15/11/2023
I CASTELLI DI TRAPANI E PROVINCIA.
IL CASTELLO EUFEMIO O DI PHIMES DI CALATAFIMA SEGESTA.
All’antico toponimo di Calatafimi, nel 2007 fu aggiunto quello di Segesta poiché nel suo territorio è compreso il sito archeologico di Segesta.
In tempi antichi, la cittadina di Calatafimi sorgeva alle pendici di una collina dove si ergeva un castello, che cadde in abbandono.
Tra il VII e l'VIII secolo, sui ruderi di questo castello ne fu edificato un altro, denominato in lingua latina "Castrum Phimes" (Castello di Phimes) ed in seguito castello Eufemio. Il castello rappresenta il tipico esempio di architettura normanno-sveva, quindi, costruito a scopo difensivo.
La città si sviluppò dal 827 al 1061, epoca in cui avvenne la dominazione araba in Sicilia. Durante questo periodo, diventò uno dei principali centri musulmani della Sicilia occidentale. Fu in questo periodo che la collina nei pressi di Calatafimi fu denominata in arabo Qal'at Fîmî, cioè rocca di Eufemio.. Questo toponimo fu acquisito anche dalla Città.
In seguito alla conquista Normanna, avvenuta nel XII secolo, e nel Medioevo, fu un importante centro, sia per la difesa del territorio, sia per la sua densità demografica. Il borgo fece parte del Regio demanio fino a quando, nel 1336, il re Federico III d’Aragona la concesse in feudo al figlio Guglielmo. Dopo la morte di questi, la città di Calatafimi passò al fratello Giovanni e nel 1340 ad Eleonora, figlia di quest’ultimo, la quale si sposò con Guglielmo Peralta, detto "Guglielmone". Alla morte di Eleonora, la città fu ceduta dagli Aragona alla famiglia Peralta. Con il matrimonio di Donna Violante de Prades, la baronia fu acquisita da Barenardo Cabrera.
Appartenne anche alla famiglia De Prades.
Dal 1402 al 1802, Calatafimi appartenne alla Contea di Modica insieme ad Alcamo. Nel 1407 divenne proprietà dei Cabrera; dal 1565 fino al 1741 alla famiglia Enriquez. Nel 1693, un tremendo terremoto stravolse la città di Calatafimi.
Nel 1802, fu incamerata nel demanio del Regno delle Due Sicilie.
Nel 1837, la Città fu colta da un'epidemia di Colera che causò molte vittime.
Fu anche adibito a carcere. Nel 1868, la prigione fu trasferita dentro l’abitato. Abbandonato perciò dalle autorità municipali, iniziò il lento degrado.
Dopo la Spedizione di Mille, Calatafimi fu annessa al Regno d’Italia.
Nel 1968, un nuovo terremoto colpì la Città e la Valle del Belice. Anche questo causò molte vittime e conseguentemente si formò un nuovo popoloso agglomerato di case nella contrada "Sasi" e la divisione fisica fra il vecchio paese (con il Borgo) e quello nuovo.
Nel 1997, assunse la denominazione di Calatafimi Segesta e il 2 aprile 2009 gli fu riconosciuto il titolo di "città".
Le prime fonti storiche che menzionano questo castello risalgono alla metà del XII secolo dal geografo Idrisi che lo descrisse come . Proprio in questo secolo, probabilmente fu innalzato questo castello, sull’area e sui ruderi di un’ altro precedente.
Durante il regno dell’imperatore Federico II, fu uno dei castelli imperiali utilizzati nella lotta contro i ribelli musulmani asserragliati nel vicino villaggio di Calatabarbaro in cima all’acropoli Nord di Segesta.
Nel 1282, durante la rivolta dei Vespri, nel castello dimorava come feudatario, il provenzale Gugliemo Porcelet. Questi era amato dai suoi sudditi e perciò fu risparmiato insieme alla sua famiglia.
Tra le mura era situata la porta del castello, attraversandola si accedeva ad un vestibolo (ambiente coperto che collega l’esterno con l’interno) e dopo, si apriva una corte. Sul lato sinistro si trovavano le anguste porte di alcune celle usate come carcere. Alle pareti sono ancora visibili i graffiti dei detenuti. Sullo stesso lato delle celle era collocato un altro piano che fungeva probabilmente da residenza signorile. Lungo il lato ovest si trovano alcune cisterne che raccoglievano l'acqua piovana. Delle tre torri di cui era dotato, rimangono i resti delle due torri collocate alle estremità nord e sud della facciata principale, della terza torre non esiste più traccia. Visibili sono anche i ruderi dei due archi del vestibolo, la lunga galleria sottostante alla parte più ad ovest del piano della corte, i grandi muraglioni di sud ed ovest e le due feritoie sul muro di mezzogiorno.
La facciata principale, si affaccia in direzione del centro urbano. (Santi Gnoffo, Castelli di Sicilia)