Roma Segreta

Roma Segreta Roma è da sempre stata una città dai mille volti, e tra questi di certo non mancano anche quelli più oscuri e segreti.
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Cinema Massimo oggi Coin [Roberto Biancarelli]
25/08/2024

Cinema Massimo oggi Coin
[Roberto Biancarelli]

VIA BERNARDO CELENTANO...UN TOCCO LONDINESE NELLA CAPITALE: ECCO COM’È NATA LA PICCOLA LONDRATra il 1907 e il 1913 fu si...
21/06/2024

VIA BERNARDO CELENTANO...
UN TOCCO LONDINESE NELLA CAPITALE: ECCO COM’È NATA LA PICCOLA LONDRA

Tra il 1907 e il 1913 fu sindaco di Roma Ernesto Nathan. Il primo cittadino, di origine anglo-italiana, si dedicò molto alla modernizzazione del tessuto urbano. A lui si deve anche la costruzione del quartiere Flaminio. La realizzazione di Via Bernardo Celentano fu affidata all’architetto Quadrio Pirani, che per questa nuova costruzione residenziale scelse uno stile inequivocabilmente british – forse in omaggio alle origini del sindaco? La via è un gioiellino. Vi si accede sulla Via Flaminia al civico 287 e da Via della Vignola.
La strada, lastricata di sampietrini, presenta da entrambi i lati una schiera di costruzioni basse, in stile liberty. A metà della strada è possibile ristorarsi in un locale che propone thè e dolcetti. Decisamente british.
La via è pedonale e i cartelli posti ai due ingressi vietano l’accesso alle automobili e “agli estranei”. Infatti i residenti sostengono che la toponomastica comunale sia da correggere. A parer loro, la via è a tutti gli effetti il loro cortile di casa, quindi una proprietà privata. Ma, senza addentrarci troppo nella questione – di competenza dei residenti, appunto, e del demanio comunale – il cancello è aperto e sono tanti i cittadini che ogni tanto vanno a concedersi un po’ di pace nella “piccola Londra”, passeggiando su Via Bernardo Celentano.

La storia di Piazza Vittorio: Ebbene sì, questi erano i giardini di Piazza Vittorio Emanuele II nel 1890, la piazza più ...
20/06/2024

La storia di Piazza Vittorio:
Ebbene sì, questi erano i giardini di Piazza Vittorio Emanuele II nel 1890, la piazza più grande di Roma, costruita seguendo il piano regolatore del 1873.

Il progetto prevedeva la costruzione di edifici rappresentativi, uffici e infrastrutture efficienti destinati alle nuove classi dirigenti, in un quartiere caratterizzato da un paesaggio rurale, con ville nobiliari e tenute agricole, quindi poco abitato. Questo contesto era ideale per ospitare le residenze dei nuovi dirigenti e dei futuri impiegati. Per questo motivo, su progetto di Gaetano Koch, furono costruiti imponenti edifici e porticati in stile umbertino, simili alle architetture del nord Italia (stile umbertino, piemontese e savoia), con spaziosi appartamenti riccamente decorati.

I giardini e la cancellata furono progettati da Carlo Tenerani, architetto e assessore, e inaugurati l'8 luglio 1888.

La struttura dei giardini fu ideata dal direttore dei giardini e il suo staff come un’oasi esotica e romantica, alternando percorsi naturalistici a un boschetto, con un ponte di legno che sovrastava un laghetto di ninfee e piante acquatiche, e un'area "zen" con specie botaniche esotiche. Vialetti e altre strutture decorative completavano il design originale.

Il laghetto fu eliminato verso la fine degli anni '70 per la costruzione della fermata della metro A.

ER GIRO DE PEPPE INTORNO ALLA REALEForse non tutti sanno che:Quante volte t'è capitato de senti' 'sta frase, magari co' ...
20/06/2024

ER GIRO DE PEPPE INTORNO ALLA REALE
Forse non tutti sanno che:

