Viaggio & Ritiro in India: Tantra e Grandi Templi

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Di Luca Rudra Vincenzini(conduttore del ritiro)"Esporrò i doveri eterni di un uomo e di una donna che rimangono sulla vi...
30/01/2023

Di Luca Rudra Vincenzini
(conduttore del ritiro)

"Esporrò i doveri eterni di un uomo e di una donna che rimangono sulla via del dovere ("dharma") sia nell'unione che nella separazione. Gli uomini devono rendere le loro donne dipendenti giorno e notte, tenerle sotto il proprio controllo (soprattutto) quelle che sono attaccate agli oggetti dei sensi. Il padre le protegge nell'infanzia, il marito nella giovinezza ed i figli nella vecchiaia. Una donna non è adatta all'indipendenza..." etc, etc, etc, Ma**smṛti o Mānava-dharmaśāstra, Leggi di Manu. Mettetevi comodi che ce n'è da dire su quella che fu e che è la relazione tra "dharma" e lingua sanscrita.

La meraviglia del Sanscrito e la sua strumentalizzazione nella cultura religiosa indiana.

Premetto che amo questa lingua e che, dopo aver studiato cinese all'università, ho ripreso nel 2018 il suo studio con i preparatissimi e generosissimi amici Diego Manzi e Iacopo Nuti. Ci vorranno anni per diventare bravo, ma questo non mi spaventa, perché lo studio è la mia vita. Dal 1990 pratico giornalmente la recitazione dei testi sacri (svādhyāya e nāmajāpa) perché è pratica centrale, assieme alla meditazione, del mio lignaggio. Ho premesso tutto ciò perché non voglio dare ad intendere che non credo nel potere logico-vibratorio di tale meraviglioso sistema linguistico. Però, a mio avviso, la strumentalizzazione del suo uso in seno alle pratiche spirituali è tutt'ora in atto.

Mi permetto allora di fare una digressione storica per contestualizzare la quaestio. Esistono 400 caratteri vallindi (ritrovamenti risalenti circa al 2000 a.C., probabilmente prima) che non sono stati ancora tradotti. Per motivi di immediatezza il protoindoeuropeo, importato dai viaggiatori seminomadi provenienti dall'Afganistan, venne utilizzato come lingua per il commercio anche in India, in quanto era conosciuto dagli altri popoli già entrati in contatto, per motivi merceologici, con i nomadi provenienti dagli Urali. Il suo uso condiviso convinse gli abitanti della valle dell'Indo ad utilizzarlo per il commercio, nonostante la società degli Harappan fosse già da secoli avanzata negli scambi via mare con la Mesopotamia (cfr. editto con gli Ittiti 1350 a.C.).

Dicevo che il protoindoeuropeo venne usato per il commercio sino a che si strutturò grammaticalmente prima nel vedico e poi nel sanscrito (regolamentato da Pāṇini nel suo Aṣṭādhyāyī, in una datazione non certa, orientativamente tra l'VIII ed il V secolo a.C., il Sanscrito dunque è una lingua per dotti confezionata appositamente da dei letterati per motivi di metrica).

La complessità della lingua, dunque, lo rendeva inaccessibile, quasi impossibile da imparare per i contadini versati in uno dei vari dialetti dell'India (prākṛta). Ciò ne decretò il passaggio, da lingua del solo commercio, a lingua rituale e di comando. Con essa i sacerdoti (periodo vedico) veicolavano l'ordine cosmico, le grazie dagli Dèi ed asservivano il popolo che, per paura della reazione dei numi, sedava le sue ansie finanziando per committenza l'azione rituale dei brāhmaṇa.

Quando poi con le Upaniṣad si decretò il passaggio dal bahiryāga (sacrificio esteriore) all'antaryāga (sacrificio interiore), il sanscrito venne riconosciuto come il setaccio per l'illuminazione. Come non era possibile, senza il Sanscrito, comunicare con gli Dèi nel periodo vedico, così in seguito non era ritenuto possibile raggiungere mokṣa, se non lo si conosceva. Lo studio del Sanscrito, però, era concesso ai soli uomini appartenenti alla casta sacerdotale (Brāhmaṇa), la quale dall'era del Gange in poi fu a servizio delle varie monarchie che si avvicendarono nei secoli. Al popolo non era permesso il suo studio, perché esso era il linguaggio dei dotti, degli uomini potenti, di coloro che di fatto sottomettevano: donne, poveri ed ignoranti. Era il mezzo linguistico attraverso il quale si manteneva vivo l'asservimento delle classi operaie: "voi non capite, ci pensiamo noi altri".

