Visit Venice with Giovanna. A professional guide

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18/03/2023

Mecenate delle arti, collezionista, ribelle e carismatica. Questa era Peggy Guggenheim, una donna radicalmente moderna che ha dedicato la sua vita all’arte ed è stata la forza trainante dei movimenti più importanti del XX secolo.

15/05/2022

Gli alberi inutili Posted by Anna D' Anna in data maggio 12, 2022 Ottieni link Facebook Twitter Pinterest Email Altre app  Perché il rimboschimento non fermerà il riscaldamento globale Piantare alberi è diventata la soluzione di massa per compensare le emissioni di carbonio. Il processo di piant...

15/04/2022

Buon Venerdì Santo, con il grande Tintoretto

29/03/2022
12/03/2022

Vita pubblicaCronache, Storie e Leggende Le poverette del Palazzo Ducale 0 6 Loggia del Palazzo Ducale. Le poverette del Palazzo Ducale Erano dodici poverette, tutte attempate. Un particolare privilegio del doge dava loro diritto di stendere la mano anche nel palazzo ducale. Per la frequenza dunque....

06/03/2022

MinorePatere e formelle Le patere di un palazzo cinquecentesco sul Rio de Ca’ Widmann, nel Sestiere di Cannaregio 0 5 Rio e Fondamenta de Ca' Widmann. Sestiere di Cannaregio Le patere di un palazzo cinquecentesco sul Rio de Ca’ Widmann, nel Sestiere di Cannaregio Un esempio caratteristico di ric...

26/02/2022

Vita pubblicaCarnevale e Maschere La caccia dei tori (o meglio dei buoi), che si dava a Carnevale nei campi veneziani 0 2476 Joseph Heintz. La caccia dei tori in Campo San Polo La caccia dei tori (o meglio dei buoi), che si dava a Canervale nei campi veneziani Non era veramente la caccia dei tori, m...

08/02/2022

Il bello della Biennale è che coinvolge tutto il Centro Storico, con presenze nazionali anche fuori dalle due maestose sedi principali di Arsenale e Giardini.

08/02/2022

I "Ritratti Veneziani" di oggi, come sempre sul Gazzettino, parlano di un grande artista del Novecento, il muranese Vittorio Zecchin, che se non fu il massimo interprete del Liberty in Italia ne fu con certezza uno degli esponenti più significativi.
Nel parlare di Zecchin e della sua inventiva sognante (provate a googlare "Vittorio Zecchin opere" e a selezionare l'opzione "immagini": scoprirete mondi) ne approfittiamo però per parlare anche di Murano, la sua Murano.
Zecchin - ritratto da Matteo Bergamelli - fu collaboratore o direttore artistico delle maggiori vetrerie dell'isola, per le quali fece da "creativo" - come si direbbe oggi - inaugurando la stagione del design unito al vetro e inventando dei grandi classici come il vaso Veronese.
Scriviamo questo perché oggi, a causa dell'aumento incontrollato delle bollette del gas, Murano rischia semplicemente di scomparire. Mille anni di storia viva, riflessa nel presente, che non sono solo cavallini di vetro da realizzare per i ragazzi delle gite scolastiche (che pure quello ha un senso, eh), ma storia di Venezia e del mondo, ricerca, innovazione artistica e tecnologica (dove credete che siano stati inventati gli specchi che tenete a casa? perfezionati gli occhiali? realizzate le lenti per il primo cannocchiale al mondo, per Galileo?) che rischiano di dover soccombere a logiche un po' perverse di mercato.
Possiamo fare qualcosa? forse sì. Tenendo molto alta l'attenzione, parlandone con gli amici e sui social, supportando eventuali azioni di pressione. Qualcosa è già avvenuto, ma non è abbastanza. Meglio combattere adesso che piangere domani, per non aver speso nemmeno una parola. Godetevi Zecchin, intanto, col link qui sotto.

https://www.ilgazzettino.it/nordest/venezia/ritratti_veneziani_vittorio_zecchin-6488600.html

13/01/2022

LE MONACHE GRECHE DI SAN SERVOLO, VENEZIA

Parliamo di monache greche: non quelle ortodosse della zona di San Giorgio dei Greci*, ma di quelle stabilitesi nell'isola di San Servolo, nota per essere stata, in tempi più recenti, il manicomio di Venezia.

