30/10/2024
INTERVISTA A DAVIDE PALUMBO: COLOMBIA!
Questo Gennaio partiremo per la prima spedizione in Colombia.
Chi volesse esplorare con noi le foreste andine, le foreste pluviali e l’ecosistema del llanos può iscriversi mandando una email a [email protected], o 0685376500
Qua trovate il programma da scaricare: https://wwftravel.it/viaggi/wildlife-watching/colombia-natura-foreste-andine/)
Ma vediamo di cosa si tratta. A parlare è Davide Palumbo, a capo del team di biologi e naturalisti di Biosfera Itinerari partner di WWF Travel . Ci troviamo nel suo rifugio appenninico.
“Dimmi Davide, perchè la Colombia? Vedo, dai vostri itinerari, che già coprite abbondantemente il Centro- Sud America: Costarica, Perù, Brasile, Ecuador… Cosa ha di diverso la Colombia?”
“Il Sud America in generale, per chi è appassionato di natura è una meta imprescindibile.
Il grande naturalista Alexander von Humboldt, nella sua lunga spedizione naturalistica sudamericana a cavallo tra ‘700 e ‘800, rimase completamente ammaliato da ciò che vide. Tutto era nuovo, spettacolare, tutto “annunciava la grandiosità della natura”. Di notte Humboldt si incantava ad ascoltare i “toni flautati” delle scimmie urlatrici, i “brontolii simili a sbuffi” di altri animali.
Era un mondo primordiale, dove “tante voci erano a rivelare la natura che respira”.
Humboldt, solo lui, è riuscito a descrivere la natura con gli occhi dello scienziato e il cuore del poeta.
Ricordiamoci la sua frequentazione con Goethe, cha, tra una passeggiata in natura e un esperimento scientifico, era un continuo e profondo scambio “di arte, di natura, di idee”.
“Meraviglioso. Ma La Colombia?”
“La Colombia ha una eterogeneità di ecosistemi da far girare la testa. Anche se siamo nel 2024, qui si può ancora respirare l’estasi che Humboldt provò più di due secoli fa.
Ha le sembianze del Giardino di Eden, solo qui si può passare da un giorno all’altro da ecosistemi di brughiera andina di alta quota - il paramo - a foreste nebulari, da ambienti che ricordano le paludi del Pantanal a foreste pluviali ricchissime di specie.”
Rallento, colgo la scusa di un incredibile panorama sulla cresta est del C***o alle Scale per accendere lo smartphone.
“L’itinerario che vedo sul sito sembra incredibile. Chingaza National Park, Montezuma Rainforest, la Valle di Otún, Hato la Aurora…”
“Si, è straordinario. Prendiamo il Chingaza National Park: senza la rete di bacini idrografici di questo incredibile parco, la vita a Bogotà non sarebbe possibile, semplicemente non ci sarebbe acqua nella capitale della Colombia. Il Parco, incastonato nella Cordigliera Orientale delle Ande colombiane, non è semplicemente uno spettacolare esempio di ecosistema a paramo - la brughiera andina di alta quota - ma è fondamentale per il corretto equilibrio idrico di tutto il macrobacino dell’Orinoco. E poi qui si hanno le migliori chances al mondo per l’osservazione di una delle specie simbolo di tutte le Ande”
“Parli dell’ Orso andino, giusto?”
“Esattamente. L’Orso Andino, o Orso dagli occhiali per via della maschera di peli bianchi attorno agli occhi, l’unico appartenente al genere Tremarctos, residuo di quel gruppo di orsi “dalla faccia corta” che vivevano in antichità dall’Alaska alla Patagonia. Uno dei suoi “cugini” era il terrificante Orso dalla faccia corta (Arctodus simus), un mostro carnivoro vissuto nel Pleistocene pesante oltre 900 kg, che quando si alzava in piedi raggiungeva i tre metri e mezzo di altezza. Per fortuna che l’Orso andino, endemico del continente sudamerciano, è onnivoro invece!”
“Negli altri vostri itinerari di esplorazione faunistica non riuscite a vederlo?”
“No, perchè solo in questo itinerario colombiano ci spingiamo nell’incredibile ecosistema andino. Ma aspetta: Chingaza National Park non è solo l’Orso andino e incredibili panorami: ci sono anche altri mammiferi importantissimi, come il Mazama rosso minore, un piccolo cervo di endemico delle Ande, o il Coati di montagna occidentale, un procionide delle foreste andine della Colombia, dell’Ecuador e del Perù di cui si sa ancora pochissimo”
“E gli uccelli?”
“Ah, gli uccelli, un paradiso per i birdwatchers!
Le coloratissime tanagre, gli aironi, gli uccelli da preda, pigliamosche, beccasemi…c’è anche qualche pappagallo, tra cui il Parrocchetto pettobruno, endemico della Colombia.
