Wee Art Tour

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� Viaggi cultural
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Il primo week end di Settembre Monza si tinge di rosso.L’Autodromo ospitato nel cuore del Parco di Monza viene preso d’a...
01/09/2024

Il primo week end di Settembre Monza si tinge di rosso.
L’Autodromo ospitato nel cuore del Parco di Monza viene preso d’assalto da migliaia di appassionati di Formula1 e il centro cittadino si riempie di curiosi e turisti, complice l’agenda fittissima di eventi collaterali.

Per l’occasione vi svelo alcune curiosità sull’Autodromo Nazionale:

🏎️ I lavori di costruzione iniziano nel gennaio del 1922, per celebrare il 25° anniversario di nascita dell’Automobile Club di Milano, che aveva come presidente Silvio Crespi (si, quello del villaggio operaio).
Fu terminato in soli 110 giorni (un vero record!)
🏎️ Il primo Gran Premio d’Italia nel 1922 fu vinto da Pietro Bordino, al volante di una Fiat 804. Sia Michael Schumacher che Lewis Hamilton hanno collezionato ben 5 primi posti a Monza e la scuderia più titolata è la Ferrari (19 vittorie).
🏎️ A Monza si misero a punto alcune inedite innovazioni tecnologiche: telepass, guard-rail e l’asfalto drenante.
🏎️ Durante la Seconda Guerra Londiale fu trasformato in rifugio per gli animali dello Zoo di Milano.
🏎️ La pista è lunga 5793 metri, e viene chiamata “Il Tempio della Velocità”: qui Montoya nel 2005 raggiunse i 369 km/h.

In foto: momenti di ordinaria amministrazione durante Il GP!

Le vite dei santi mi hanno sempre incuriosito.Mia nonna possedeva una collana di libri dedicati all’agiografia e quando ...
11/08/2024

Le vite dei santi mi hanno sempre incuriosito.
Mia nonna possedeva una collana di libri dedicati all’agiografia e quando andavo a trovarla mi divertivo a sfogliare il libro del mese cercando il Santo del giorno.

Oggi si celebra Santa Chiara, che sovente viene messa in secondo piano da San Francesco, cancellata nella seconda versione della biografia dello stesso e spesso relegata a “comparsa” che ha ripiegato nella vita ascetica visto che l’amore per il ragazzo di Assisi non era ricambiato.

Quante inesattezze.

Basta dare un’occhiata alle scene dipinte nella “Tavola di Santa Chiara”, custodita nell’omonima chiesa di Assisi per rendersi conto di quanto sia stata una donna forte e sicura delle sue scelte.

Nata nel 1193 dalla nobile famiglia di Favarone degli Offreducci, sente il desiderio di abbracciare la vita religiosa a soli 18 anni, quindi corre da Francesco, gli chiede di tagliarle i capelli e si fa suora.
Lo zio Monaldo non è contento che la nipote abbia abbracciato il pauperismo e tenta invano di trascinarla fuori dalla chiesa e di percuoterla. Niente da fare: lei mostra la testa rasata davanti ai parenti ammutoliti, il suo corpo è più pesante del piombo e il braccio dello zio si blocca in aria.
Chiara è libera di seguire la sua via.

Vive in estrema povertà, seguendo all’estremo i dettami di Francesco: se lui dormirà su un semplice giaciglio, lei avrà come letto la terra battuta e una tavola di legno come cuscino; se lui mangiava pochissimo, lei digiunava più giorni e si concedeva solo un bicchiere di vino rosso (penitente si ma con stile)

Ma la sfida più grande fu quella di vedere approvata la propria Regola.
La prima regola monastica scritta da una donna, in un mondo in cui solo gli uomini dettano legge.

Chiara morirà stringendo a se la bolla papale vagliata da Innocenzo IV, accompagnata da una delle sue visioni, che la renderanno poi la patrona della televisione.

Sant’Anna Metterza.Mi ha sempre incuriosito questa parola.Metterza: “mi è terza”.Questa parola indica una posizione di u...
26/07/2024

Sant’Anna Metterza.
Mi ha sempre incuriosito questa parola.
Metterza: “mi è terza”.
Questa parola indica una posizione di una persona rispetto ad un’altra.
Nel nostro caso fa riferimento alle immagini che raffigurano una triade: Gesù bambino, la Vergine Maria e sua madre Sant’Anna.