Parliamo di un gruppo di monache grecofone cattoliche, discendenti dalle famiglie dei nobili di Creta, le quali nel 1645 abbandonarono l'isola dopo la caduta della città di Canea in mano agli ottomani; queste monache furono trasferite a Venezia e ospitate nel monastero dell'isola di San Servolo sino al 1716.

Monasteri di rito cattolico erano stati fondati a Creta, e di fatto solo nelle città dell'isola, per ospitare ragazze provenienti dalle famiglie nobili, venete e greche, dell'isola. A Cipro si presentava un analogo fenomeno, ma lì la nobiltà era anche di cultura e lingua francese per via della precedente dominazione dei Lusignan.

Nel 1645 la caduta della città di Canea in mano agli ottomani e la minaccia della perdita dell'intera isola fece sì che le monache ospitate in questi conventi fuggissero a bordo delle galere veneziane. La loro destinazione fu Venezia: furono collocate nell'isola di San Servolo, disabitata dal 1615. Il governo veneziano considerava il loro soggiorno come provvisorio; voleva solo proteggerle dalla guerra confidando sempre – sino alla perdita definitiva di Creta – di poter riconquistare l'isola dove le monache avrebbero fatto ritorno una volta concluso il conflitto. Secondo le fonti, esse furono non meno di centocinquanta, secondo altri duecento, per la maggior parte benedettine, francescane e domenicane, accompagnate da donne al loro servizio;
Il luogo comune di origine, i loro legami e il fatto che parlassero la stessa lingua (presumibilmente il greco), la speranza di far ritorno alla loro patria, rinforzò la coesione del gruppo delle profughe. Sebbene fossero donne di origine nobile, nella maggior parte discendenti dalla nobiltà veneta, e cattoliche, il gruppo di monache accolto nell'isola di San Servolo appariva ai margini ed escluso dalle strutture sociali della città. Nelle fonti veneziane, redatte dopo l'arrivo delle monache a San Servolo, queste donne sono denominate come «le monache greche di Candia» «tutte di sangue nobile» elemento caratterizzante sia il gruppo e la sua coesione, sia l'alienazione da parte della società veneziana che sentiva da una parte l'obbligo di offrire asilo alle monache, e dall'altra la loro estraneità dall'ambiente sociale della città di Venezia.
Gradualmente i nobili di Candia, tra i quali vi erano veneti originari come i Querini, i Cornaro, gli Zeno, ma anche greco-bizantini come i Calergi, i Musalo(n), i Paleocapa e i Papadopoli, vennero progressivamente integrati nella società veneziana, ottenendo anche l'accesso al Maggior Consiglio, e anche alcune monache vennero spostate in altri conventi.

Presto divenne chiaro che la perdita della loro patria era destinata a essere definitiva; il mondo veneto-cretese non c'era più, viveva soltanto negli affezionati ricordi degli sradicati candiotti ridotti alla fame, alcuni dei quali, come i fratelli Zane-Bunialìs, Marino ed Emanuele, rispettivamente poeta e agiografo, come Niccolò Calliachi, poeta, e Zuanne Papadopoli, memorialista e segretario ducale, riuscirono a dare lustro alla loro città di accoglienza e alla locale comunità greca, trovando rifugio nell'arte e nella cultura.

Tornando al destino delle monache, nonostante la loro indubbia coesione interna, bisogna registrare che ogni ordine di esse manteneva la propria regola: così, durante il periodo che va dal 1708 sino al 1715, cioè fino alla sua morte (21 luglio 1715), la badessa del convento delle monache di Creta a San Servolo fu la domenicana Tomasa Premarin, nello stesso periodo erano attestate anche Margeta Gialinà, «abbadessa benedittina» e Dorotea Vidali, «presidente francescana».