Quante volte t'è capitato de senti' 'sta frase, magari co' tu nonna che non je la fa più a sta' in macchina e, immerso nel traffico de Roma, non sai più do' stai, chi sei e come te chiami e giri giri giri e passi due tre volte davanti allo stesso posto, magari in cerca de 'n parcheggio?
"Stamo a fa' er giro de Peppe intorno alla Reale!"
Da dove nasce 'sta frase? Er bello è che probabilmente non lo sa manco tu' nonna.
Ecco, mo ve lo dico io o almeno ce provo.
In realtà la frase completa era "Er giro de Peppe, intorno alla Rotonda, appresso alla Reale".
Solo che a noi Romani ce piace accorcia' le frasi.
Questo modo di dire nacque nell'anno der Signore 1878 durante er funerale de Vittorio Emanuele II.
Era uso, all'epoca seppellire i Re d'Italia nel Pantheon e prima della tumulazione je facevano fa' un giro intorno alla Rotonda der Pantheon pe' da' modo alla popolazione de daje l'ultimo saluto.
Quindi il Re, a bordo della carrozza reale faceva un giro intorno alla rotonda.
Mo voi direte: "ok, ma Peppe chi era?"
Se me date tempo ve lo dico, Peppe era Giuseppe Garibaldi, che anziché aspetta' er feretro davanti all'ingresso der Pantheon, come tutti, 'n ce capi' 'n c***o e lo segui' lungo tutto il tragitto intorno ar Pantheon.
Facendo praticamente una cosa inutile.
Da qui nasce er detto, se te sei perso o stai a fa' un percorso inutile: "Stai a fa er giro de Peppe intorno alla Reale!".
E' che in realtà state a fa' 'na ca***ta. Fatece caso.
Ecco, mo lo pòi pure racconta' a Nonna.

Fonte: da Fatece Caso

IL “MUSEO ANATOMICO FORLANINI”… (purtoppo al momento chiuso)Un viaggio realistico, un po’ spaventoso, ma unico al mondo,...
19/06/2024

IL “MUSEO ANATOMICO FORLANINI”…
(purtoppo al momento chiuso)
Un viaggio realistico, un po’ spaventoso, ma unico al mondo, nell’anatomia e nella medicina