In seguito, l'approccio esclusivista, sul Sanscrito come lingua madre, fu cavalcato anche dal tantrismo śaiva (mia passione) ma non da quello bauddha e śākta che, invece, utlizzarono, molto più democraticamente, altre lingue come strumenti per il mantrayāna e per la programmazione del corpo yogico (bīja nei gangli sottili). La storia dell’India, soprattutto grazie ai movimenti śākta con a capo la dea Durgā, stanca della strumentalizzazione fatta dal potere centrale sulla lingua di corte, smentì l'assioma sanscrito=liberazione tipica della spiritualità legata alla tradizione, riempiendo la letteratura, soprattutto nel periodo medievale, di illuminati incolti che parlavano solo i dialetti (Mahārāṣṭra, Tamilnāḍu, Beṅgala, Kāśmīr, Nepal, Tibet, etc, etc, etc).

Pur amando visceralmente questa lingua non posso tacere la verità e asserisco che sono sostanzialmente d'accordo con la letteratura prākṛta, ovvero sul fatto che non ci sono limiti linguistici alla fruizione dell'Assoluto. Questo principio di universalità, anche se l'illuminante tantrismo śaiva fu in kāśmīr portato avanti da eruditi, è perfettamente in asse con il non-dualismo assoluto. Ritenere che non possa esserci risveglio senza il sanscrito corrisponde: ad un atto d'ignoranza dell'essere umano verso l'Assoluto, alla proiezione di un limite sulla libertà (svātantrya) della Matrice, nonché al perpetuarsi del "razzismo" che contraddistinse secoli di classismo castale (le verità che toccano i tabù culturali sono sempre scomode ma solo così si vede chi è votato alla libertà e chi si fa operaio del sistema).

La storia dell'umanità, fortunatamente per tutti, è colma di realizzati che non conobbero mai il sanscrito e di grammatici che, pur conoscendolo, si macchiarono di peccati nefasti. Nei racconti dei bhakta medievali si narra delle persecuzioni fatte da paṇḍit e brāhmaṇa nei confronti di santi illetterati; molti eruditi o sedicenti tali rimasero intrappolati nella rete del potere personale. Contro tale strumentalizzazione politico-linguistica si schierarono: il Buddha storico, il quale parlava i dialetti del nord est (Valle del Gange), soprattutto il magādhi, ed i cui insegnamenti furono trascritti in Pāli; i siddha del bacino himālayano; nonché quelli del sud dell'India e gli esponenti della poesia devozionale, principalmente vaiṣṇava, del centro.

Con ciò cosa voglio affermare? Che se un sistema insegna per il bene del prossimo fa del bene, ma questo bene viene meno se quello stesso sistema passa il concetto che "non c'è libertà senza la sua materia", perché se dice questo vuole potere personale, qualsiasi materia "venda", non vuole la libertà dell'altro, vuole potere. Nel caso specifico del Sanscrito, se così non fosse la storia vanterebbe più illuminati tra paṇḍit e brāhmaṇa piuttosto che tra gli esponenti del popolo, invece così non è, anzi, è esattamente il contrario. Ovviamente ciò non giustifica l'ignoranza in nessun campo ed è bene e doveroso studiare, ma la via realizzativa è fatta di contemplazione e meditazione, non di potere e coercizione. Quanto alle Leggi di Manu, in oggetto all'inizio del post, è bene sapere che quell'atmosfera di controllo su donne e popolo era l'alveo nel quale la casta strumentalizzò il sanscrito (stupenda lingua) contro le caste minori. In conclusione il Sanscrito è uno strumento meraviglioso, spesso usato per fini di potere nel passato, e dovrebbe essere studiato da tutti, ma non è la via realizzativa, come non lo è nessuna scienza umana, né nessuna tecnica. Non c'è nulla che possa produrre lo stato naturale (svabhāva), poiché esso è a sostrato di ogni via, ivi compresa la meditazione, che è solo un mezzo di fruizione dello stato naturale. Un proficuo studio a tutti e, soprattutto, do wake up!

sarva maṅgalaṃ

(Foto: Il tempio del fuoco di Arunachaleswarar visto dalla sacra montagna Arunachala, Tiruvannamalai sede del nostro ritiro)

Sul perché meditare da un punto di vista neuroscietifico.Di Luca Rudra Vincenzini(conduttore del ritiro)La scienza ha fa...
27/01/2023

Sul perché meditare da un punto di vista neuroscietifico.

Di Luca Rudra Vincenzini
(conduttore del ritiro)

La scienza ha fatto passi da gigante, soprattutto nel campo della neuroplasticità, ossia tutti quei processi adattativi del cervello e le relative funzioni endocrine, non solo gnoseologiche, che regolano il suo funzionamento.