Ma l'incessante incedere del tempo era destinato a colpire anche le venerande monache, memoria vivente dei tempi felici dello Stato da Mar: nel 1696 erano rimaste sessanta monache, e due anni dopo non erano più di cinquanta. Se si suppone che al loro arrivo fossero almeno centocinquanta si calcola una perdita almeno del 60%, cioè più di novanta monache in un periodo di circa cinquanta anni. Si presume che la maggior parte di loro avesse più di cinquant'anni al momento della loro dipartita da Creta; ma la loro straordinaria longevità come gruppo indica per forza che alcune di esse fossero molto giovani (ad esempio Tomasa Premarin, di anni 96 nel 1716, doveva avere 13 anni) e altre non avevano più di... due anni di età al momento del loro presunto arrivo a San Servolo (Maria Agnese di Ca' Grego, Maria Agnese Venier). Non è escluso che le suore accogliessero nel gruppo anche le loro figlie illegittime, presentandole come vere profughe di Candia per salvarle da una vita di patimenti e risparmiando le loro famiglie da scandali.

In una lista contenente i nomi delle monache di San Servolo risalente al 1708, vi sono registrate quindici religiose ancora in vita, provenienti per la maggior parte da casate di nobili veneziani o cretesi dell'isola di Creta: Premarin, Mengano Venier, Gialinà, Grego, Manzoni, Vidali, Procaciante, Querini, Foscarini, Corner, Molin, Modinò. In questo periodo la loro età è superiore a settanta anni. Nel decennio tra il 1705 e il 1715 un alto tasso di mortalità, dovuto alla loro età avanzata (attorno agli ottanta anni) colpì le monache di San Servolo.

Nel 1714, cinque serve, uno «spenditor», un «servitor» per la messa quotidiana, uno scrivano (dato che la badessa non poteva più scrivere e le monache rimaste non sapevano scrivere o forse neanche parlare in italiano) costituivano il personale del monastero; Altre serve, ormai inabili, erano curate nello stesso monastero delle loro superiore.

La caduta di Creta significò la perdita definitiva del patrimonio sia dei beni conventuali, sia di quelli individuali, elemento che comportò l'impossibilità di sostentamento autonomo delle religiose provenienti dalla colonia. Il finanziamento del convento di San Servolo divenne allora competenza dello Stato che impose una tassa annuale di un ducato a tutte le confraternite della città di Venezia (una somma quindi che si aggirava intorno ai 350 ducati l'anno), cui dovevano aggiungersi vari introiti provenienti dai Gesuiti di Padova, dai reggimenti delle colonie e da lasciti privati.

Nel 1716 il Monastero venne convertito in ospedale militare. Le uniche due monache rimaste (Maria Agnese de Ca' Grego e Agnese Erizza), ormai ultranovantenni, vennero trasferite in altri monasteri della città, segnatemente il Corpus Domini e Santa Maria Maggiore, accompagnate da due anziane serve che parlavano solamente il greco (elemento che rafforza la precedente ipotesi secondo cui le monache parlavano solo tale lingua, tanto più che nei nuovi conventi di destinazione era prevista la presenza di un confessore di lingua greca che si occupasse della loro cura spirituale).

Si concluse in questo modo il percorso di un particolare gruppo di profughe che a causa della propria provenienza socio-religiosa e del proprio sesso fu accolto all'interno della città di Venezia, rimanendone allo stesso tempo escluso: vivendo nello spazio marginale della società veneziana ottennero di mantenere immutato il loro particolare carattere.