Siete interessati alla scienza e magari alla medicina? Vi piace il macabro un tantinello horror? Se la risposta è si ho quello che fa per voi: il Museo Anatomico “Eugenio Morelli altrimenti noto come “Il museo del Forlanini”. La raccolta conservata qui è unica in Europa: nessuna nazione ne ha una simile. Vi domanderete chi fosse Morelli. Presto detto: era l’allievo prediletto di Forlanini e diresse per anni l’ospedale omonimo. Di lui disse il grande Cesare Frugoni, che era stato suo compagno di studi a Firenze e poi collega di facoltà nella capitale, commemorandolo :”Maestro e allievo erano fatti l’uno per l’altro… Il fondamento scientifico di sua vita sta nel binomio Forlanini – Morelli, che per me è inscindibile e che tale deve rimanere nella storia e nella letteratura medica”.
Cosa consiste l’unicità della struttura? Il museo ha un’origine curiosa, da ricondurre nientemeno che agli intrattenimenti che nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento erano presenti nelle fiere e piazze. Tra saltimbanchi e funamboli, burattinai e venditori ambulanti. C’era un tizio austriaco, tale Grutzner, che, in un carrozzone, mostrava ceroplastiche, cioè “sculture” in cera di varie parti del corpo umano. Morelli ebbe il colpo di genio e pensò: “Perché non lo faccio coi morti?”.
In Origine l’ospedale Forlanini era un tubercolosario, quindi, il pezzo forte della raccolta è l’area dedicata alla tbc e alla terapia con pneumotorace artificiale dove è esposta la macchina progettata dal Forlanini stesso. Vediamo come è articolato il Morelli. Come accennato il museo è costituito da diverse sale d’esposizione su una superficie di circa 1200 metri quadrati. I settori principali sono dedicati all’anatomia umana normale, a quella patologica, all’anatomia radiologica e infine, alla chirurgica. Come ho spiegato nella struttura sono conservati preparati derivati da esseri viventi relativi a malattie che ormai non si verificano più e la cosa conferisce al museo un enorme valore storico, didattico e scientifico.
Il posto, ve lo dico, fa impressione perché tutto quello che è presente nei contenitori e immerso in una soluzione di formaldeide non è rappresentazione plastica, ci tengo a ribadirlo, il che ne fa una sorta di “cimitero con salme esposte” seppure dedicato alla scienza.
Insomma che si vede nel Museo? Intanto una raccolta di embrioni completa, dall’uovo fecondato in tutti i suoi stadi fino ad un feto umano al nono mese di gravidanza, poi tante teche che contengono… il corpo umano. Non uno solo, naturalmente e tutti gli organi interni, compresi i sistemi vitali che sono mostrati separatamente. È visibile il sistema capillare ed il sistema nervoso, unico nel suo genere, posto in piano, disteso in tutta la sua ramificazione. Ancora ci si domanda come sia stato possibile estrarlo da un corpo umano, poi le ossa e i muscoli.
Nella sala dedicata all’anatomia topografica sono mostrate cinquanta sezioni longitudinali e trasversali di un corpo umano. Avete presente la TAC? Con la moderna tomografia assiale riusciamo ad affettare digitalmente un corpo umano per scrutarne l’interno, qui c’è la stessa cosa ma le sezioni, spesse un solo millimetro e montate su pannelli per renderne possibile la visione da entrambe i lati, sono reali.
Vagando in giro siamo colpiti dalla vista di due feti uniti completamente al livello del bacino, privi degli arti inferiori e rannicchiati in posizione fetale, un neonato con due teste, un altro che presenta sul petto l’abbozzo di un gemello parassita, un altro ancora con il cranio più grande del resto del corpo. Un museo di grande interesse che, non solo rappresenta una risorsa per gli studiosi del campo medico ma che, nel nostro caso è stato oggetto di un miracolo della scienza e voglio raccontarvelo: Un grosso contenitore in vetro contiene il corpo di un neonato. Non solo è completamente formato ma grosso. Le dimensioni sono veramente esagerate. Il piccolo era, infatti, affetto dalla sindrome di Simpson-Golabi-Behmel. Qui la vicenda che voglio raccontarvi e che ha dell’incredibile.
I morti non tornano in vita, ma nel nostro caso possono donarla. Un’anomalia genetica aveva colpito un bambino. Lo crederete? Cercando la cura per il bimbo si arrivò a quello conservato sotto formaldeide al Morelli; in breve ecco la vicenda. I medici che avevano in cura il bimbo, dopo avere accertato che nel suo Dna esisteva un difetto, si presero la briga di ricostruire l’albero genealogico allo scopo di stabilire se esistesse, nella famiglia del piccolo malato, una “ereditarietà”. Arrivati alla bisnonna materna e ai suoi due figli, scoprirono che uno, morto, era stato portato al museo del Forlanini a Roma. I medici, chieste le autorizzazioni, prelevarono un lembo di pelle dal neonato conservato e poterono avviare le cure del caso!
Il Lago sotterraneo
Una curiosità: Il Morelli è parte del Forlanini che a sua volta è parte del San Camillo De Lellis che a sua volta ancora ospita nel suo comprensorio lo Spallanzani attualmente all’onore delle cronache per le vicende legate al Coronavirus. Gran parte del tufo utilizzato per la costruzione del complesso ospedaliero fu estratto da una cava realizzata all’interno del cantiere stesso. Si creò, così, un enorme ambiente sotterraneo di 7000 metri quadrati ed alto circa 10 metri. Furono risparmiati grandi pilastri di roccia e furono realizzati dei sostegni in cemento armato per garantire la stabilità delle strutture superiori. L’acqua di falda, che allagò buona parte della cava, ha dato vita ad un suggestivo lago sotterraneo. Un tempo l’acqua era potabile ed utilizzata per le necessità dell’ospedale.
Il posto è interessante, si, ma dannatamente macabro, inutile girarci attorno, d’un macabro degno del Grand Guignol, non tutti possono sostenere la vista dei suoi contenuti, però è qualcosa di scientificamente eccezionale. L’importanza di tale patrimonio, riconosciuta da numerosi visitatori stranieri, ha comportato l’inclusione del museo nella rete del MUSIS cioè il museo multipolare della scienza e dell’informazione scientifica. Arriviamo a quella che è una vergogna! Dovete sapere che la struttura sopravvive per la forza di volontà e la passione del professor Torniello, anatomopatologo del Forlanini, ora in pensione (90 anni) il quale si dedica gratuitamente al museo perché non ci sono fondi, a tal punto che rischia la distruzione.
[Vito Leo]

I MOLINI SUL TEVERE... paesaggio teverino per più di 1300 anni. I Molini sul Tevere...scomparsi intorno alla seconda met...
18/06/2024

I MOLINI SUL TEVERE... paesaggio teverino per più di 1300 anni.