L'essere umano durante il sonno passa attraverso cinque stadi, che nel mio libro (Ta**ra di Rudra) ho associato ai cinque corpi della tradizione ta***ica, ereditati dalla Chāndogya Upaniṣad, rispettivamente: jāgrat-veglia, svapna-sogno, suṣupti-sonno profondo, turīya-stato estatico, e turīyathīta il transquarto, con le frequenze cerebrali: beta-veglia (29.9-14 hz), alpha-addormentamento-rilassamento (13.9-8hz), theta-sogno (7.9-4 hz), delta-sonno profondo aniconico (3.9-0.6 hz), epsilon-stato semi comatoso (0.5-0.1 hz).

La notte passiamo, circa 3/4 volte nell'arco di 7 ore, attraverso tutti gli stadi: in Alpha rilassiamo le tensioni muscolari compensando l'adrenalina del giorno; in Theta, attraverso l'attività onirica, riorganiziamo ciò che è accaduto durante la giornata dando agli eventi un senso interno; in Delta ricostruiamo interamente corpo e cervello, produciamo dosi massicce di endorfine, produciamo gh (growth hormone), ricostruiamo cellule e dna, riattiviamo il metabolismo ed il sistema endocrino-linfatico, eliminando dalla massa grigia (cervello, occhi e midollo) sino a 10 grammi di neurotossine al dì; in Epsilon, ancora in fase di studio, guariamo dalle malattie e visitiamo probabilmente mondi paralleli (semmai dovessero esistere altrimenti creiamo mondi di appagamento mistico per sedare le ansie del vivere).

La permanenza in ognuno di essi, riemergendo e riaffondando continuamente, è ovviamente soggettiva ma può essere allenata. Senza Theta e Delta il cervello impazzirebbe e comunque, senza una lunga permanenza in essi, non può avvenire, in maniera soddisfacente, né la rigenerazione né l'eliminazione delle neurotossine. I disturbi del sonno, sonno interrotto, ad intervalli, e superficiale, corrispondono sempre ad una infiammazione del nervo vago e sono tra le patologie che impediscono i processi benefici sopra descritti.

La meditazione, all'interno di questa panoramica, è il mezzo per accedere a Theta e Delta in modo cosciente durante la sessione di pratica ed in maniera profonda durante il sonno.

Quale è la conclusione di ciò? La iperproduttività dei pensieri è dovuta ad una carenza di Theta e Delta, ad una presenza massiccia nel midollo, oltre la barriera encefalica, di neurotossine, ad una ipertrofia, momentanea o cronica, dell'amigdala, ghiandola dello stress, e a un'infiammazione, più o meno seria, del nervo vago.

Ergo, per rallentare l'invecchiamento e la demenza senile, meditate gente meditate!

(Foto: Arunachala, la montagna sacra che veglia Tiruvannamalai sede del nostro ritiro)

Why to meditate, from a neuroscientific point of view.

Science has made great strides, especially in the field of neuroplasticity, i.e. all those adaptive processes of the brain and the related endocrine functions, not only gnoseological, which regulate its functioning.

During sleep, the human being goes through five stages, which in my book (Ta**ra by Rudra) I have associated with the five bodies of the ta***ic tradition, inherited from the Chāndogya Upaniṣad, respectively: jāgrat-wakefulness, svapna-dream, suṣupti-deep sleep, turīya-ecstatic state, and turīyathīta the transquarter, with the brain frequencies: beta-awake (29.9-14 hz), alpha-asleep (13.9-8hz), theta-dream (7.9-4 hz), delta-deep and aniconic sleep (3.9-0.6 hz), epsilon-semi-comatose state (0.5-0.1 Hz).

We spend the night, about 3/4 times in 7 hours, through all the stages: in Alpha we relax the muscular tensions, compensating for the adrenaline of the day; in Theta, through dream activity, we reorganize what happened during the day, giving the events an internal meaning; in Delta we completely rebuild the body and brain, we produce massive doses of endorphins, we produce gh (growth hormone), we rebuild cells and DNA, we reactivate the metabolism and the endocrine-lymphatic system, we eliminate from the gray mass (brain, eyes and marrow) up to 10 grams of neurotoxins per day and we strengthen the vagus nerve; in Epsilon, still under study, we recover from illnesses and probably visit parallel worlds (if they ever exist otherwise we create them in order to give meaning to our lives).

The permanence in each of them, re-emerging and sinking again, is obviously subjective but can be trained. Without Theta and Delta the brain would go crazy and in any case without a long stay in them neither regeneration nor elimination of neurotoxins can take place in a satisfactory manner. Sleep disturbances, intermittent and superficial sleep, are always indications of inflammation of the vagus nerve and are among the pathologies that prevent the beneficial processes described above.

Meditation, within this overview, is the means to access Theta and Delta consciously during the practice session and deeply during sleep.