La nonna di Gesù viene sempre raffigurata dietro a Maria: la dipingono come una donna imponente, che con un grande abbraccio avvolge figlia e nipote, sulle sue ginocchia regge il “peso divino” del figlio di Dio, ne diviene il Trono di Grazia.

Tra le opere d’arte che più mi piacciono e che meglio rappresentano l’amore che si instaura tra una madre e un figlio, e ancora tra un nonno e un nipote, c’è il Cartone di Sant’Anna di Leonardo Da Vinci.
Chiamarlo bozzetto preparatorio è riduttivo, fatto sta che questo disegno a gessetto e biacca su carta è la prova di una tavola lignea che i frati Serviti della Santissima Annunziata di Firenze gli commissionarono nel 1500.
L’artista era appena tornato dal lungo soggiorno milanese e aveva necessità di trovare committenze che lo impegnassero: il cartone, una volta terminato, divenne celebre in tutta la città.

Ma siamo sicuri che questo sia il “bozzetto” per la pala fiorentina?
I dubbi sorgono quando si trova una lettera che descrive l’opera in cui si parla di Gesù Bambino che si sporge dalle braccia della madre per stringer un agnello: ma l’agnello nell’opera londinese non c’è.

Grazie a documenti e lettere scopriamo che nel 1500
Luigi XII re di Francia commissiona a Leonardo (quando era ancora a Milano) una pala con lo stesso soggetto e questo cartone viene poi acquistato dalla famiglia Arconati e successivamente finisce nelle collezioni della National Gallery di Londra.

Fatto sta che abbiamo due opere con un soggetto simile ma veicolato in modo diverso.
E il cartone londinese è servito a Bernardino Luini per dipingere la celebre Sacra Famiglia custodita nella .

Per gli appassionati di Leonardo: avete notato il gesto della mano di Anna? Richiama quello del San Giovanni Battista del Louvre e di San Tommaso nell’Ultima Cena milanese (👉🏻👉🏻👉🏻)

Santa Maria delle Grazie è una delle chiese più famose di Milano.Noi guide turistiche ci facciamo sempre una capatina qu...
24/07/2024

Santa Maria delle Grazie è una delle chiese più famose di Milano.

Noi guide turistiche ci facciamo sempre una capatina quando spieghiamo il Cenacolo Vinciano: raccontiamo di Gaspare Vimercati che dona ai domenicani un terreno e la piccola ca****la che vi era ospitata, narriamo dei celebri architetti che l’hanno costruita e della grandiosa tribuna di quel geniaccio del Bramante, ci soffermiamo sulla ca****la della Santa Corona e immaginiamo come avrebbe potuto stare l’Incoronazione di Spine di Tiziano al centro dell’altare, prima di essere portata al Louvre dai Francesi, e infine passeggiamo a bocca aperta nel chiostro delle rane.

Ma c’è un dettaglio su cui mi piace “perdere tempo”: le imprese sforzesche sull’esterno dell’abside.

Nata come chiesa di un convento e trasformata poi in mausoleo di famiglia per volere di Ludovico il Moro, questo imponente edificio celebra le casate Visconti e Sforza con una carrellata di imprese, ovvero “una rappresentazione simbolica di una linea di condotta, costituita da un motto e da una figura che vicendevolmente si interpretano”.

In pratica oggetti, animali, decorazioni e parole raccontano ciò che rende fiero e unico il proprietario della stessa impresa araldica, che si è scelto per autoincensarsi e celebrare le proprie lodi

Un esempio: due alti fari tra onde funeste (impresa dei “Fanali”) celebrano la conquista del porto di Genova da parte dei Milanesi, non senza estrema fatica.
Lo stesso motto (“Non mi dispiace faticare per non perdere un simile tesoro”) ci racconta sia l’ottimismo che il coraggio dei protagonisti di questa grande casata.
Se vuoi conoscere tutte le imprese dai un’occhiata al sito www.storiadimilano.it

S.D.: “Prendiamo un’anatra e le mettiamo della dinamite nel sedere. Quando l’anatra esplode, io salto e tu fai la foto”....
16/07/2024

S.D.: “Prendiamo un’anatra e le mettiamo della dinamite nel sedere. Quando l’anatra esplode, io salto e tu fai la foto”.
P.H.: “Dimentichi che siamo in America. Se iniziamo a far esplodere le anatre, ci mettono in prigione”.
S.D.:”Hai ragione. Prendiamo dei gatti e schizziamoli con l’acqua”.