I Molini sul Tevere...scomparsi intorno alla seconda metà dell'800 dopo diversi secoli di attività, a causa delle frequenti inondazioni.
Erano tanti i molini sulle sponde del Tevere da sembrare un paesaggio olandese.Tra i più conosciuti la mola dei Fiorentini, vicino alla chiesa di San Giovanni dei Fiorentini all'inizio di Via Giulia.
L'antico utilizzo nell'antica Roma, dell'Isola Tiberina come granaio, ne presupponeva la presenza anche lungo il fiume che serviva per azionarli e dare vita alla macinazione del grano in farina.
Presenti fin dal II secolo d.C. e chiamati Gianicolense, attivi grazie all'idea di Traiano di confluire l'acqua derivata dalla zona dei monti Sabatini. Un assedio della città e un taglio degli acquedotti per impedire l'acqua potabile a Roma ne decretò il fermo.
Vennero riattivati ma a distanza di secoli quando Paolo V costruì l'acquedotto che porta il suo nome. Vennero successivamente costruiti mulini galleggianti per poi essere definitivamente scomparsi a metà Ottocento, data della foto.

Piroscafi davanti al porto di Ripetta Questo fantastico scatto del fondo Le Lieure, datato 1870, ci restituisce tutta la...
10/06/2024

Piroscafi davanti al porto di Ripetta

Questo fantastico scatto del fondo Le Lieure, datato 1870, ci restituisce tutta la magia di una città in cui il Tevere era ancora protagonista incontrastato nella vita dei suoi cittadini.

Donne e uomini affacciati alla splendida balconata del porto di Ripetta osservano due dei tre piroscafi a pale da 72 tonnellate, che la marina Pontificia aveva acquistato in Inghilterra nel 1841. I piroscafi erano il Blasco de Garay, il Papin e L’Archimede, che è sicuramente quello ritratto al centro della foto.

L'Archimede, il cui servizio sul Tevere si protrasse più a lungo, fu utilizzato come rimorchiatore, come cargo merci oltre a unità doganale del Papa. Sembra che in quegli anni arrivò a risalire il Tevere fino all'altezza di Passo Corese.

Ma la storia dell'Archimede ebbe una seconda giovinezza dopo la grande guerra. Molti, tra i quali il capitano di vascello del genio navale Franco Gay, riconobbero la storica corvetta inglese come coincidente con quel battello acquisito da un "fiumarolo" che, dopo avergli apportato sostanziali modifiche, ebbe l'idea di sfruttare il vecchio scafo per realizzare uno stabilimento fluviale.

Il piroscafo inglese divenne ancor più celebre con il passaggio di proprietà al figlio del fiumarolo di nome Luigi Rodolfo Benedetti, soprannominato “er Ciriola”.

Prima di cadere nell'oblio e nel degrado e di essere distrutto e portato via da una piena del Tevere negli anni '80, il battello del Ciriola fece la storia della Roma degli anni '50 e '60 rimanendo immortalato in tanti film del neorealismo italiano.

VECCHI MESTIERI, GLI URTISTI O PEROMANTIGli urtisti o peromanti, erano muniti di cassette di souvenir, un certo tipo di ...
08/06/2024

VECCHI MESTIERI, GLI URTISTI O PEROMANTI

Gli urtisti o peromanti, erano muniti di cassette di souvenir, un certo tipo di venditori ambulanti (più tardi chiamati ricordari o madonnari) “da non scambiare con i madonnari che dipingono i marciapiedi” di religione ebraica, ebbero alla fine dell'Ottocento un'autorizzazione pontificia per vendere oggetti ai pellegrini in visita nella Capitale.
La definizione di peromanti fa riferimento alla caratteristica "de anna' ppe' Roma" ("di andar per Roma") a piedi; invece urtisti perché urtavano con la cassetta (o schifetto) i pellegrini per attirare la loro attenzione.
Nel 1938, con la promulgazione delle leggi razziali, le licenze degli urtisti furono sospese, e durante l'occupazione nazista di Roma gli urtisti furono dichiarati abusivi e messi al bando. Alla fine della II guerra mondiale gli urtisti furono in grado di riprendere le attività.
[dal web]

Perché si dice "VECCHIO COME ER CUCCO"Ci sono modi di dire del dialetto romanesco che, ancora oggi, fanno parte del parl...
03/06/2024

Perché si dice "VECCHIO COME ER CUCCO"

Ci sono modi di dire del dialetto romanesco che, ancora oggi, fanno parte del parlato comune. Tra questi, modo di dire molto usato anche dai più giovani è "Vecchio come er cucco".