What is the conclusion of this? The hyperproductivity of thoughts is due to a lack of Theta and Delta, to a massive presence in the medulla, beyond the encephalic barrier, of neurotoxins, to a temporary or chronic hypertrophy of the amygdala, the stress gland, and to an inflammation of the vagus nerve.

Ergo, to slow down aging and senile dementia, meditate people meditate!

26/01/2023

Il viaggio in India non è comparabile con gli altri viaggi, le persone non cercano ciò che normalmente auspicano di trovare quando partono per una qualsiasi altra meta vicina o lontana. In India le persone cercano pezzi dimenticati di se, un'esperienza che le porti a capire qualcosa che gli sfugge, che in qualche modo possa essere d'aiuto per dare inizio a una svolta nella vita. Non per tutti è così, per ca**tà, ma davvero per molti sì.

l'India quindi prima di tutto è un viaggio interiore, e non dico questo come mia idea personale, ma dall'esperienza ormai maturata in lunghi anni come coordinatore di gruppi, dopo aver parlato con i tanti viaggiatori accompagnati lungo il subcontinente indiano.

Proprio pensando a questi viaggiatori, a tutti coloro che intraprendono il viaggio in India come metafora di qualcosa di più grande e importante del viaggio in sé, nasce questo percorso di due settimane nel cuore della spiritualità indiana.

Ci terremo fuori dai circuiti turistici tradizionali, non perché trovi questi poco interessanti, ma per seguire un flusso energetico ben preciso senza saltellare da un luogo all'altro.

Come un fiume che scorre verso il mare, attraverseremo e vivremo l'energia dei maestosi e magnifici templi del Sud, fluiremo fino a Tiruvannamalai dove ci fermeremo per entrare in contatto con pratiche molto profonde d'ispirazione ta***ica.

Se volete fare un'esperienza in India di quelle veramente profonde, entrare in connessione con le energie dei luoghi, dei templi e interagire con quelle psichiche più sottili che ci governano, la via introspettiva è la chiave di svolta e la via ta***ica una delle più dirette ed efficaci.

Un'esperienza nell'esperienza.

Il viaggio è programmato per il periodo che va da Sabato 5 Agosto a Venerdì 18 Agosto 2023 e partirà da Bangalore, capitale del Karnataka dove atterremo in nottata.

Questo sarà il nostro itinerario:

Giorno 1: Italia – Bangalore
Giorno 2: Bangalore – Tiruchirapalli
Giorno 3: Tiruchirapalli – Thanjavur
Giorno 4: Thanjavur - Kombakonam – Gangaikonda – Chidambaram
Giorno 5: Chidambaram – Tiruvannamalai
Giorno 6: Tiruvannamalai
Giorno 7: Tiruvannamalai (Inizio Ritiro)
Giorno 8: Tiruvannamalai (Ritiro)
Giorno 9: Tiruvannamalai (Ritiro)
Giorno 10: Tiruvannamalai (Ritiro)
Giorno 11: Tiruvannamalai (Ritiro)
Giorno 12: Tiruvannamalai – Pondicherry
Giorno 13: Auroville (meditazione nel Matrimandir) – Chennai
Giorno 14: Chennai - Partenza per l'Italia

Così, dall'Italia atterreremo a Bangalore, e da qui cominceremo a scendere verso sud vivendo i grandi e magnifici templi del Tamil Nadu, terra di tantrismo.

In ognuno di essi scopriremo la vibrazione che sta all'essenza della costruzione stessa, imponenti opere d'arte antiche secoli colme dell'energia di puje, mantra e inni vedici. A una a una ci satureremo della loro forza: Tiruchirapalli, Thanjavur, Kumbakonam, Gangaikonda, Chidambaram, Tiruvannamalai.

Un vero bagno di energia.

Giunti a Tiruvannamalai, sede del lingam dell'elemento Fuoco nonché terra della sacra collina Arunachala, manifestazione vivente di Lord Shiva, qui sosteremo 5 giorni per immergerci in un ritiro spirituale di pratiche ispirate al tantrismo che saranno sviluppate in un crescendo sistematico giorno dopo giorno.

Il ritiro sarà condotto da Luca Rudra Vincenzini, che ritengo una delle persone più accreditate sul panorama italiano.

Luca Rudra Vincenzini è laureato in fenomenologia della religione e filosofia dell'India, autore del libro “Ta**ra”, tradizione del quale è studioso e serio praticante da oltre trentanni (nel lignaggio Gaṇeśpuri paramparā di Bhagavān Nityānanda).

Le pratiche che verranno sviluppate in modo progressivo giorno dopo giorno saranno le seguenti:

1) Ojas-saṅgraha e circolazione nei canali sottili (nādi);
2) Prāṇa uccāra, ovvero ascesa del soffio nella corda spinale;
3) Tapas dīpaka, attivazione del fuoco nel cuore (hṛdaya);
4) Śaktipāt, ossia discesa della grazia;
5) Svātantrya (libertà): della fusione di beatitudine (ānanda) e vuoto (śūnya).