Si, lo so, questo dialogo è terribile, vi@lento e al limite del surreale.
Ma è davvero successo.
Tutto parte dal momento in cui Salvador Dali spiega al fotografo Philippe Halsman il significato del titolo di una sua opera iconica: Leda Atomica.

“In un atomo tutto è in sospensione,
gli elettroni, i protoni, i mesoni, i neutroni e altre schifezze”, risponde Dalí “e poiché vivo in un’epoca atomica, devo dipingere tutto ciò che è sospeso nello spazio”.

Halsman lo richiama il giorno dopo perché ha un progetto unico in mente: lasciare cristallizzato in un attimo tutto ciò che lui sta dipingendo.

Ed eccoli nella camera di un hotel, Halsman ha appeso una serie di oggetti al soffitto, legandoli con fili invisibili, insieme ad una grande copia della sua opera, tre assistenti stringono in braccio un gatto, un altro regge un catino per l’acqua.

Halsman inizia a contare e al “tre” gli assistenti lanciarono i gatti e l’acqua, mentre Dalí salta.

Il fotografo sviluppa la pellicola: non gli piace.
Torna nella camera: “ Pulite tutto! Si rifà da capo!”

Dopo cinque ore e ventisei lanci ecco lo scatto perfetto.

Ne è valsa la pena?
La fotografia è stata pubblicata dalla rivista Life, ha fatto il giro del mondo ed è stata inclusa nella mostra Fifty Great Photographs of the First Half of the Twentieth Century.

Piccola curiosità: Halsman è l’autore anche due altre opere controverse ma celeberrime: Dali Skull Voluptas Mors e il libro “I Baffi di Dalí” .
(Scorrete a 👉🏻per vedere di che si tratta).

“Non esiste la macchina fotografica perfetta? Nessun problema, me la costruisco da solo!”Deve essere andata più o meno c...
15/07/2024

“Non esiste la macchina fotografica perfetta? Nessun problema, me la costruisco da solo!”

Deve essere andata più o meno così nella mente di Halsman quando nel 1936, si fece costruire da un falegname una reflex biottica 9x12 cm.

E con quella inizia a scattare per l’Europa, un’Europa che conosce come le sue tasche.
Lui, che nasce in Lettonia da una famiglia ebrea, si sposta a Dresda per studiare ingegneria, corre a Parigi dove nasce l’amore per la fotografia, ripara negli Stati Uniti allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Nella sua lunga carriera si specializzerà nei ritratti, che lui concepisce come dei veri racconti psicologici: “lo scopo è condensare un carattere o un’espressione nell’immagine più semplice possibile, ma che abbia tutta la concentrazione di una formula matematica”.

E in un mondo che già virava prepotentemente verso il colore, lui resterà (quasi) sempre fedele al bianco e nero.

Nella mostra a lui dedicata a Palazzo Reale, due sono le sezioni che più mi hanno incuriosito: quella dedicata ad artisti, registi o attori, e quella che elogia la Jumpology,

Di che si tratta?
Invita i suoi ospiti a saltare di fronte all’obiettivo della macchina fotografica, così da poter gettare a terra qualsiasi tipo di maschera che la società o la stessa posizione lavorativa ti impone.

E quindi?
Chi salta davanti a Philippe Halsman?
Marylin Monroe, Richard Nixon, il Duca e la Duchessa di Windsor, Grace Kelly e Audrey Hepburn.

E quando lo fa?
Dopo una comune seduta di posa fotografica.

Quindi immaginatevi Oppenheimer, uno dei più grandi fisici dello scorso secolo che, dopo aver posato di fronte all’obiettivo, si mette a saltare di fronte alla sua lavagna, col dito puntato verso il cielo.

Philippe Halsman. Lampo di genio.
📍 Palazzo Reale Milano
📆 dal 15 giugno al 01 settembre 2024.

Domani vi racconto della foto più iconica di Halsman che ha come protagonista Salvador Dalí!

ERNST SCHEIDEGGER.Si, lo so, avete dovuto leggerlo lentamente.È un nome difficile da pronunciare, e forse alcuni di voi ...
11/07/2024

ERNST SCHEIDEGGER.
Si, lo so, avete dovuto leggerlo lentamente.
È un nome difficile da pronunciare, e forse alcuni di voi nemmeno sanno chi sia.