Questa espressione viene utilizzata per riferirsi ad un oggetto ormai molto vecchio o ad una persona molto anziana, ma anche ad un concetto, ad un modo di pensare che si ritengono antichi e passati di moda. Ma qual è l'origine di questo detto?

Si pensa che il termine "cucco" derivi da "cuco", un fischietto tra i primi giocattoli sonori dei tempi antichi. Secondo un'altra versione, invece, il termine sarebbe una deformazione onomatopeica di Abacuc, uno dei 12 profeti d'Israele. Quest'ultimo, infatti, viene sempre rappresentato come un uomo anziano, pensieroso e dalla lunga barba.

Vediamo cosa dice l'Accademia della Crusca:

Secondo l'Accademia della Crusca, la parola cucco potrebbe derivare da "cuculo", i cui nomi cuculo, cucco e cucù, hanno origine dal verso ripetitivo che emette (cu-cu). Scrive la Crusca: "Tutti i dizionari, antichi e contemporanei registrano le espressioni menzionate alla voce cucco ‘cuculo’. Ad avvalorare l’ipotesi che il cucco dell’espressione in questione sia il ‘cuculo’ contribuisce la presenza del sintagma l’era del cucù (accanto a l’era del cucco) per indicare un ‘tempo molto lontano’. L’Etimologico afferma: già in lat. cucūlus significa ‘infingardo’ e ‘stupido’ e anche l’it. cucco è sinonimo di ‘babbeo’ per la permessività che mostra nei confronti dell’infedeltà della compagna; per la stessa ragione il fr. cocu è divenuto sinonimo di ‘cornuto’".

Sempre secondo la Crusca, "cucco" potrebbe derivare anche da "bacucco (che ha un legame con ‘Abacuc’): "il parallelismo dell’espressione vecchio bacucco e vecchio come il cucco o vecchio cucco si spiegherebbe in questo caso, dalla caduta della sillaba
ba-".

[Romatoday]

La storia del vino a Roma è profondamente legata alle osterie, luoghi di convivialità e commercio. Nel corso dei secoli,...
02/06/2024

La storia del vino a Roma è profondamente legata alle osterie, luoghi di convivialità e commercio. Nel corso dei secoli, i Papi hanno mostrato un interesse notevole per il vino, non solo per il piacere personale ma anche per le entrate significative che le tasse sul vino garantivano alla Chiesa.

Le normative papali erano numerose e gli osti dovevano attenersi scrupolosamente ad esse. Queste regole avevano lo scopo di moderare il consumo eccessivo di vino da parte dei romani, che spesso, dopo abbondanti festeggiamenti, si lasciavano andare a risse violente. Inoltre, si cercava di prevenire le frodi degli osti.

Una delle frodi più comuni era la "sfogliettatura", ovvero il servire il vino in boccali non completamente pieni. I recipienti dell'epoca, fatti di terracotta o metallo, non permettevano di vedere il contenuto. Per contrastare questa pratica, Papa Sisto V Peretti concesse all'ebreo Meier Maggino di Gabriello il permesso di produrre contenitori di vetro trasparente. In questo modo, si poteva facilmente controllare la quantità di vino versata. Nel 1588, il pontefice impose l'uso di queste nuove misure in vetro agli osti.

Da questa innovazione nacquero le tipiche misure delle osterie romane, che sono diventate un simbolo della tradizione enogastronomica della città e che possiamo ancora trovare sulle tavole di oggi.

La quantità di vino da rispettare in ogni recipiente, era indicata da una riga incisa nel vetro e questa riga in gergo si chiamava "er capello".

Ecco svelata l'origine del modo di dire "Stai a guardà er capello" e la sua correlazione con il vino.

2 litri – denominato er Barzillai (così detto dal nome dell'On. Barzilai che in campagna elettorale usava offrire il vino in questo formato)
1 litro – denominato tubo o tubbo
1/2 litro – denominato foglietta o fojetta
1/4 di litro – denominato quartino o mezza fojetta
1/5 di litro – denominato chierichetto o chirichetto
1/10 di litro – denominato sospiro o sottovoce

Roma com'era - Un bambino e una cattedrale nel deserto, la Basilica di S. Giovanni Bosco negli anni Cinquanta.(da Pinter...
31/05/2024

Roma com'era - Un bambino e una cattedrale nel deserto, la Basilica di S. Giovanni Bosco negli anni Cinquanta.