* Vi sono state, peraltro, nella storia di Venezia, anche monache greche di rito ortodosso. Tali erano le sorelle, dette "nobili", del Monastero intitolato ai Santi Cosma e Damiano nella zona di San Giorgio dei Greci, fondato nel 1599 dal grande arcivescovo ortodosso Gabriele Severo (Seviros), nativo di Malvasia.
Scopo principale del monastero delle nobili monache greche era quello di fornire un'educazione e possibilmente una minima dote alle povere "grechette" di Venezia.
Il Monastero delle Greche continuò a essere operativo fino all'Ottocento e fu rifondato nel 1991, ma attualmente è inagibile per lavori di restauro.

Fonte: NOBILI MONACHE GRECHE-VENEZIANE TRA CRETA E VENEZIA (1645-1716) di Eleni Tsourapà (pdf)

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Οι Ελληνίδες μοναχές του Σαν Σέρβολο στην Βενετία
Περίληψη

Παρουσιάζει ιδιαίτερο ενδιαφέρον η ιστορία των 150 ή 200 Ελληνίδων μοναχών από την Κρήτη που μεταφέρθηκαν στο καθολικό μοναστήρι του San Servolo, που βρίσκεται σε ένα νησί της Λιμνοθάλασσας, μετά τη πτώση των Χανίων στους Οθωμανούς το 1645. Ανήκαν όλες σε αρχοντικές ντόπιες κρητικές ή βενετοκρητικές οικογένειες. Όλες όμως, ακόμα και αυτές με τα βενετικά ονόματα, λογίζονται για Ελληνίδες (greche) και ας είναι καθολικές. Για τους Βενετούς, είναι ξεκάθαρο, Έλληνες ήταν όσοι κατοικούσαν την Ελλάδα και όχι (μόνο) οι Ορθόδοξοι γενικά.
Μερικές πρέπει να ήταν πολύ τρυφερής ηλικίας όταν υποτίθεται ότι έφτασαν στο νησί, αν αναλογιστούμε ότι υπήρχαν ακόμα δύο μοναχές το 1716, όταν το μοναστήρι έκλεισε για να γίνει στρατιωτικό νοσοκομείο. Αυτό ίσως να σημαίνει ότι οι μοναχές κρατούσαν τις κόρες τους και τις παρουσίαζαν ως γνήσιες προσφυγοπούλες για να αποφύγουν το σκάνδαλο και την κατακραυγή της κοινωνίας, μια κοινωνία αυτή της Βενετίας που, αν και για πολλές αποτελούσε την απώτερη πατρίδα τους, τώρα τους ξένιζε. Ο λόγος ήταν ότι οι μοναχές δεν φαίνεται να ήξεραν ιταλικά... Εξ ου και η ανάγκη για γραμματέα και εξωμολογητή που να γνωρίζει την ελληνική γλώσσα.
Με το πέρασμα του χρόνου οι μοναχές σβήνουν σιγα-σιγά και μαζί τους και η τελευταία ανάμνηση της παλιάς Βενετικής Αυτοκρατορίας Θαλάσσης (Stato da Mar).

25/12/2021

Segui su Sky Arte Tutta la magia del Surrealismo presto a Venezia

23/12/2021

Dai salotti della New York bene al mito veneziano, passando per il collezionismo bellico e la galleria londinese, ecco come è nata la prima ereditiera ribelle morta oggi, 23 dicembre, nel 1979

14/12/2021

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08/12/2021

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07/12/2021

Vita pubblicaStranieri I Tedeschi a Venezia 0 16 Campo dei Tedeschi. Sestiere di Santa Croce I Tedeschi a Venezia La comunità dei Tedeschi era costituita principalmente (ma non solo) dai mercanti, che avevano instaurato dei rapporti commerciali con la serenissima favoriti dall’atteggiamento apert...

05/12/2021

Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 1943, Venezia fu colpita dalla prima retata. Poche ore prima, il questore aveva diramato tramite un fonogramma l'ordine di eseguire l'arresto immediato degli “ebrei puri”: gli uomini dovevano essere tradotti al carcere di Santa Maria Maggiore, le donne alla Giudecca e i bambini al centro minorenni.