Però probabilmente conoscete le sue fotografie.
Perché ritraggono i più celebri artisti dello scorso secolo mentre lavorano e posano all’interno dei loro atelier.

Capita spesso nella fotografia, che ci ricordiamo uno scatto ma non l’autore.
Così riconosciamo il bacio del marinaio, il tizio che salta con l’ombrello, la bambina che corre piangendo per la strada dopo che è stata colpita da una bomba al na**lm.

E non ci ricordiamo che sono opera di Alfred Eisenstaedt, Elliott Erwitt, Nick Ut.

Allora con questo post voglio consigliarvi una mostra dedicata al “fotografo degli artisti”, quello dallo strano nome.

Nato nel 1923 in Svizzera, lavora per la Magnum Photos come fotoreporter e collaboratore, ma parallelamente porta avanti una carriera da pittore, grafico, regista e gallerista.

I primi scatti raccontano un Europa pronta a ripartire dopo la Seconda Guerra Mondiale, con un taglio da Nouveau Realisme dedicato alla gente comune, ai saltimbanchi, ai bambini, ballerine e clown di strada, luna park e sagre di paese.

Poi entra in punta di piedi nel mondo dell’arte e dietro l’occhio della sua Rollieflex
Racconta gli artisti del Novecento.

Amico sincero di Alberto Giacometti, che conosce durante il servizio militare in Engadina, nel 1943, lo racconterà coi suoi scatti come nessun altro.

La mostra mette a dialogo gli scatti del fotografo francese con le opere degli artisti immortalati.
Ecco quindi che ci troviamo a passeggiare nelle sale del museo guidati dai ritratti di Scheidegger e dalle opere di Giacometti, Chagall, Miró, Dalí e Le Corbusier.

Egli fotografa anche la morte, percepita come assenza: lo scatto dell’atelier vuoto dell’artista Sophie Tauber Arp lascia il visitatore ad un’amara riflessione personale.

Faccia a faccia. Giacometti, Dali, Miró, Ernst, Chagall. Omaggio a Ernst Scheidegger 
📍 MASI Lugano (sede LAC) 
📆 dal 18 febbraio al 21 luglio

NON SOFFIARE SULLE OPERE.Devo ammetterlo, questo cartello mi ha fatto sorridere.Perché una delle prime cose che ti viene...
08/07/2024

NON SOFFIARE SULLE OPERE.

Devo ammetterlo, questo cartello mi ha fatto sorridere.
Perché una delle prime cose che ti viene istintivo fare di fronte ad un’opera di Calder è proprio soffiarci sopra.
Per vedere come si muove, come gira, come cambia in un batter d’occhio, scoprire che quella che pensavi fosse una linea in realtà è un cerchio.

A Lugano, fino al 6 ottobre, vi aspetta la mostra "Calder. Sculpting Time", e vi conviene non farvela scappare.

Ma chi è sto tizio che scolpisce il vento?

Figlio d’arte (il nonno e il padre erano scultori, la madre ritrattista), inizia a sperimentare con i materiali che trova in casa, creando sculture semovibili nel seminterrato, muovendosi tra fil di ferro, carta colorata e perline per le bambole.

Si laurea in ingegneria meccanica, ma poi insegue la sua passione per l’arte fino a Parigi dove, dal 1926 realizza il Circo Calder: grazie a fil di ferro, spago, gomma e stracci crea un circo in miniatura, che custodisce all’interno di una valigia e trasporta in giro per due continenti.

Dal 1930 si getta nell’astrazione.
Realizza con le sue mani installazioni fatte di linee, punti, colori primari, corpi mobili che fluttuano nell’aria che il suo amico Duchamp battezza “Mobiles”, poi indaga anche forme più concrete, massicce, composte però da pieni e vuoti, denominate “Stabiles”, e qui ci mette lo zampino l’altro amico e collega fidato: Jean Arp.

Si tratta di arte cinetica? Di arte astratta? Di Informale?
Sono tutte queste cose messe insieme e forse nemmeno quello.
È un nuovo modo di vedere l’arte e la terza dimensione, aggiungendone una quarta, ovvero quella temporale, l’azione che il fruitore compie per approcciarsi alla scultura stessa.

Sono opere in continua mutazione, trasformate dall’ambiente in cui sono collocate e dal minimo spostamento d’aria che può essere causato da un uomo, una donna, un bambino (❤️), una folata di vento.

