07/03/2021
Pubblico con piacere un interessante articolo di Gabriele Marazzini, corredato da una bellissima foto di Alberto Panzani
IL RESEGONE E IL PAESAGGIO
“Nota il consigliere Sala come quel pubblico passeggio [dei bastioni di Porta Venezia] sia il luogo di gradito convegno di tutta la cittadinanza, la quale oggi ancora, ad onta del deturpamento già subito, vi trova piacevole larghezza d'orizzonte; cosicché esso per le famiglie di minore fortuna è l'unico svago, l'unico sollievo dal vincolo che li lega di continuo alla vita della città, e come di conseguenza dovesse avere molto valore una cautela che salvaguardasse l'amenità del luogo. …. A lui duole che quel passeggio, anche nella breve tratta lungo la quale l'occhio può ancora liberamente spaziare e l'animo ricrearsi, sia destinato ad essere esso pure racchiuso e soffocato da giganteschi edifici per nulla attraenti, e che sono l'espressione infelice della moderna edilizia milanese.
… colle nuove fabbriche lungo il viale di Porta Venezia, fatte e da farsi, si completa la ruina di quella tratta di bastione più frequentata e gradita”.
«Io penso sempre, esclama il consigliere Sala, al rimorso artistico che debbono provare coloro che, avendolo potuto, non hanno impedito un deturpamento cittadino quale quello de' nostri bastioni e quale l'altro dei nuovi edifici che si lasciano sorgere addossati all'Arco della Pace: la raccomandazione da me fatta alla Giunta mira a sottrarre per lo meno la mia coscienza a tale rimorso.»
Seduta del 3 gennaio 1882 del Consiglio Comunale di Milano.
Si discute il progetto di urbanizzazione, già approvato dalla giunta, presentato dalla Banca di Credito Italiano per l’area dell’ex Lazzaretto.
Con un lungo e accorato intervento, di cui il verbale della seduta riferisce ampiamente, il consigliere Gerolamo nob. Sala si batte affinché i nuovi edifici siamo limitati in altezza in modo da conservare la possibilità, per tutti i milanesi, di godere del paesaggio che dai bastioni ancora si apprezza e che invece la città dappertutto cancella.
Purtroppo ha un solo alleato su 61 consiglieri presenti. Gli altri intervengono solo su aspetti marginali. E allora l’assessore Cusani ha buon gioco a chiudere la discussione sul tema con lapidarie asserzioni quali:
“… di fronte ad una Società che vuol cavare dalla sua proprietà il massimo profitto, non si sarebbe potuto insistere se non a patto di sottostare a sacrifici non lievi” oppure “… lo sconcio non sarà gravissimo e sarà compensato in parte dal Piazzale che si otterrà appena fuori da Porta Venezia”.
E così, dopo secoli (l’uso ricreativo dei bastioni, cessata la loro funzione militare, risale all’inizio del ‘700, le prime disposizioni di sistemazione e piantumazione di quelli di Porta Venezia sono del 1750, poi il Piermarini li trasforma in un vero e proprio giardino pubblico), le esigenze di un malinteso sviluppo cancellano in un attimo la Servitù del Resegone, l’ultima consuetudine (non edificare fuori delle mura spagnole edifici di più di due-tre piani) che offriva a tutti i milanesi l’opportunità di gustare, con una breve passeggiata, la bellezza di un paesaggio aperto. Opzione, da allora e anche oggi, riservata a chi può permettersi un attico ai piani alti o ha la fortuna di finire in una torre con un ufficio tutto vetri stile Manhattan. Oppure sceglie Il contado, a prezzo ovviamente di ore spese tutti i giorni nell’odissea del pendolare.
Il Sala, nella sua battaglia incompresa per la bellezza, ci ricorda Marie Henri Beyle (che si firmava Stendhal):
“10 novembre [1816] - Ho percorso nove miglia in sediolo sui bastioni di Milano, alti una trentina di piedi dal suolo, cosa notevole, in questo paese perfettamente pianeggiante. Per la sorprendente fertilità della terra, questa pianura presenta dappertutto l'aspetto di una foresta, e non si vede a cento passi. Oggi, 10 novembre, gli alberi hanno ancora tutte le loro foglie. Ci sono meravigliose tinte di rosso e di bistro. La vista delle Alpi, dal bastione di Porta Nova fino a Porta Marengo, è sublime. È uno dei begli spettacoli di cui ho goduto a Milano. Mi hanno indicato il Resegone di Lecco e il Monte Rosa. Queste montagne, viste così sopra una fertile pianura, sono di una bellezza impressionante ma rassicurante, come l'architettura greca”.
Bisogna arrivare al 1939 perché la legislazione nazionale riconosca il paesaggio come valore e quindi degno di protezione. Oltre a singoli manufatti o emergenze naturali (come opere d’arte, edifici, giardini, parchi, …) per la prima volta la legge considera anche:
- i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico tradizionale
- le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
Queste formulazioni, con poche variazioni, si trovano ancora oggi, nella legislazione vigente.
Solo in seguito (1985) si affianca agli aspetti semplicemente estetici il concetto ben più vasto di ambiente, cioè quel complesso entro cui l’uomo vive, fatto di suolo, aria, acqua, flora, fauna, insomma l’ecosistema come poi si cominciò a dire.
E poi arriviamo alla Convenzione Europea di Firenze (20 ottobre 2000), i cui principi vengono adottati dalla legislazione di Regione Lombardia (2002) e nazionale (2004): il paesaggio è definito come “il risultato della interazione dell’uomo con il suo ambiente” sviluppatosi nel corso dei secoli. Insieme al dovere di conservare e proteggere quanto di bello la natura o l’uomo hanno creato come patrimonio prezioso di tutti, si codifica anche il dovere di pianificare, governare e recuperare il paesaggio al fine di garantirne la qualità per chi ci vive, compresi “i paesaggi della vita quotidiana e i paesaggi degradati”.
Finalmente, vien da dire. Oggi il buon Gerolamo Sala non sarebbe più solo, avrebbe molte armi a disposizione e disastri come quello non si verificherebbero più. O no? (Gabriele Marazzini)