Può capitare qui che il Condor delle Ande volteggi sopra le nostre teste, o che la Civetta nana delle Ande faccia la sua comparsa…
Non parliamo poi dei colibrì, che qui sono più di 40 specie: le Ande rappresentano il centro della biodiversità di questi magnifici uccelli, con oltre il 40% di tutte le specie al mondo. Ci sono qui anche gli iper specialistici di alta quota: quelli che per non morire per ipotermia la notte, entrano in uno stato fisiologico detto “torpore”, al limite tra la vita e la morte.
Il paramo della Colombia è un posto magico, costantemente a cavallo tra terra e aria, scoperta e meraviglia.”
Ci fermiamo un attimo a controllare il terreno sul sentiero. Tracce di lupo nel fango, che si perdono dietro un costone roccioso.
“Ah, eccoli qua! Questo è uno dei punti migliori per piazzare le fototrappole per i lupi. Non hai idea di quanti ne abbia presi qui!”
Quasi non lo ascolto, come se lui parlasse da questa faggeta appenninica ma io dovessi ascoltarlo dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, in Colombia.
“E poi Davide, dove si va in Colombia?”
“Ah, Chingaza National Park è solo l’antipasto. Dopo si va a Montezuma Rainforest, una riserva che tutela una importantissima fascia vergine di foresta tropicale e nebulare.
Qui veramente la biodiversità di uccelli, farfalle, orchidee lascia sgomenti, tanto è dirompente. E poi, con molta fortuna, potremmo vedere la Donnola della Colombia, il più raro carnivoro neotropicale!”
“Ci si sposta a piedi?”
“Sì, a piedi. Oltre a inoltrarci nella foresta durante il giorno, faremo uscite anche all’alba e al tramonto, persino di notte usando la nostra termocamera. Per le specie più elusive e quelle notturne. Sarà davvero un’immersione naturalistica completa”
“E poi sarà tempo della seconda specie iconica di questa spedizione: il Tapiro delle Ande! Giusto, Davide?”
“Sì, esattamente. Ecco perché la Colombia è speciale, ecco perché ci tenevamo tanto ad inserirla tra i nostri viaggi: l’Orso andino e il Tapiro di montagna sono specie così incredibili da valere da sole il viaggio. Pensa che il nome scientifico del Tapiro di montagna - Tapirus pinchaque - viene dalla lingua degli indigeni della regione Cauca in Colombia. Spettro, fantasma: ecco cosa significa pinchaque. Ad oggi, sappiamo ancora veramente poco su questa specie.
Dedicheremo diverse escursioni all’alba e al tramonto per lui,nella Valle di Otún.”
“Ma i grandi gatti? si riusciranno a vedere? Chessò, un giaguaro…”
“Ahaha, i giaguari! Allora, diciamo che la nostra spedizione dove vedrai giaguari con in abbondanza, con osservazioni di qualità veramente alta, è quella Brasiliana. Il Pantanal, da questo punto di vista, è imbattibile.
Ma, nella spedizione in Colombia, andremo anche a Hato la Aurora, un ranch privato immerso in un ecosistema a savana pre amazzonica ecologicamente affine al Pantanal. Ci sono capibara, cigone Jabiru, martin pescatori, caimani, persino puma! E naturalmente…giaguari! Hato la Aurora rappresenta il posto migliore in Colombia per avere chances di avvistare il giaguaro. Ci contiamo!”
“Vedo dall’itinerario pubblicato in internet che poi si finisce in bellezza. “La Ca****la Sistina” dell’era glaciale. Davvero sono così incredibili le pitture rupestri di Cerro Azul?”
Davide si ferma, e si volta a guardarmi, i suoi occhi diventano fessure che sembrano scrutare al di là dell’Oceano Atlantico.
“Non puoi capire, se non ti trovi davanti a questo spettacolo. Immagina migliaia di pitture rupestri, dipinte con pigmenti minerali rossi lungo oltre 12 km di pareti orizzontali di roccia, anfratti, persino lungo le pareti curve dei Tepui, le incredibili formazioni montuose dell’Amazzonia.
Ma, dopo l’impressionante effetto WOW! iniziale, è il contenuto delle pitture che cattura: sono raffigurate scene dei primi abitanti dell’Amazzonia, tra i 12.600 e i 11.800 anni fa, quando ancora vivevano con animali estinti quasi mitologici: bradipi giganti, mastodonti, i litopterni con le loro strane proboscidi… Ci sono motivi antropomorfi e zoomorfi, schemi geometrici, scene di uomini e donne in rituali e in caccia, nella foresta e nella savana.
Cervi, tapiri, tartarughe, pipistrelli, primati…come se tutta la storia del tardo Pleistocene fosse rappresentata su queste pareti di roccia. È incredibile, lascia davvero a bocca aperta.”
Usciamo dalla faggeta, davanti a noi i Balzi del Fabuino promettono una panoramica salita sulle praterie sommitali. Chissà lo sguardo di Alexander von Humboldt cosa avrebbe visto qui.
Si alza un vento da sud, forse porta neve.