Giocare con il tempo e con lo spazio, dando importanza ad ogni singolo movimento, anche se impercettibile.
Perché alla fine la storia è sempre quella.

La mutevolezza e la non finitezza sono parte dell’essere umano, e forse è ora che ne prendiamo coscienza.

Ogni tanto fa bene uscire dalla propria comfort zone, mettersi in gioco, vedere le cose da un altro punto di vista, asco...
03/07/2024

Ogni tanto fa bene uscire dalla propria comfort zone, mettersi in gioco, vedere le cose da un altro punto di vista, ascoltare nuovi esperti, imparare parole nuove.

E allora ho progettato con una visita guidata a due voci: quella della storica dell’arte e quella della filosofa pratica.

Abbiamo scelto la mostra “800 lombardo. Ribellione e conformismo, da Hayez a Segantini” e l’abbiamo usata come banco di prova.

Ci siamo passate il microfono, accompagnando i visitatori nelle sale, passando dal racconto oggettivo del quadro scelto, legandolo al contesto in cui è stato realizzato, alla visione personale e universale dell’opera.

Abbiamo ragionato su quanto Ribellione e Conformismo siano legati: ciò che è ribelle, innovativo e sfrontato all’inizio, si ritroverà vetusto, noioso e conservatore in una manciata di anni.

In un solo secolo si sono succeduti numerosi artisti afferenti ai più disparati movimenti artistici: dai Romantici agli Scapigliati, dai Macchiaioli ai Divisionisti, senza contare chi non si è mai sentito ingabbiato in alcuna definizione.

Se guardo quest’opera con gli occhi dell’800, che messaggio ci leggo? E se lo osservo con quelli di un uomo o di una donna del 2024? Oggi cosa mi rappresenta? quali simboli associo alle loro rappresentazioni?

Questo viaggio ci è piaciuto e stiamo già lavorando al prossimo appuntamento!
La prossima volta sarà più … dinamico!

Non possiamo spoilerare nulla, dovete solo attendere!

Lasciare un segno, dicevamo.Non solo con iscrizioni ma anche con manufatti.E addentrandoci ancora più nelle profondità d...
02/07/2024

Lasciare un segno, dicevamo.
Non solo con iscrizioni ma anche con manufatti.
E addentrandoci ancora più nelle profondità della grotta di San Michele, si aggiungono tasselli alla storia del santuario.

I musei TECUM sono divisi in tre sezioni: le Cripte, il Museo Lapidario e il Museo Devozionale.

A metà del secolo scorso vengono riportate alla luce e studiate le cosiddette “cripte longobarde”, primitiva sede di preghiera e sepolcreto, lunghe 60 metri, poi abbandonate e coperte dal nuovo piano di calpestio della chiesa.
Più di 200 nomi sono stati incisi sulla roccia, almeno 97 di origine germanica che confermano l’importanza del santuario come “coda” della Via Francigena poi verso la Terrasanta.

Il Museo Lapidario, raccoglie manufatti scultorei provenienti dagli scavi del Santuario e da alcuni complessi religiosi della città di Monte Sant’Angelo e non solo.

Oltre a beni di lusso donati da imperatori troviamo oggetti d’uso comune, che raccontano la proveniva sociale dei pellegrini.
Merita un plauso l’allestimento, che valorizza anche capitelli, statue e la
meravigliosa fontana proveniente dall’abbazia di S. Maria di Pulsano: su ogni lato viene scolpita una delle scene della vita di Cristo.

Ultimo ma non meno importante il Museo Devozionale: un luogo che custodisce ex voto e tavolette votive un tempo collocate lungo le pareti della scalinata angioina.
Tra le altre sono da segnalare cuori o parti anatomiche in argento indicanti evidentemente quelle risanate (anche gli etruschi usavano realizzare questi ed voto da donare alla divinità prescelta) e piccoli dipinti che immortalano il momento cruciale nel quale si è concretizzato l’intervento dell’Arcangelo (foto n. 7 e 8)

Quando visitare il santuario, non dimenticate di fare salto ancora più sottoterra, il ventre della grotta dell’Angelo vi svelerà nuovi segreti.

Lasciare un segno.Questo è in poche parole quello che fa l’uomo, da sempre.Prima sul muro di una caverna, poi sulle pare...
01/07/2024

Lasciare un segno.