(da Pinterest)

· FORSE NON TUTTI SANNO...PIAZZA DEL POPOLOL'origine del nome della piazza è incerta: c'è un'etimologia che deriva "popo...
30/05/2024

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FORSE NON TUTTI SANNO...
PIAZZA DEL POPOLO
L'origine del nome della piazza è incerta: c'è un'etimologia che deriva "popolo" dal latino populus (pioppo), sulla base della tradizione che vuole ci fosse, nella zona, un boschetto di pioppi pertinente alla tomba di Nerone, che era lì presso. È notizia storica, comunque, che Papa Pasquale II nel 1099 fece costruire a ridosso delle mura una ca****la, a spese del popolo romano (quella su cui poi sarebbe sorta la chiesa attuale di Santa Maria del Popolo): del popolo era la Madonna, del Popolo diventò la piazza.
Piazza del Popolo nel 1750, prima dell'intervento di Giuseppe Valadier
La piazza e la sua porta sono un ottimo esempio di "stratificazione" architettonica, un fenomeno che si è verificato per i continui avvicendamenti di pontefici che comportavano modifiche e rielaborazioni dei lavori edilizi e viari. Sulla piazza affacciano ben tre chiese.
La più antica è la basilica di Santa Maria del Popolo, a lato della porta omonima. Venne eretta (sul sepolcro dei Domizi dove Nerone fu sepolto) nell'XI secolo da papa Pasquale II, ma venne poi ricostruita sotto papa Sisto IV da Baccio Pontelli e Andrea Bregno tra il 1472 ed il 1477, che le danno un aspetto maggiormente rinascimentale. Tra il 1655 ed il 1660 papa Alessandro VII decise di restaurare la chiesa dandole un aspetto più brioso[non chiaro]; per questo incaricò Gian Lorenzo Bernini, che restaura nuovamente la chiesa, donandole questa volta una chiara impronta barocca che si può ammirare ancora oggi. La chiesa ospita dei dipinti di grandissima importanza: del Caravaggio sono presenti capolavori come Conversione di san Paolo e Crocifissione di san Pietro, nonché diversi affreschi del Pinturicchio, l'Assunzione di Annibale Carracci, oltre alle architetture di Raffaello Sanzio e del Bramante e ad alcune sculture di Andrea Bregno e dello stesso Gian Lorenzo Bernini, come il magnifico organo sorretto da due angioletti in bronzo.
Nel 1562-1565 Nanni di Baccio Bigio, su commissione di papa Pio IV (Medici), sistema la facciata esterna della Porta del Popolo. Successivamente, nel 1655, papa Alessandro VII (Chigi) commissiona a Gian Lorenzo Bernini i lavori per risistemare la facciata interna ed il cornicione superiore.
Nel 1573, papa Gregorio XIII (Boncompagni) colloca al centro della piazza una fontana di Giacomo della Porta, una delle nuove diciotto fontane progettate dopo il restauro dell'acquedotto Vergine. Ma nel 1589 papa Sisto V (Felice Peretti) innalza un grande Obelisco Flaminio al centro della piazza, alto 24 metri, costruito ai tempi dei faraoni Ramesse II e Merenptah (1232-1220 a.C.), portato a Roma sotto Augusto e precedentemente collocato al Circo Massimo. Domenico Fontana sposta la fontana di Della Porta verso l'inizio di via del Corso.
Le due chiese gemelle, come vengono chiamate Santa Maria in Montesanto (1675) e Santa Maria dei Miracoli (1678), vengono costruite per volere di Alessandro VII, ma i lavori terminano solo dopo la scomparsa del pontefice (1667), rinnovando profondamente l'aspetto della piazza, e costituendo i due poli del Tridente, formato da via del Corso, via del Babuino e via di Ripetta. I due edifici, che conferiscono alla piazza un aspetto barocco, vengono iniziati da Carlo Rainaldi e completati da Gian Lorenzo Bernini, con la collaborazione di Carlo Fontana.
La forma della piazza assume la conformazione attuale solo alla fine del XIX secolo. Precedentemente era una modesta piazza di forma trapezoidale, che si allargava verso il Tridente. Al tempo dell'occupazione napoleonica, infatti, l'aspetto architettonico ed urbanistico della piazza venne rivisto dall'architetto neoclassico Giuseppe Valadier, che già nel 1793 aveva presentato un progetto secondo il quale due caserme di cavalleria avrebbero dovuto essere disposte ai lati della piazza stessa. Ma con la prima invasione da parte di Napoleone (che entra a Roma nel 1798 e poi nel 1809) i francesi imposero a Valadier un progetto di "pubblica villa e passeggiata", che però non poté essere realizzato perché non teneva conto dei dislivelli del terreno tra il Pincio e la piazza sottostante. Dopo un secondo progetto che presentava lo stesso problema, l'opera di sistemazione fu affidata all'architetto Berthault, ma appena i francesi furono andati via da Roma fu di nuovo Valadier a realizzare il progetto della definitiva trasformazione. Grazie al suo intervento, la piazza assunse l'attuale forma ellittica, nella parte centrale, completata da una duplice esedra, decorata con numerose fontane e statue, che si protende verso la terrazza del Pincio e verso il fiume Tevere. Nel 1818 sempre Valadier rimosse la vecchia fontana di Giacomo Della Porta[3] che, sotto il pontificato di papa Leone XII (1822 – 1829) venne sostituita da una nuova architettura. Valadier continuò la sua opera di rinnovamento sistemando anche la zona delle pendici del Pincio, raccordando Piazza del Popolo e il colle con delle ampie rampe, adornate da alberi e carrozzabili, terminate nel 1834. La terrazza del Pincio divenne così una delle più celebri passeggiate di Roma, frequentata dal popolo, dalla borghesia, dalla nobiltà, dall'alto clero e dagli stessi pontefici.

