Debby Passioniviaggianti

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Debby Passioniviaggianti La mia passione per i viaggi appassionata di viaggi

19/12/2016
19/12/2016

E’ il sentiero che conta, non la sua fine.
Viaggiate troppo velocemente, e perderete tutto quello per cui viaggiate.

(Louis L.)

29/09/2016

Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato.

(Edgar Allan Poe)

PERU’ : IL FASCINO DEL MISTERO (parte 1: LIMA-CUZCO- MARAS e MORAY- MACHU PICCHU).Questo è il racconto di un viaggio che...
29/09/2016

PERU’ : IL FASCINO DEL MISTERO (parte 1: LIMA-CUZCO- MARAS e MORAY- MACHU PICCHU).

Questo è il racconto di un viaggio che ho fatto in Perù ad aprile 2016 e vuole solo essere una traccia ed incuriosire chi non ci è ancora stato, lascio alle guide locali e ai vari libri, la spiegazione storica di questi meravigliosi luoghi.

Il Perù è qualcosa di magico, passato e presente tutto assieme. LIMA è la porta d’ingresso, qui arrivano tutti i voli intercontinentali, caotica, antica e moderna, i suoi barrios si allargano all’infinito, Miraflores è la zona degli hotel, dei negozi ed è anche la più raccomandabile sotto l’aspetto sicurezza, Plaza Mayor o Plaza de Armas, il cuore della città, con il Palazzo del Governo ove si tiene una parata a suon di musica per il cambio della guardia, il palazzo del Comune, il palazzo Arcivescovile ed il palazzo dell’Unione, tutti caratterizzati dalle loro facciate risalenti all’epoca coloniale, ci sono turisti, ma si sa che questi luoghi attirano un sacco di gente. Qui inoltre c’è il famoso hotel Bolivar dove si narra che alcuni fra i più famosi gruppi rock contemporanei abbiano fatto a pezzi più di una volta il suo mobilio; la Cattedrale, con la sua splendida facciata, un po’ oltre la piazza, la chiesa e il monastero di San Francesco, ove per chi non ha problemi alla visione di scheletri e ossa, ci si può avventurare nelle sue catacombe che fino agli inizi del 1800 fungevano da cimitero, si dice che qui siano sepolte 70.000 persone. Addentrarsi poi a piedi nella parte antica della città ha un fascino tutto particolare. Anche una passeggiata sul lungomare per ammirare l’oceano con le sue onde maestose mentre si sorseggia un pisco sour, è carino, fa molto turista, ma Lima è anche questo. In città ci si può spostare da un posto all’altro in metropolitana o in bus, oppure in taxi, qui costano davvero poco. Per raggiungere invece altre località, in Perù ci si può spostare ovunque con comodi bus, ce n’è di diurni o notturni, a seconda delle distanze e di dove si vuole andare, è un mezzo molto valido e anche comodo, altrimenti per chi non predilige affrontare le lunghe distanze su quattro ruote, c’è sempre l’ aereo, più caro ovviamente ! Volare da Lima a CUZCO è semplice, quello che poi potrebbe risultare meno semplice è il “mal d’altura”, non tutti ne soffrono ovviamente, ma io si… Diciamo che andare da una località posta sul livello del mare a 3.400 mt. non è sempre per tutti, anche se un po’ di tachicardia, il giorno seguente era quasi svanita, il fiatone a camminare quello no, è rimasto. Arrivo a Cuzco e piove, l’ombelico del mondo, come lo ha chiamato qualcuno anche sotto l’ombrello è comunque bello, non ha nulla a che vedere con Lima, se non gli edifici dello stesso stile, qui tutto è più piccolo, più raccolto, più tranquillo, passeggiare sotto i portici del centro storico a Plaza de Armas dà una bella sensazione, qui si vedono i peruviani che vendono agli angoli delle strade un po’ di mercanzia, negozi sia per turisti che per locali, case di cambio per i soldi, banche, ristoranti e hotel, ostelli e qualsiasi cosa si voglia, ma