Questo è in poche parole quello che fa l’uomo, da sempre.
Prima sul muro di una caverna, poi sulle pareti di una casa, sulle volte delle chiese, sulle tavole di legno e poi sulle tele.

Raccontare a tutti la sua presenza.

Nel Santuario di San Michele in Puglia, vi numerose iscrizioni sulle pareti della scalinata che porta alla grotta, sugli affreschi, attorno agli altari.
Tutta la superficie disponibile era tappezzata di “segni di presenza”, così vengono chiamati.

Nomi, date, simboli, e ancora silhouette di piedi e di mani.

Immaginiamo di essere dei pellegrini.
Scendiamo la lunga scalinata composta da 86 gradini, sopra la nostra testa grandi volte ogivali, la luce giunge da piccole finistre a strombo sui lati e accanto a noi alcune arcate segnalano la presenza delle sepolture delle antiche famiglie del luogo.

Ovunque riecheggiano le parole dell’Arcangelo Michele “Dove si spalanca la roccia, lì saranno perdonati i peccati degli uomini”.
Laggiù, nel cuore del santuario viene custodita la statua di San Michele Arcangelo, in marmo bianco di Carrara.
In abiti da legionario, calpesta satana raffigurato come un mostro dal viso di scimmia, la zampe di capro, gli artigli di leone e la coda di serpente.
La forza del suo operato stride con il suo volto: giovane, perfetto, dolce, ornato da riccioli e boccoli.
Nel braccio destro stringe la spada che ogni 29 settembre viene recata in solenne processione per le vie del paese.

Immaginate di osservare tutto questo con gli occhi dei pellegrini.
Hanno attraversato l’Italia, con il loro bastone e il mantello, chiedendo ospitalità a chi trovavano sul loro cammino, camminando giorni sotto il sole cocente o l’acqua incessante.

E sono arrivati qui.

“Terribile è questo luogo. Qui è la casa di Dio e la porta del cielo.”

Queste parole le hanno lette sul portale d’ingresso e ora, scesi tutti i gradini in ginocchio, possono sentirsi liberi del fardello che li ha accompagnati.

E lasciano un segno.

Nei cieli infuriava una battaglia.Il più luminoso tra gli angeli si era macchiato di due peccati imperdonabili: la super...
28/06/2024

Nei cieli infuriava una battaglia.
Il più luminoso tra gli angeli si era macchiato di due peccati imperdonabili: la superbia e l’invidia. Si era posto al pari di Dio ed era invidioso dell’uomo, l’essere verso cui Dio aveva riposto il suo amore.
La guerra iniziò, solo uno tra gli angeli poteva sconfiggerlo. Il suo nome era Michele.
Prese la sua spada e lo scacciò dal Regno dei Cieli, gettandolo negli Inferi.
La sua lama lasciò impressi dei segni sulla Terra: qui si fondarono monasteri.
Dall’Irlanda alla Francia, dall’Italia ad Israele.

Siamo a Monte Sant’Angelo, un paesino in provincia di Foggia 796 metri sul livello del mare.
Qui esiste una caverna, profonda, scavata nel calcare bianco: da sempre l’uomo l’ha ritenuta importante, dal potere mistico e religioso.
Strabone parla di un tempio dedicato a Calcante, indovino e sacerdote di Apollo, poi nel V secolo, sotto dominio bizantino, diviene sede di un fatto miracoloso che ha come protagonista l’Arcangelo Michele, e viene costruito un primtivo santuario.

Non vi si accedeva dalla piazza come oggi, ma da una lunga e ripida galleria che conduceva direttamente alla profonda caverna.

Giungono i Longobardi, attribuiscono all’Arcangelo Michele le stesse virtù del loro Dio guerriero e Odino.
Questi stranieri venuti dal nord trasformano il santuario nel loro sacrario nazionale, divenendo di fatto luogo di pellegrinaggio.

Dopo un attacco per mano dei Saraceni, l’edificio viene arricchito con affreschi, pilastri, capitelli decorati, donandogli un ingresso trionfale con enormi porte di bronzo istoriato.
Ma fu con gli Angioini che si decise di collegare la Grotta con l’abitato superiore, prolungando le rampe di scale e aggungendo una grande navata per accogliere un numero maggiore di pellegrini.