L’ ASCENSORE DEL PINCIO AL MURO TORTOScendendo sul viale del Muro Torto, prima della brusca curva a sinistra, addossata ...
30/05/2024

L’ ASCENSORE DEL PINCIO AL MURO TORTO
Scendendo sul viale del Muro Torto, prima della brusca curva a sinistra, addossata alla parete a sinistra c’è una torre a ridosso del muraglione del Pincio. Ma si nota subito qualcosa che non va: alla base della torre ci trono tre porte, anche se chiuse da decenni e in alto un grazioso edificio apre da una parte le sue grandi finestre su Villa Borghese e dall’altra le sue porte verso il giardino del Pincio.
Non è una torre, è l’ascensore del Pincio, realizzato in corrispondenza della vecchia fermata del tram per consentire ai cittadini di andare su al Pincio. Un’ulteriore dimostrazione che questa città era perfettamente vivibile anche quando quasi nessuno si poteva permettere l’automobile.
E’ inaugurato nel 1926, in corrispondenza della fermata delle linee 45 (piazza Verbano – quartiere Trionfale) e 46 (piazza Indipendenza – quartiere Trionfale), istituite nello stesso anno lungo il viale del Muro Torto.
La costruzione contiene la stazione inferiore sul viale, il pozzo per le cabine e le scale di servizio nella falsa torre e la stazione superiore e la sala macchine nella costruzione superiore, al piano del Pincio. Il dislivello tra le due stazioni è di quasi 15 metri. L’orario di servizio era dalle 7 alle 23, con partenze ogni cinque minuti e in coincidenza con i passaggi delle linee.
L’ascensore per il Pincio cessa il servizio nel 1959 quando, per le Giochi Olimpici del 1960, è realizzato l’asse automobilistico Corso d’Italia – Piazzale Flaminio, con l’eliminazione della linea tranviaria che correva lungo le mura di viale del Muro Torto. Nell’agosto del 1960, per le Olimpiadi, il servizio è riattivato nei giorni di sabato, domenica e festivi, per poi essere definitivamente chiuso.

IL GAZOMETRO Il Gazometro (conosciuto anche come Gasometro e Luxometro) è stato il gasometro più grande d'Europa ed è si...
29/05/2024

IL GAZOMETRO
Il Gazometro (conosciuto anche come Gasometro e Luxometro) è stato il gasometro più grande d'Europa ed è sito nel quartiere Ostiense di Roma.
Costruito dalla società genovese Ansaldo tra il 1935 e il 1937, è diventato con il passare degli anni un simbolo indiscusso del X quartiere romano, rappresentando un esempio importante di archeologia industriale.
Il gazometro fu progettato nel 1909 insieme allo stabilimento del gas (oggi sede romana di Italgas) voluto dal sindaco Ernesto Nathan.
La struttura ferrea del Gazometro è stata montata dalla società genovese Ansaldo e dalla tedesca Klonne Dortmund tra il 1935 e il 1937 ed è affiancato da altri tre gasometri, di cui due inutilizzati e uno adibito a parcheggio. I tre gasometri "minori" sono stati costruiti dalla Samuel Cuttler & Sons di Londra tra il 1910 e il 1912 ed hanno rispettivamente una capacità di 25 000 e 60 000 m³.
Al momento del suo posizionamento si contano un'altezza di 89,10 m, un diametro di 63 m e una lunghezza complessiva di 36 km per i 1 551 pali infissi. Il volume del gasometro maggiore è di 200 000 m³.
Dopo la dismissione, il gasometro vero e proprio, ossia il gigantesco cilindro cavo che conteneva il gas, è stato rimosso; quel che si vede oggi è la struttura metallica che lo circondava.