Le giornate del ritiro saranno cadenziate con intelligenza, momenti di pausa dove potremmo camminare sulla montagna, visitare templi e accedere all'Ashram del grande veggente Sri Ramana Maharshi, vivere le atmosfere meditative di questo eremo di pace e silenzio.

Il periodo di pratica sarà impreziosito dalle sessioni quotidiane di Vinyāsa Yoga, che oltre che donare benessere psicofisico aiuteranno al meglio l'assorbimento e la distribuzione dell'energia messa in movimento dalle pratiche del Tantrismo.

Le classi di Vinyāsa saranno condotte dall'insegnante Chiara Muratore.

La struttura dove si svolgerà il ritiro appartiene alla famiglia Arjun che conosco da anni, grandi persone e atmosfera di pace in un posto tranquillo di fronte alla montagna. E' una guest house con splendide camere e spazi deliziosi. Il posto è magnifico, praticheremo sulla terrazza all'aperto davanti a uno scenario mozzafiato. La montagna sacra Arunachala si apre in tutta la sua gloria davanti ai nostri occhi, un darshan continuo.

Terminati i cinque giorni di ritiro, il nostro viaggio proseguirà verso Pondicherry e Auroville. A questo punto del viaggio la nostra energia sarà rigenerata ed entreremo nel tempio del Matrimandir per meditare nella sala centrale dove il più grande globo di cristallo al mondo emana un'energia ultraterrena.

Dopo questa esperienza, dopo 14 giorni di meraviglie e di pratiche profonde, saremo pronti a rientrare in Italia.

La quota per questo viaggio è di 1380 Euro ed è incluso:
Trasporto privato
Coordinatore italiano
Guida indiana
Ritiro di 5 giorni: Ta**ra
Classi di Vinyāsa Yoga
Pernottamento e vitto completo nei cinque giorni di Ritiro
Pernottamento e colazione nei giorni restanti

Non è incluso:
L'aereo Italia – India (circa 800/900 euro), pranzi e cene nei giorni fuori dal ritiro

Spese extra:
Nei giorni dove non ci sono pranzi e cene incluse nella quota, calcolate una spesa giornaliera di 10/15 euro per mangiare, + 5 euro di varie, mentre nei giorni che saremo impegnati nella pratica, con il vitto completo, 5 euro di spese varie sono già abbastanza.
In totale nei 14 giorni interi calcolate una spesa extra di 200 euro circa.

Che ognuno tragga il meglio da questo viaggio.

23/01/2023

Di Luca Rudra Vincenzini
(conduttore del ritiro)

Abhinavagupta, il grande sistematizzatore del Paramādvaitavāda kāśmīro scrisse di metafisica, di filosofia, di ritualità ta***ica e, non tutti sanno, anche di estetica. In questo ambito realizzò due opere: il Dhvanyālokalocana, ossia un commento (punto di vista, visione) al Dvanyāloka di Ānandavardhana, ed il Abhinavabharati, commento a Nātyaśāstra di Bharata, il testo più antico indiano sul teatro.

Nelle due opere Abhinava scrisse delle emozioni che sorgono nell'attore e dell'arte di riuscirle a trasmettere al pubblico, prima come mezzo estetico e poi, in seconda istanza, mistico.

Nella sua analisi parte dalle emozioni (bhāva) che vede sia nella loro fase iniziale (posts futuri) sia nel consolidamento in forma di sentimento (rasa). Ora il termine sentimento (rasa), dalla radice ras-gustare, può essere, nel contesto esoterico-esperienziale di Abhinavagupta, inteso anche come quintessenza o primizia (sāra) di un'emozione. Quindi se l'emozione (bhāva) è un qualcosa di interno, il sentimento (rasa), non è solo superiore in termini di intensità, è anche ciò che "fuoriesce" dal soggetto e che perciò è gustabile. Da una prospettiva esoterica il rasa è una sorta di "sostanza" colorata che emerge dalla persona e che può essere percepita dall'esterno.

Ora il gancio, per lui, per poter avvertire il sentire altrui, è la facoltà innata di empatia (dvani) con la quale si vive in noi il sentimento dell'altro. In tale seconda ottica, la risonanza può far vivere un rasa, uno dei tanti rasa gustabili dagli altri, nella propria pelle.

Per tale motivo, dalla percezione empatica (dvani), la degustazione estetica, conduce lo spettatore alla meraviglia (camatkāra), liberandolo momentanemente dai ceppi della prigionia dell'identificazione con māyā. È così che, attraverso dvani, l'esperienza estetica diviene estatica e mistica, ovvero mezzo per la liberazione (mokṣa).