Negli anni a ve**re vennero costruiti numerosi edifici, fino a donare al complesso la struttura che conosciamo oggi.

Ma cosa vi aspetta una volta solcata la soglia?
Ve lo racconto in un altro post, nel frattempo, ricordate di cercare sempre la conchiglia, vero rifugio e testimone del passaggio di uomini nei secoli passati.

Io non lo so perché i Longobardi mi piacciono così tanto.Forse perché nei libri di scuola se ne parla poco, un breve cap...
27/06/2024

Io non lo so perché i Longobardi mi piacciono così tanto.
Forse perché nei libri di scuola se ne parla poco, un breve capitolo che cita Alboino, Teodolinda, Rotari e alla fine tutti impariamo dove sia sta benedetta Pannonia.

Forse mi piacciono perché sono arrivati in un momento di stallo in Italia, dove la guerra greco-gotica ha lasciato macerie, loro hanno visto la possibilità di ricostruire.
Si sono insediati e nel giro di soli due secoli sono diventati parte integrante della società, riconoscendo di essere “ospiti” e diventando poi “locali”.
Forse mi piacciono perché, se i Romani sono stati il Popolo del marmo, loro di sicuro erano quelli dell’Oro e dello Stucco.
Forse mi piacciono perché siamo abituati a vederli (erroneamente) come eredi dei Barbari che hanno causato la fine dell’Impero Romano, e come tali li abbiamo sempre catalogati.
Ne abbiamo tralasciato usi, costumi, contaminazioni religiose che poi noi abbiamo acquisito e sono diventate parte della nostra cultura medievale.
Forse mi piacciono perché si sono spinti verso Sud, fino a Benevento e poi in Puglia.

E a me questa cosa che Cividale sia legata a Civate, che poi sia connessa a Spoleto e poi ancora a Monte Sant’Angelo, mi lascia sempre col sorriso.

Perché hanno plasmato una rete di connessioni simile a quelle delle loro armature di metallo, fatte di nodi e fibbie a staffa, decorate da pietre color del sangue e filigrana dorata, impossibili da sciogliere.

E a me parlare di connessioni piace sempre tanto, perché l’arte costruisce ponti dove l’uomo innalza i muri.

E in questa foto mi vedete sorridente e soddisfatta perché ho quasi completato le tappe del percorso UNESCO dedicato ai Longobardi in Italia.

✅ Cividale del Friuli
✅ Brescia
✅ Benevento
✅ Castelseprio
❌Spoleto
❌ Campello sul Clitunno

E voi?
Quali avete già visitato?

Scaldate le agende!Ecco a voi gli appuntamenti della prossima stagione (partiamo in anticipo lo so, ma alcuni di voi si ...
26/06/2024

Scaldate le agende!
Ecco a voi gli appuntamenti della prossima stagione (partiamo in anticipo lo so, ma alcuni di voi si stanno già prenotando!)

♥️♥️♥️

Osservare i quadri inforcando degli occhiali speciali.Anzi, non solo un paio ma addirittura tre.Analizzare un’opera d’ar...
24/06/2024

Osservare i quadri inforcando degli occhiali speciali.
Anzi, non solo un paio ma addirittura tre.

Analizzare un’opera d’arte tentando di leggerla con gli occhi di un tempo, con lo spirito contemporaneo e con un’analisi personale.

È l’obiettivo che ci siamo poste io e Sarah Emanuela quando abbiamo deciso di buttarci in questa avventura a due voci: leggere l’arte con l’occhio di una storica dell’arte e la mente di una filosofa pratica.

Abbiamo scelto di condurvi alla scoperta della mostra “800 lombardo. Ribellione e Conformismo da Hayez a Segantini” la mattina di sabato 29 giugno 2024.

È una sfida, sia per noi che per voi.
È una sfida perché ragionerete sul tema del bello, del personale, ribalterete lo sguardo cercando riferimenti paradigmatici di quanto rappresentato, passeremo dal particolare storico al significato universale dell’arte, un viaggio di solo 100 anni ma che può essere usato come metro per tutte le epoche.

Abbiamo lanciato una sfida: siete pront* ad indossare quegli occhiali speciali e ad affrontarla con noi?

La prima volta che ho visto un’opera di Edoardo Tresoldi era agosto 2019. Prima vacanza in tre in Trentino Alto Adige.Di...
21/06/2024

La prima volta che ho visto un’opera di Edoardo Tresoldi era agosto 2019.
Prima vacanza in tre in Trentino Alto Adige.

