24/01/2023
Qui non sono solita fare considerazioni su fatti di cronaca, credo che di pareri personali spiattellati, giudizi e racconti l’informazione e la disinformazione siano sature oltre livello…
Questa volta però vorrei raccontare quello che non ho detto un po’ di mesi fa.
La nascita di Leo si può riassumere in tre parole: casa, acqua, ostetrica; un parto perfetto.
Per la nascita di Romeo è meglio non trovarle tre parole.
È iniziata con un cesareo d’urgenza che sarebbe potuto essere un parto naturale, un cesareo programmato e programmato male, perché l’ostetrica chiedeva di farlo una settimana prima del termine per la mia storia clinica e fisicità, il medico irremovibile sul suo protocollo decise di non ascoltare nessuno. 40 settimane. Ovviamente io non ci arrivai alla data di “scadenza”
In pieno Travaglio attivo, con un bimbo podalico incanalato, in piena notte, e Alessandro.
Si, perché all’ epoca era Alessandro, a tutti gli effetti nessuno nè per me nè per Romeo.
Lui era l’accompagnatore, quello che nei fogli che ti fanno firmare viene chiamata, la persona di riferimento.
Il personale era “imbarazzato” perché testuali parole “cosa si fa in queste situazioni”? Ma “queste” quali?? Ma posso scegliere quale sia la mia persona di riferimento?! Ci sono dei limiti a questo?! No! E allora perché devo essere trattata diversamente?
Di quello che è successo dopo io ricordo molto poco, così poco che la prima immagine del faccino di Romeo, io non ce l’ ho impressa nella memoria come per gli altri due…
Ricordo io che piangevo e tremavo come una foglia, nuda e spogliata di ogni dignità, mentre Ale mi metteva le calze e la cuffietta, mi disse che si ricordava tutto e che cascasse il mondo l’avrebbe fatto; pretendere subito Romeo in braccio, cullarlo e tenerlo stretto finché io non ne fossi stata in grado.
Mi portarono in sala operatoria, da lì in poi fu un susseguirsi alternato di questo genere:
se ci pensavi prima a tatuarti la schiena ora non avresti dovuto fare la spinale tre volte, risate e battute su una ipotetica mia storia e un smetti di respirare così sennò ti sediamo completamente…
Poi all’ improvviso con un tono di voce alto
A chi lo diamo questo bimbo? Alla mamma?
Ale bussava da dietro il vetro, si indica, vocìo, indecisione, glielo diamo?
L’unica ostetrica presente, una ragazza molto giovane che mi ha accarezzato la fronte durante tutto il tempo dell’ operazione dice: a noi però non interessa la loro storia, se è indicato lui, il bimbo va dato a lui.
Glielo danno, mi ricuciono, mi lasciano nella barella in uno stanzino di fianco al corridoio, morfina.
Ok ora lei può andare. Parlavano con Ale, io a malapena riuscivo a capire, non avevo ancora preso in braccio Romeo per il dolore, non riuscivo.
Quello che ricordo sono le parole di Ale: io non vado via, lei non può occuparsi del bimbo, non riesce nemmeno a rispondere, ma non vedete?
Replicano: No, lei deve andare,
Ale replica: ok chiamo i carabinieri e chiediamo a loro.
Passano minuti per me indefiniti, tornano dicendo: può rimanere.
Io ho passato l’ intera notte sotto morfina, non ricordo nulla, ricordo solo dolore.
Ale ha passato la notte con Romeo in braccio, sveglio, me lo passava solo per allattarlo, poi lo riprendeva. Non è passato nessuno fino alla mattina, Ale ha dovuto chiedere mi dessero altra morfina perché piangevo e non rispondevo, io questo nemmeno lo ricordo.
Poi Ale è dovuto andare via perché non essendo NESSUNO, il lavoro non gli riconosceva nulla, ha preteso e aspettato fossi portata in reparto.
Mi portano in reparto, quello che succede lì e un’altra storia, in parte ancora peggiore condita da maschilismo, patriarcato e violenza ostetrica all’ennesima potenza, ma appunto questa è un’altra storia e forse un giorno mi andrà di raccontarla.
Il giorno in cui sono uscita dall’ospedale, quattro giorni dopo, con un dolore lancinante e diversi problemi che mi porterò per sempre, promettevo a me stessa che in nessun caso, mi sarei mai più fatta trattare così,Mai.
Il giorno in cui abbiamo deciso che Zenith sarebbe entrato nelle nostre vite per me c’è sempre stata una condizione imprescindibile : doveva nascere come volevo io, punto.
Ci siamo informati fino a non poterne più, ci siamo scontrati con diverse realtà, tante… abbiamo girato un terzo di italia…
Anche perché Zenith non doveva nascere qui, ma questa è un’altra storia ancora… Ciò, solo per trovare qualcuno disposto ad ascoltare, accogliere e condividere i nostri desideri.
Questo è stato possibile perché di figli prima ne avevo avuti due, perché so perfettamente quello che voglio, perché conosco il mio metodo di accudimento genitoriale, perché so bene quanto sia poco reale il racconto edulcorato di gravidanza, parto e post-parto che troppo spesso viene fatto anche dalle figure che dovrebbero seguire la donna e la coppia in questo periodo.
Questo per me e per noi è stato possibile, ma non è così per tutti.
Quando non è possibile, la donna e la coppia si affidano e si fidano ad ospedali e personale qualificato…
Si, questo sarebbe giusto, in un posto civile però, fatto di persone che si battono per avere diritti e tutele, dal direttore sanitario dell’ ospedale al paziente, dal chirurgo all’oss, dall’ infermiere all’ accompagnatore del paziente.
In un posto dove il personale sanitario non vive perennemente sotto organico, dove i turni non sono sfinenti, dove i ruoli vengono rispettati non per gerarchia ma per competenze, dove l’interesse economico non è superiore all’ interesse umano.
Questa però non è la storia Italiana, se non per pochissime eccezioni… Le cose devono cambiare, vero, dovrebbero, ma cambiare uno stato è utopistico, allora vi dico una cosa: lottiamo noi, lottate voi.
Lottiamo davvero però, lottiamo per decidere, ed essere tutelate, sempre! Qualunque sia la nostra scelta…
Se partorire a casa o in ospedale, se rimanere in ospedale sei ore o tre giorni, se fare o non fare il rooming-in, se non allattare mai, farlo un mese, per sei o per quattto anni, se svezzare o autosvezzare, se decidere di stare a casa, mamma o papà che sia, o tornare subito a lavorare, se fare sharing bad/room o avere una cameretta…
I se potrebbero andare avanti all’ infinito, la sostanza però non cambia, lottiamo per avere l’informazione necessaria per poter decidere e scegliere!
Lottiamo perché i diritti delle donne e degli uomini vengano tutelati, altrimenti facciamoli valere noi, prepariamoci a farlo, non fidiamoci e affidiamoci, abbiamo il coraggio di prendere decisione e quindi la responsabilità delle nostre scelte, lottiamo per avere il diritto di decidere e non per far decidere ad altri cosa è meglio per noi!
Anche perché quando nasce un* bambin* nascono dei genitori, nasce una famiglia, nasce un qualcosa di completamente nuovo e ricordiamoci sempre che se una mamma si spezza, si spezza tutto.