La fascinazione per una tale teoria estetica sorge innanzitutto dalla fine psicologia di Abhinava (1), poi dalla capacità esoterica di percepire i "gusti" emanati dagli altri (2), ma soprattutto per la cura che un non-duale come Abhinava mette nello studio e nella descrizione dei caratteri teatrali (3), i quali posseggono prettamente una funzione duale.

Per diverso tempo mi sono chiesto il perché! Poi ho capito che, innanzitutto, ogni emozione può essere il mezzo che traghetta la coscienza alla fonte; in secondo luogo è l'atto, potentissimo e destabilizzante, con il quale la Mente Universale entra in tutti i caratteri (creature viventi) interpretadone il ruolo specifico.

Conoscere dunque un personaggio, un teatrante, una persona che frequentiamo ma non apprezziamo, per esempio, è un modo eccellente per vedere chiaramente ciò che vi si cela nel cuore (hṛdaya), ossia l'Assoluto. Ovviamente quest'ultima parte è la più difficile perché presuppone la comprensione che anche chi ci sta meno a genio è luogo manifestativo (pīṭha) del divino. Se la Mente Universale, infine, ha deciso di giocare un ruolo, quel ruolo, che sei tu, non solo è prezioso ma è anche un mezzo di riconoscimento, ergo nessuno si deve perdere nel tentativo di essere altro da sé, deve piuttosto ritrovarsi per essere sé stesso/a scoprendone la segreta missione in questa vita.

(Video: Il tempio dell'elemento fuoco Arunachaleswarar di Tiruvannamalai, sede del nostro ritiro)

22/01/2023

Di Luca Rudra Vincenzini
(conduttore del ritiro)

Sfatando qualche mito sulla corretta posizione da tenere in meditazione.

È da precisarsi che quando la coscienza entra in meditazione è lei che condiziona il corpo più di quanto avvenga il contrario. Sicuramente la posizione più corretta è quella che preserva la schiena diritta, proteggendo le sue curve naturali, soprattutto la zona dei lombi. In tale ottica va bene anche stare sdraiati supini sul pavimento, preferibilmente con un supporto sotto la nuca.

Quando si è seduti però, sia a gambe incrociate sul pavimento sia sulla sedia, è fondamentale non appoggiare la schiena al muro o allo schienale. Il non rispetto delle curve della cervicale, sterno e lombare, oltre a non favorire il dispiegamento della Dea Arrotolata (Kuṇḍalinī Devī) lungo il canale mediano (madhyanāḍī), induce il torpore ed il sonno. Cosa fare, in caso di una sessione più duratura, per mantenere con agio l'assetto?

Immaginiamo una statua di una qualsiasi divinità (mūrti) seduta in meditazione. Se mettiamo un libro sotto la base posteriore, essa si inclinerà in avanti, portando l'angolo di 90° gradi con il pavimento a scendere verso gli 80°-70° circa. Ebbene questa è l'inclinazione giusta che preserva le curve della corda spinale, che favorisce l'ascesa dei soffi (prāṇa uccāra), che rilascia movimenti liberatorii involontari (kriyā), che permette di stare a lungo comodi e immobili (sukha-sthira). Gli accorgimenti sono dunque avere un supporto sotto gli ischi sufficientemente alto da favorire l'inclinazione in oggetto, né troppo né troppo poco, quindi con le ginocchia più basse dell'ano. Le piante dei piedi sono a terra se si siede su di una sedia. Per le braccia consiglio una variante delle posizioni classiche, ovvero mettere i palmi delle mani verso il basso sull'inguine, all'attaccatura della coscia al bacino. Lì sono presenti due punti vitali (marmāṇi) che regolano l'energia vitale. Se si entra nello stato con le spalle aperte, il corpo si pietrifica in quella posizione corretta rilasciando una dose copiosa di endorfine (dal mio libro Ta**ra di Rudra).

(Video: Gangaikonda Temple, terza tappa del nostro viaggio)

Debunking a few myths about the correct position to hold for meditation (pic does not correspond to the posture described).

It should be noted that when the conscience enters meditation it is she that conditions the body more than the other way around. Surely the most correct position is the one that preserves the back straight, protecting its natural curves, especially that of the loins. From this point of view, lying on your back on the floor is also fine, preferably with a support under the neck.

However, when sitting, whether cross-legged on the floor or in a chair, it is essential not to lean your back against the wall or the backrest. Failure to respect the cervical, sternum and lumbar curves, as well as not favoring the unfolding of the Coiled Goddess (Kuṇḍalinī Devī) along the median channel (madhyanāḍī), induces torpor and sleep. What to do, in case of a longer session, to keep the trim at ease?