comunque ricco di emozione, un po’ magico… E’ bello sedersi su di una panchina della piazza e godersi la cattedrale, la chiesa, le vie circostanti, la gente che va e viene, qui si respira aria di Perù...e così mi è venuta anche voglia di gustare il Perù. Un giorno provo il ristorante “La Feria”, che serve anche il povero “cuy”, il porcellino locale, te lo portano intero nel piatto, il resto lo lascio all’immaginazione…, diciamo che ci sono tutti i piatti tipici di carne come gli spiedini di alpaca, le ali di gallina e altri animali, ma anche piatti di verdure, a base di patate, di peperoni, o fagioli e poi la chica morada questa è da bere però. Il giorno seguente provo il ristorante a fianco “l’Inka Grill”, anche qui servono i piatti tipici della cucina peruviana, ma si nota subito che è più raffinato, sia il luogo che i piatti, ottimi delle specie di ravioloni di pasta frolla ripieni al formaggio serviti con la salsa e poi anche qui l’immancabile cuy al forno. Ci sono anche altri ottimi ristoranti, ma mi manca il tempo per andarci purtroppo. Cusco è però anche musei, uno dei più importanti è il Museo Inka, si sale da Plaza de Armas lungo una ripida salita e si viene catapultati nella storia peruviana raccontata attraverso i reperti archeologici, gli oggetti antichi, mi è piaciuto molto perdermi nelle sale del museo e scoprire un po’ di più del Perù. Poco dopo il museo Inka, scendendo sulla destra vengo attirata da una piccola scritta, “Caritas Cusco”, entro e scopro che ci sono le classiche cuffie peruviane in lana, quelle che coprono le orecchie, borse, ponchos, altri oggetti di artigianato fatti a mano molto belli e di ottima qualità e su ogni oggetto c’è il cartellino con il nome della persona che l’ha realizzato, il ragazzo del negozietto mi spiega che i proventi vanno alla gente più povera che abita nelle zone rurali e che tramite le loro produzioni si autofinanziano un po’. Decido così di fare qui i miei acquisti. Il giorno successivo parto in bus con una gita organizzata per MARAS e MORAY, a circa 40 km da Cuzco, lungo la Valle Sacra degli incas. Una bella strada che si snoda lungo le montagne, fino ad arrivare alle saline di Maras, sperdute in mezzo al nulla, qui ancora i locali ci lavorano per estrarre il sale tramite evaporazione dell’acqua, sembra surreale, il paesaggio, le persone, il luogo, tutto. Proseguo per il sito archeologico di Moray con i suoi terrazzamenti circolari concentrici, gli studiosi dicono che servivano da centro di ricerca agricola dove ciascun terrazzamento aveva un ambiente diverso e pertanto anche le coltivazioni erano diverse a seconda del livello, altri dicono che il luogo veniva utilizzato per monitorare i cambiamenti climatici tramite la luce del sole e le ombre che venivano proiettate dalle montagne, testimonianze del tempo avvolte nel mistero, come tanti altri luoghi del Perù. Da Cuzco il giorno dopo si parte in bus per Aguas Calientes, la porta del Machu Picchu, passando per OLLANTAYTAMBO. Ollanta come la chiamano qui, è un piccolo villaggio dalle strade in ciotoli, alte mura, le nubi basse e la pioggia gli danno un’aria da villaggio da ultima frontiera, a me è piaciuto molto girovagare lungo le stradine e curiosare un po’. Qui arrivano i turisti per vedere l’antica fortezza di Ollantaytambo e prendere il treno che porta ad Aguas Calientes, sono sorti così piccoli ristoranti e negozi e nel piazzale davanti al sito archeologico, un mercato con paccottiglia di ogni genere, tutta uguale per ogni bancarella. Preferisco passare oltre ed inerpicarmi assieme alla guida sui gradoni della fortezza anche se piove un po’ ed è tutto