Diana di tre mesi nella fascia e via alla scoperta del Parco Arte Sella.
Li, incastonato tra le montagne, sopra un’altura circondata da alberi, ci aspettava un edificio trasparente, fatto di metallo, dove sassi, muschio e vento erano i protagonisti.

Poi l’ho ritrovato a Bernareggio, dietro casa, quasi per caso in un campo di grano.

Questa volta, in Puglia, sono andata io a cercarlo.

Nel parco archeologico di Siponto, Tresoldi ha letteralmente ricreato l’antica basilica paleocristiana distrutta da terremoti e azioni dell’uomo, di cui sono sorti i resti archeologici dopo una lunga campagna di scavi iniziata nel 1925 e durata ben 10 anni.

4500 metri di rete metallica dal peso complessivo di 7 tonnellate, ricostruiscono visivamente ciò che è stato e non è più.

Devo essere sincera, non sempre il dialogo tra antico e contemporaneo funziona.
Ma Tresoldi riesce a far parlare il fantasma di una chiesa che è stata nascosta per oltre mille anni tra terra, sassi e spighe di grano.

L’arte contemporanea in questo caso si piega al volere dell’archeologia, diventando un supporto didattico in scala 1:1 permettendo al fruitore di osservare e non solo immaginare come sarebbe apparsa una basilica paleocristiana a tre navate, soffitti a capriate lignee e pavimenti musivi nel cuore del Gargano.

Un’installazione che dialoga con la storia e la natura, nonostante l’impatto visivo notevole, è diventata parte imprescindibile della lettura del complesso museale, oltre ad essere casa per rondini e passeri (guardate un po’ quel nido tra i fili metallici 👉🏻 ultima foto del carosello).

Prossima fermata?
Reggio Calabria, dove sul lungomare mi aspetta l’installazione OPERA.

NB.
A chi storce il naso, è bene ricordare che a seguito di questo intervento il sito archeologico ha registrato un sostanziale incremento di visitatori.

“Sono solo quattro sassi”.Se decideste di visitare l’area archeologica di Siponto, vi accorgereste che in uno spazio ben...
20/06/2024

“Sono solo quattro sassi”.

Se decideste di visitare l’area archeologica di Siponto, vi accorgereste che in uno spazio ben definito si sono incrociati e sovrapposti i destini di uomini e pietre per più di 1500 anni, raccontando la storia di un territorio che ha visto succedersi teste coronate e bastoni pastorali pronti a lasciare il proprio segno nel tempo.
L’antica Siponto, nata come colonia romana dal 194 a.C. era tra i principali porti della Regio II, prima di dive**re anche sede di una delle maggiori diocesi della regione.
Immaginiamocela ricca di domus, edifici civili, persino un anfiteatro.
Viene abbandonata dopo l’impaludamento del porto e due violenti terremoti.
Agli inizi del 1200, gli abitanti allora si trasferiscono a pochi chilometri, nella novella città fondata da Re Manfredi, figlio dell’Imperatore Federico II di Svevia, (chiamata Manfredonia in suo onore).
onore).

Cosa resta dello splendore antico?
“Solo quattro sassi!” Così mi è stato detto quando ho comunicato ad un locale che sarei andata a visitare l’area archeologica.
Certo, “quattro sassi”, mosaici, una chiesa medievale, e decorazioni romaniche valorizzate da un’installazione di arte contemporanea dico io.

Oggi noi vediamo una chiesa a forma cubica sovrastata da una cupola sferica, un portale con leoni stilofori e una cripta con l’inusuale ingresso esterno.

Nel IV secolo avremmo visto una gigantesca basilica paleocristiana a tre navate, con soffitto a capriate lignee e ricchi mosaici pavimentali (ora custoditi nella chiesa medievale).
Aggrappata a questi resti viene costruita a cavallo tra XI e XII secolo, uno degli esempi più iconici dell’architettura romanica pugliese.
Per un periodo molto breve coesistevano parti dell’antica chiesa distrutta e le pareti di quella nuova, avendo in comune una sorta di nartece d’ingresso.
Questi “quattro sassi” nascondo una storia millenaria, fatta di uomini e pietre, di cambiamenti, ripensamenti, terremoti, aspettano solo di essere osservati e indagati, senza fermarsi alle apparenze.

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