23/10/2022
👉🏼 A novembre visita agli Uffizi
Chi è questa sensuale fanciulla, sontuosamente vestita, ritratta da Tiziano?
Una cortigiana o una giovane sposa?
È una donna bellissima, tanto che potremmo chiamarla semplicemente “La Bella”.
Il suo sguardo magnetico dagli occhi scuri catalizza la nostra attenzione appena entriamo nella Sala di Venere alla Galleria Palatina: il volto aderisce a precisi canoni di bellezza rinascimentale come la fronte alta, le sopracciglia sottili, le guance bianche screziate di rosso, il seno florido dal colore lunare e poi i capelli color biondo ramato, quel cosiddetto rosso Tiziano, raccolti in una magnifica acconciatura fatta con le treccine bionde e una ciocca che le cade lungo la spalla destra.
Indossa un abito preziosissimo di grande resa sartoriale, confezionato in una stoffa di damasco blu ricamato d’oro e le maniche di velluto amaranto con dei tagli dai quali spuntano gli sbuffi della camicia bianca sottostante. Notiamo inoltre sul polsino della manica destra una pelliccetta portata con disinvolta eleganza e un cordone dorato che segna la vita della giovane.
I gioielli che indossa sono semplici, ma molto preziosi: al collo porta una lunga catena d’oro mentre gli orecchini sono decorati con una perla.
La giovane è raffigurata in piedi, illuminata contro un fondo scuro e privo di dettagli, il corpo è posizionato verso sinistra come il volto. Lo sguardo però è centrale e sembra guardare direttamente verso l’osservatore. Gli occhi scuri poi esprimono una certa sicurezza, una donna decisa e consapevole della propria nobiltà.
Questo dipinto ha sempre affascinato la critica nella ricerca dell’identità della donna raffigurata, studi storico artistici hanno riconosciuto variamente nel ritratto la consorte del committente, la modella preferita del pittore o una sconosciuta cortigiana. A sciogliere in parte il dibattito è una lettera del 1535 del Duca di Urbino, Francesco Maria I della Rovere, che acquistò l’opera a Venezia intorno al 1536-1538. Nella lettera al suo ambasciatore a Venezia, il Duca scrive: “Direte al Titiano che attenda a quel’altre cose, et che quel’ retrato di quella Donna che ha la veste azurra, desideriamo la finisca”, senza attribuire alcuna specifica identità alla dama, fugando così il dubbio che potesse trattarsi di una donna a lui nota.
Oggi si tende a credere che il dipinto non raffiguri una persona in carne e ossa, ma sia invece la rappresentazione della bellezza femminile idealizzata, secondo una voga già affermata in quegli anni nella tradizione veneta, alla quale Tiziano riuscì a conferire una forma espressiva nuova.
Nel 1631 l’opera fu trasferita a Firenze con la ricchissima eredità di Vittoria della Rovere, unica figlia del Duca di Urbino, Federico Ubaldo Della Rovere, e moglie del Granduca di Toscana, Ferdinando II de’ Medici. Passata al cardinale Francesco Maria de’ Medici e poi al Granduca Cosimo III, “La Bella” fu tra i primi dipinti a essere esposti nella Galleria Palatina.
Tiziano Vecellio, Ritratto di donna, "La Bella", 1536 ca., Palazzo Pitti, Galleria Palatina