scivoloso, Jorge spiega la storia di questo luogo in modo dettagliato, continuo a salire sempre più in alto, fino alla sommità per ascoltare rapita ancora i suoi racconti. Vado in bus alla stazione di Ollantaytambo, una lunga fila di persone aspetta di salire sul Perù Rail, il trenino blu e giallo, “el tren de Machu Picchu”, c’è la versione “Expedition”, ovvero basic con grandi finestroni ai lati per ammirare il panorama, poi c’è il “Vistadome”, con una parte di tetto trasparente per vedere anche sopra, qui le hostess offrono un pasto leggero, poi fanno un po’ di spettacolo per i turisti e vendono abiti in lana di una nota marca locale, infine il Belmont Hiram Bingham, luxury e generalmente usato per chi alloggia nell’omonimo hotel ovviamente luxury. Arrivo ad AGUAS CALIENTES nel tardo pomeriggio, il cielo è ancora coperto, nubi basse sulle montagne circostanti, il primo impatto con il villaggio non mi piace molto, se non la stranezza che il treno passa in mezzo ad hotel e negozi dove i bambini dopo il passaggio del Perù Rail riprendono a giocare tranquillamente sulle rotaie. Il giorno successivo con la luce del sole, tutto sembra diverso, al mattino prestissimo prendo il bus per il Machu, ce ne sono 3 che si riempiono all’istante, volendo si può anche salire a piedi, in bus ci vogliono 15 minuti circa, camminando un po’ di più ovviamente, dipende dall’allenamento. Fuori dall’ingresso del Mapi ci sono i bagni, chi ne ha la necessità ci vada subito dice Jorge, poi dentro non è più possibile, la vista guidata dura circa 3 ore, per cui fate i conti… E finalmente passo il cancelletto per l’ingresso alla cittadella sul Machu Picchu e poco dopo già intravedo i primi resti con le Ande intorno, le cime coperte dalle nubi, il Huayna Picchu, mi manca il respiro, non per l’altezza ma per l’emozione, più proseguiamo e più la sua maestosità si staglia davanti agli occhi, la città perduta appare in tutto il suo splendore, tocco le pietre e immagino che cosa dev’essere stato qui un tempo, ascolto con attenzione le spiegazioni della guida sulla capitale dell’impero Inca mano a mano che proseguiamo il giro: il Tempio del Sole, la Residenza Reale, la Piazza Sacra, il Tempio delle Tre Finestre, il Tempio Principale e l’Intihuatana che tutt’ora non si sa di preciso se fosse stato un osservatorio astronomico, un orologio con meridiana o un altare sacro, poi la parte degli edifici più poveri, probabilmente le abitazioni e il ricovero per gli animali e mentre continuo a camminare, guardo e ascolto, respiro l’aria di qui e penso che questo sia uno dei luoghi che come si suol dire: lo devi vedere, almeno una volta nella vita ! Ridescendo in bus ad Aguas e faggio una passeggiata lungo la via centrale, sempre in salita ovviamente, qui troviamo solo hotel, ristoranti e negozi ed il mercato locale coperto, dove io entro e noto subito che non è per turisti, signore locali sedute per terra vendono frutta e verdura, pelano patate, mangiano e chiacchierano. Mi piace sempre interloquire con i locali, così chiedo un po’ di spiegazioni sulle svariate qualità di patate e su altre verdure che non avevo mai visto, vorrei acquistare un sacchetto di foglie di coca da portare in Italia come souvenir, ma ricordo che tutti mi hanno detto che non si può portare in aereo e che alla dogana avrei avuto problemi. Vabbeh, lo lascio lì, vorrà dire che mi berrò il mate de coca a colazione come consigliano per “il mal d’altura” visto che in qualsiasi hotel c’è. Al pomeriggio riprendo in trenino e rientro a Cusco in bus da Ollantaytambo. Domani è un altro giorno e mi aspetta ancora un po’ di tempo in giro per il Perù. (segue parte 2)