Mausoleo di Augusto come appariva dopo i lavori ,eseguiti nel 1934,con la rimozione degli edifici circostanti e del teat...
28/05/2024

Mausoleo di Augusto come appariva dopo i lavori ,eseguiti nel 1934,con la rimozione degli edifici circostanti e del teatro che occupava la parte superiore della tomba. In questa occasione venne realizzata la nuova piazza Augusto Imperatore con la costruzione dei grandi edifici (visibili nella foto) adibiti alla nuova sede della Direzione Generale dell'INPS: Foto anni 40.

IL MANDRIONEIl Mandrione è un'area urbana del Municipio Roma VII di Roma Capitale. È posto alla destra del tratto inizia...
28/05/2024

IL MANDRIONE
Il Mandrione è un'area urbana del Municipio Roma VII di Roma Capitale.
È posto alla destra del tratto iniziale della via Casilina.
Prende il nome dalla via che la attraversa, da via Casilina (altezza Pigneto) a via Tuscolana (altezza Porta Furba), la quale a sua volta si rifà all'antica usanza di portare nei prati di allora mandrie a pascolare.
La zona fu inizialmente occupata dagli sfollati del bombardamento di San Lorenzo del 1943, che vi costruirono delle baracche sotto gli archi dell'acquedotto Felice. Successivamente, dagli anni '50, divenne famosa come zona di zingari e pr******te.
Il Mandrione è citato in diverse opere letterarie e cinematografiche, fra tutte quelle di Pier Paolo Pasolini che è stato anche spesso ritratto mentre passeggiava per via del Mandrione e nei suoi dintorni.
Nonostante l'intento politico e culturale volto a riqualificare l'area, via del Mandrione rimase fortemente degradata fino alla seconda metà degli anni '70, quando il lavoro svolto dal 1975 al 1984 da Angelina Linda Zammataro, nota anche come Linda Fusco - psicologa e pedagogista, fondatrice del metodo della psicoanimazione - riuscì a dare una svolta risolutiva, tanto che, negli anni successivi, il Mandrione è diventato una zona residenziale dalla viva attività artigianale, dove, affiancati all'acquedotto, si alternano esercizi commerciali, anche di una certa eleganza,[senza fonte] palazzine, officine, botteghe di artigiani, treni (almeno 3 linee ferroviarie si snodano intorno alla via principale).
Linda Zammataro, durante la sua sperimentazione nella scuola elementare "G. Cagliero" nel quartiere Appio-Tuscolano di Roma, si trovò ad affrontare il problema dell'integrazione degli zingari nella scuola. La scientificità del suo metodo la portò a prendere visione dell'ambiente famigliare dei bambini della comunità ROM del vicino vicolo del Mandrione. Le condizioni di vita erano inaccettabili: roulotte e baracche erano immerse nel fango e mancava l'acqua corrente. Non era possibile pensare all'inserimento nella scuola - presupposto essenziale per l'integrazione nella società - senza prima risolvere degnamente il problema abitativo.
Così iniziò una lunga operazione politico-culturale che portò alla creazione di una coscienza civica negli zingari lì residenti. Dopo una lunga mobilitazione, che ha visto la realizzazione per la RAI di due documentari dal titolo Al margine e Essere zingari al Mandrione - regia di Gianni Serra - la produzione delle mostre Crescere zingaro al Mandrione e Zingaro a tre anni presentata al Continente Infanzia, Angelina Linda Zammataro riuscì a fare assegnare dal Comune di Roma agli zingari e ai baraccati di via del Mandrione degli alloggi popolari a Spinaceto, periferia sud di Roma.
L'abbandono del Mandrione da parte dei suoi abitanti coincise con l'abbattimento delle baracche per impedire che le stesse venissero occupate da altri disperati. Da quel momento ha avuto inizio il processo di riqualificazione e di recupero del territorio.

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