Let us imagine a statue of any deity (mūrti) sitting in meditation. If we place a book under the rear base, it will tilt forward, bringing the 90° angle with the floor down to approximately 80°-70°. Well this is the right inclination which preserves the curves of the spinal cord, which favors the ascent of the breaths (prāṇa uccāra), which releases involuntary liberating movements (kriyā), which allows one to stay still and at easy for a long time (sukha-sthira). The expedients are therefore to have a support under the ischiums high enough to favor the inclination in question, neither too much nor too little, therefore with the knees lower than the a**s. The soles of the feet are on the ground if sitting on a chair. For the arms, I recommend a variation of the classic positions, which is to place the palms of the hands down on the groin, at the junction of the thigh to the pelvis. There are two vital points (marmāṇi) which regulate the vital energy. If one enters the open-shouldered state, the body freezes in that correct position releasing a copious dose of endorphins (from my book Ta**ra of Rudra).

Di Luca Rudra Vincenzini(Conduttore del ritiro)Sessualità e santità in un taglio prospettico della mano sinistra (vāmamā...
16/01/2023

Di Luca Rudra Vincenzini
(Conduttore del ritiro)

Sessualità e santità in un taglio prospettico della mano sinistra (vāmamārga).

Vedo questo intervento come un'utile introduzione alla sessualità sacra così com'è praticata soprattutto in India, Tibet e Cina (di come sia praticata in altri ordini iniziatici non parlo, avendo approfondito soprattutto il maithuna indiano). Questo è palesemente un argomento spigoloso, tabuizzato e facilmente etichettabile di moralismi vittoriani e zeffirelliani (alludo al suo angelico e smielato dipinto che fece nel film dedicato a Francesco d'Assisi che a mio avviso fu uomo tutt'altro che smielato, fu un guerriero dalla tempra eroica che tenne con forza sia le bordate del Vaticano sia quelle del suo inconscio, chiedo scusa per la divagazione per me dovuta per quanto dirò ora). Inutile sottolineare che una certa continenza è parte integrante e importante di un cammino sapienziale, c'è un grosso però da evidenziare per sdoganare la sessualità ascetica (vedasi tutti i sistemi mistici che integravano ed integrano esplicitamente la sessualità come pratica ascetica in oriente: kaulayāga, anuttarayoga, mahāmudrā, kāma e karmamudrā, taoismo, karezza, methummo buddhista, yuthok nyingthik, etc).

Proverò a spiegare il punto tramite le categorie metaboliche dell'Āyurveda per vedere come la sessualità ta***ica sia praticabile, non solo per l'uomo e la donna comune, ma anche per i cosiddetti santi o esseri umani in profumo di santità. Procediamo con ordine. Secondo l'Āyurveda, "la scienza della vita", ossia il sistema di medicina naturale più in voga in India (assieme alla medicina dei Siddha e alla medicina Yūnāni), i sette tessuti che costituiscono il corpo umano si formano completamente in un ciclo di 35 giorni, ossia 5 giorni a tessuto. Essi nascono dopo l'ingestione e la digestione di un cibo, ergo quello che abbiamo mangiato per esempio a pranzo viene metabolizzato ed integrato progressivamente, in questo lasso di tempo, nei tessuti (dhātu) corporei. Ecco perché siamo ciò che mangiamo. In sequenza sono: plasma (rasa), sangue (rakta), muscolo (māṃsa), grasso (meda), ossa e cartilagini (asthi), nervi e midollo (majjan) ed infine le sostanze sessuali, ovvero liquido seminale (śukra) e sangue mestruale (ārthava).

Ognuno di questi tessuti è in salute se i cinque elementi (pañca bhūta) e i tre fattori metabolici (doṣa) sono in equilibrio, e il loro equilibrio è evidentemente risplendente (taijasa) se si esprime nella forma della vitalità (ojas, jing in Cina e gyur in Tibet). L'ojas, traducibile come stamina, vitalità, forza vitale è la sostanza sottile che anima in profondità tutti i tessuti. Un tessuto sano è ricco di ojas (alto livello della chimica ormonale, stato di "must" in cui gli animali si cercano per l'accoppiamento), un tessuto malato o fuori equilibrio non lo è e la persona appare bianchiccia, malaticcia e spenta. Dov'è che l'ojas si esprime in maniera esplicita? Ebbene proprio nella sessualità, in quanto i liquidi sessuali sono il magazzino principale nel quale l'ojas è contenuto e conservato. Il problema sorge allora quando si versa l'ojas, assieme alle sostanze sessuali, senza averlo prima riassorbito in profondità nel resto del corpo. Questo è il punto cruciale della sessualità secondo l'India, in special modo quella ta***ica; la questione non è come in occidente quella di fare semplicemente astinenza, quanto invece di non disperdere l'ojas. Ecco perché si ritiene che il tempo utile al brahmacarya sia un mese (35 giorni, il ripristino dell'ojas può essere accelerato per mezzo dell'erboristeria e di una dieta corroborante), ossia un mese senza dispersione di ojas, nel quale però si può praticare anche tutti i giorni l'atto a patto che si facciano le circolazioni dei soffi e le aspirazioni di questi al cranio, ciò vale per entrambi i sessi.