Ad eseguire l'ordine furono la Polizia e la Guardia fascista repubblicana: setacciarono il centro storico, il Lido e Mestre rivolgendosi al comando nazista solo per chiedere conferma del fatto che l'azione dovesse essere limitata solo agli ebrei “puri”.

Furono 105 gli adulti e 19 i bambini arrestati durante la prima retata.

Dopo essere stati rinchiusi nelle carceri, alcuni furono trasferiti nella Casa di riposo ebraica sotto stretta sorveglianza e altri (in prevalenza donne) negli stanzoni del Convitto Foscarini, trasformato in caserma della Guardia repubblicana e alloggio per gli sfollati.

Solo alcuni furono rilasciati perché appartenenti a “categorie” che questa prima retata non doveva ancora colpire: componenti di famiglie miste, malati gravi e ultrasettantenni.

Gli altri partirono alle 12.20 del 31 dicembre su un convoglio diretto al campo di concentramento di Fossoli.

Il 18 gennaio, infine, raggiunsero i loro genitori a Fossoli 4 bambini che il 31 dicembre non si trovavano in condizioni tali da consentirne il trasporto: Mario e Lino Levi, di 4 e 6 anni, Sergio Todesco, di 4 anni, Mara Nacamulli, di 3 anni.

Tutti furono fatti ripartire da Fossoli il 22 febbraio 1944 diretti ad Auschwitz.







12/11/2021

Non sempre la "fritola" dev'essere dolce: le frittelle di baccalà
😋
Unisci 500 gr. di farina bianca 00, un cubetto di lievito di birra (25 grammi), poco sale e impasta con acqua. Nel frattempo sbollenta per circa quindici minuti mezzo chilo il baccalà in pezzi (baccalà non stoccafisso!) e quindi uniscilo all'impasto di farina. Lascia a lievitare in un ambiente secco.
A questo punto non ti resta che scaldare molto bene dell'abbondante olio da frittura, raccogliere il composto con un cucchiaio bagnato e cuocere le tue croccanti frittelle di baccalà.
Per accompagnare, un calice del più classico degli abbinamenti: Monti Lessini bianco Doc 🥂

N.B: Qualche volta si tende a fare confusione tra stoccafisso e baccalà (anche perché qui da noi li chiamiamo allo stesso modo). Derivano sempre dal merluzzo ma si tratta di due prodotti diversi: lo stoccafisso viene essiccato, mentre il baccalà attraversa un processo di salatura. (Foto casadelbaccala)

08/11/2021

Vita pubblicaCronache, Storie e Leggende I tatuatori greci 0 12 Giovanni Grevembroch. Gli abiti de Veneziani di quasi ogni età con diligenza raccolti e dipinti nel secolo XVIII. Tatuatore I tatuatori greci Si sa che c’era un’usanza tra gli africani di distinguere la loro numerosa prole con evid...

06/11/2021

Vita pubblicaCronache, Storie e Leggende I banchetti nelle carceri del Palazzo Ducale 0 4 Una cella dei Piombi. Palazzo Ducale I banchetti nelle carceri del Palazzo Ducale Un fatto “notando“, come lo chiama il Sanudo (cioè degno di essere notato) era accaduto nelle carceri del Palazzo Ducale la...

23/10/2021

Vita pubblicaCronache, Storie e Leggende Il solenne battesimo di due ebrei 0 10 Vittore Carpaccio. Battesimo dei Seleniti. Scuola di San Giorgio degli Schiavoni.Venezia (foto dalla rete) Il solenne battesimo di due ebrei Il 15 luglio 1533, “zorno de Nostra Donna” cioè di Santa Marina, la patron...

19/10/2021

MinoreIscrizioni Targa in marmo degli Esecutori contro la Bestemmia in Ghetto Vecchio 0 10 Ghetto Vecchio. Sestiere di Cannaregio Targa in marmo degli Esecutori contro la Bestemmia in Ghetto Vecchio E’ quello scolpito in pietra che si vede tuttora murato in Ghetto Vecchio a pochi passi dall’ingr...

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30121

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