USHGULI Un paio d’anni fa, il National Geographic gli ha dedicato un reportage e la copertina diceva: “l’ultimo medioevo...
04/08/2016

USHGULI

Un paio d’anni fa, il National Geographic gli ha dedicato un reportage e la copertina diceva: “l’ultimo medioevo d’Europa”. In questo piccolo paese sugli Svaneti in Georgia, pare che il tempo si sia veramente fermato al medioevo, se non fosse per alcune jeep ed alcuni mini van che trasportano i pochi turisti o viaggiatori che si spingono sino a qui. Il viaggio per arrivarci infatti non è così semplice. Bisogna arrivare a Tbilisi, capitale della Georgia e da qui con un volo che opera solo alcuni giorni alla settimana si atterra a Mestia. Altra opportunità è farsi 9 ore di pulmino accartocciati uni sugli altri con locali e viaggiatori e zaini appoggiati sulle ginocchia e giungere a Mestia provando i mezzi locali da 12 posti che improvvisamente diventano da 18. Da qui per arrivare a Ushguli ci vogliono altre 3 ore circa in jeep oppure con alcuni mezzi locali, nel 2014 stavano iniziando ad asfaltare il primo tratto di strada, il tratto rimanente è tutto sterrato e sinceramente mi auguro rimanga tale per preservare questo angolo nascosto. Ushguli è il secondo villaggio permanentemente abitato più alto d’Europa, qui ci troviamo a 2.200 mt. s.l. e ci vivono circa 100 persone. La sensazione che si prova arrivando è quella di essere “fuori dal mondo”, in un luogo che pare irreale. E’ il paese delle torri, tante, ovunque. Torri medioevali di pietra che sovrastano case di pietra, viottoli di sasso che attraversano il paese e che al mattino presto ed alla sera vedono il passaggio di alcune mucche che rientrano nelle piccole stalle. La vita si svolge in un fazzoletto di terra, i bambini scorazzano nelle viuzze assieme a cani che li seguono bonariamente ovunque, alcune vecchine portano i recipienti metallici per il latte dopo aver munto le 2 o 3 mucche che possiedono e che camminando lungo i viottoli si intravedono chine nella penombra intente nella mungitura. Qui l’elettricità è arrivata da pochi anni, ogni tanto sparisce ed allora si cena ancora al lume di candela, piatti semplici e della tradizione: il Khachapuri un pane cotto al forno, piegato a metà e ripieno di formaggio sbriciolato oppure i Khinkali, dei ravioloni giganti ripieni di carne che mangiati con le mani schizzano brodo e ripieno ovunque, oppure le verdure cotte spadellate, la minestra e la carne speziata, il tutto viene preparato a mano e servito sul tavolo che pare imbandito per un banchetto, tante scodelline dai contenuti diversi posate tutte assieme sul tavolo sopra una tovaglietta fatta all’uncinetto su cui viene messo anche il pane, bianco, fragrante ed appena sfornato grazie alla signora Ratiani cuoca e padrona di casa. Incontriamo anche Mariam, una giovane georgiana che ci fa un po’ da guida, aria simpatica, jeans e scarpette basse, parla inglese e così con lei è possibile dialogare e conoscere un po’ di più di questo paese, della sua storia e della sua gente. E’ qui a trovare la nonna ed i parenti e solo più tardi ci rivela la verità: è una regista e il suo ultimo film l’ha girato proprio qui ad Ushguli. Grazie a lei riusciamo a farci aprire la porta di una torre, al suo interno sono custoditi veri e propri tesori e cimeli, antiche icone dorate e antichi crocifissi in legno intarsiati completamente a mano, ogni piano riserva una scoperta, uno scrigno di ricordi dalla bellezza struggente. Con lei abbiamo anche la possibilità di visitare un piccolo museo, la chiave ce l’ha la signora che ci abita accanto ed anche questa volta ci viene aperta la porta, l’interno nella penombra racconta storie vecchie di anni di questo villaggio, un trono in legno riccamente intarsiato, ove sedeva il capovillaggio, un armadio su cui è raffigurato un uomo, che nel palmo della mano tiene il simbolo di Ushguli, una casa con la torre, letti e oggetti che appartengono a queste genti, fra trapassato e passato presente, un altro angolo di mondo antico. Le giornate scorrono lente e tranquille, c’è la possibilità di fare dei trekking più o meno lunghi sulle montagne, per quelli più impegnativi bisogna organizzarsi un po’ prima, le montagne del Caucaso vanno dai 3.000 ai 5.000 metri e non c’è da scherzare. Noi di tanto in tanto passeggiando incrociamo Mariam e così assieme ai suoi cugini andiamo nell’unico locale del paese per una birra, che tanto mi ricorda la canzone “eravamo quattro amici al bar…” qui infatti cercare di dialogare con i locali non è facile, solo i bambini e i giovani sanno un po’ l’ inglese, altrimenti giù a gesti e versi da rumorista. Ad Ushguli per dormire non ci sono hotel (per fortuna) ma guesthouse, le famiglie locali hanno adibito alcune stanze di casa loro per gli ospiti, altri hanno restaurato l’abitazione attigua per i viaggiatori, ed anche qui sta il bello e l’autenticità dell’ultimo medioevo d’Europa.

03/08/2016

Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove.
(Pino Cacucci)

12/07/2016

Chi viaggia ha scelto come mestiere quello del vento.
(Fabrizio Caramagna)

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