte vette comunicative del Ministro, e scomoda un incolpevole Tullio De Mauro il quale, dalla sua tomba, fra un rigiro e l'altro, si starà facendo anche lui quattro crasse e liberatrici risate.

Lipperini, e siamo all'epilogo
(col rimpallo di linea delle partite di giro), condivide un post di Simona Vinci, scrittrice, e questa ricambia linkando il post di Lipperini per tamponare le falle (le reazioni critiche al suo post). Non paga, e quando mai, s'inalbera poi fulminante contro un'ardita commentatrice: "tre minuti non sono un discorso di un'ora dobbiamo smetterla di farneticare sul nulla. Se si vuole commentare prima si approfondisce. Altrimenti si può anche tacere". Ecco, appunto. Della serie: lei non sa chi sono io, e voi non siete un... (chiedete a Belli).

Dice: ma come si spiega il fatto che i tracotanti scicchettoni di sinistra abbiano dato di fatto dell'analfabeta ad almeno quattro quinti abbondanti della popolazione italiana? Si spiega, si spiega. Perché Alessandro Giuli parla come Elly Schlein, che comunque, andrà detto, negli ultimi tempi è migliorata.

Da una supercazzola all'altra, hai voglia a dire degli opposti estremismi, il passo - come da manuale - può essere maledettamente breve. Che è come dire, spostando l'attenzione dalla comunicazione agli usi linguistici, che se da una parte trovi uno che continua a dirti "L'uomo si è fin dai primordi evoluto...", e tu vorresti fargli osservare che è meglio "genere umano', o "essere umano", dall'altra ti trovi ad avere a che fare con un bando in cui leggi: "La Facoltà non assume alcuna responsabilità nel caso di dispersione di comunicazioni,
dipendenti o da inesatta indicazione, da parte del/della candidato/a, del recapito sopra indicato, o da inesatta indicazione della residenza e del recapito da parte del/della
candidato/a, o da mancata o tardiva comunicazione relativa alla variazione dei dati
suindicati, né per eventuali disguidi non imputabili a questa Amministrazione". Anche no. Anzi: no.

Come se non bastasse, roba da mandarti dritto dritto al manicomio, partecipi a una riunione e un altro dice: "Buongiorno a tutti e a tutte, grazie di essere venuti/venute a questa importante riunione che, vi prometto sarà molto breve, perché è venerdì pomeriggio e tutti e tutte vorremmo andare a casa". Basta.

Di fronte a tutto questo prima pensi (poco) seriamente di convertirti allo schwaese. Sai però che non puoi farlo perché tu, proprio tu, contro lo schwa hai lanciato non molto tempo prima una petizione, e sei pure un linguista che difende da sempre l'italiano in quanto bene comune (istituzionalmente o pubblicamente parlando, in altri contesti ognuno parla o scrive, ci mancherebbe, come meglio crede), e alla fine risolvi così, fra te e te: "Se fino a ieri ho scritto, nella mia chat universitaria, 'buongiorno, ragazzi e ragazze', da domani esordirò ogni volta con un bel 'Buongiorno, raga' e non se ne parli più".

Finiamola con gli eccessi del politicamente corretto (e annesso radicalismo fricchettone), perché la misura è colma. E se è cosa buona e giusta, certo, recuperare un pizzico di complessità in un mondo sempre più culturalmente impoverito, non si monti in cattedra pretendendo di dare lezioni di lingua e comunicazione senza avere neanche le competenze necessarie.

L'italiano di Giuli è l'italiano di un semicolto, o, a essere generosi (ma sarebbe addirittura peggio se fosse così), di una persona del tutto inconsapevole del contesto di riferimento. Non è neanche politichese, perché qualunque politico abituato a quel linguaggio al tempo della Prima Repubblica, da Moro a Fanfani, sarebbe inorridito se avesse ascoltato il neoministro. Sempre che non avesse indossato i panni del conte Mascetti.

Ecco il pezzo uscito sulla "Stampa" di ieri. Fra oggi e domani porterò all'attenzione dell'opinione pubblica altri quesi...
10/10/2024

Ecco il pezzo uscito sulla "Stampa" di ieri. Fra oggi e domani porterò all'attenzione dell'opinione pubblica altri quesiti somministrati per altre classi di concorso. Potete aggiornarmi su eventuali sentenze del TAR (e/o perizie) che potrei non conoscere favorevoli ai candidati?

Le prossime classi di concorso di cui darò conto sono la A012/turno 2 (per il quesito sullo scratch), la A011 (per i quesiti su Eritto e sul Satyricon), la A048 e la A049 (per il quesito sul salto in lungo), la A018/turno 3 per il quesito su Mentimeter. Procediamo a oltranza.

Dopo la gaffe sulla teoria di Gardner, segnalata dallo stesso luminare di Harvard, i tribunali regionali riconoscono altre inesattezze nel quizzone. Gli accade…

Si va avanti a oltranza sull'inaccettabile silenzio di un ministro (Valditara) e di una sottosegretaria (Frassinetti), r...
09/10/2024

Si va avanti a oltranza sull'inaccettabile silenzio di un ministro (Valditara) e di una sottosegretaria (Frassinetti), responsabile di aver fatto pubblicamente una promessa mai mantenuta, sul più scandaloso concorso scolastico dell'Italia repubblicana.

Oggi siamo usciti sulla "Stampa".

08/10/2024

Ma ci ritroviamo davvero a commentare un libro assurdo come quello di Italo Bo****no, in cui si dice di Alcide De Gasperis che fu un politico di destra e di Alessandro Natta che fu un fascista? Un libro che secondo Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, e secondo Arianna Meloni, grande intellettuale di destra, anzi forse la più grande intellettuale italiana vivente, si dovrebbe addirittura distribuire e adottare nelle scuole perché smaschererebbe le bugie della sinistra? Un libro mistificatore e propagandistico della peggior specie presentato alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, e vorremmo davvero sapere a che titolo, fra le legittime proteste di alcuni dipendenti e l'inaudita reazione della neodirettrice della GNAM, Renata Cristina Mazzantini, che segnala quei lavoratori al Ministero della Cultura e ad altre, non meglio precisate, "autorità competenti"?

Siamo a un passo dalle liste di proscrizione.

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