Quindi anche il santo può fare sesso a patto che conosca le tecniche circolatorie e di aspirazione delle sostanze sottili al sahasrāra. Ovviamente tale pratica deve essere pulita da un punto di vista morale, non tabuizzata, consenziente e, assolutamente, non laida. Senza circolazione ed aspirazione, la pratica sessuale è comune ed, essendo dispersiva della vitalità, accelera l'invecchiamento, la stanchezza e le malattie, non permettendo così di raggiungere o mantenere ottenimenti spirituali di alcun genere. Una persona che gode di una sessualità bilanciata appare radiante (taijasa) e dotata di forza vitale (vīrya) evidente.

Comprendere l'equilibrio tra ricarica, atto e circolazioni interne è parte integrante dei cammini iniziatici legati alla sessualità sacra.

Tutto quello che ho approfondito su questo argomento, dal punto di vista del maithuna indiano, è trattato nel settimo capitolo del mio libro ed è esposto in maniera chiara, pulita e schietta senza perbenismi vittoriani. Non essendo né un sessuologo né un guru, non rispondo a nessuna domanda in privato su questo delicato argomento iniziatico che chi si interessa di Ta**ra non può non affrontare.

Love and Respect!

Sarva maṅgalaṁ!

(Foto: Tempio di Tiruchirapalli, nostra prima tappa)

Sexuality and holiness in a perspective cut of the left hand (vāmamārga).

I see this intervention as a useful introduction to sacred s*xuality as it is practiced above all in India, Tibet and China (I do not speak of how it is practiced in other initiatory orders, having studied above all the Indian maithuna). This is clearly an edgy, tabooed and easily labeled subject of Victorian and Zeffirellian moralisms (I am referring to his angelic and honeyed painting that he made in his film of Francis of Assisi who in my opinion was a man anything but honeyed, he was a warrior from the heroic temper that strongly held both the pressure of the Vatican and those of his unconscious, I apologize for the digression due to me for what I will say now). It is useless to underline that a certain continence is an integral and important part of a sapiential journey, but there is a big deal to highlight in order to clear ascetic s*xuality (see all the mystical systems that integrated and explicitly integrate s*xuality as an ascetic practice in the East: kaulayāga, anuttarayoga, mahāmudrā, kāma and karmamudrā, Taoism, karezza, Buddhist methummo, yuthok nyingthik, etc).

I will try to explain the point through the metabolic categories of Ayurveda to see how ta***ic s*xuality is practicable not only for the common man and woman but also for the so-called saints or human beings in the perfume of sanctity. Let's proceed in order. According to Āyurveda, "the science of life", that is the most popular natural medicine system in India (together with Siddha medicine and Yūnāni medicine), the seven tissues that make up the human body are formed completely in a cycle of 35 days, or 5 days each. They are born after the ingestion and digestion of a food, ergo what we ate for example at lunch is progressively metabolized and integrated, over this period of time, in the tissues (dhātu) of the body. This is why we are what we eat. In sequence they are: plasma (rasa), blood (rakta), muscle (māṃsa), fat (meda), bones and cartilages (asthi), nerves and medulla (majjan) and finally the s*xual substances, or seminal fluid (śukra) and menstrual blood (ārthava).

Each of these tissues is healthy if the five elements (pañca bhūta) and the three doṣa are in balance and their balance is evidently resplendent (taijasa) if expressed in the form of vitality (ojas, jing in china, gyur in Tibet). Ojas, which can be translated as stamina, vitality, vital force is the subtle substance that deeply animates all tissues. Healthy tissue is rich in ojas (high level of hormonal chemistry, "must" state that in which animals search watch other for mating),, diseased or out of balance tissue is not, and the person appears whitish, sickly and dull. Where is the ojas expressed explicitly? Well, precisely in s*xuality, as s*xual liquids are the main storehouse in which ojas is contained and stored. The problem then arises when ojas is poured, together with s*xual substances, without having first reabsorbed it deeply into the rest of the body. This is the crucial point of s*xuality according to India, especially the ta***ic one; the question is not as in the West that of simply abstinence, but rather of not wasting ojas. This is why it is believed that the useful time for the brahmacarya is one month (35 days, the restoration of ojas can be accelerated by means of herbal medicine and a corroborating diet), that is, a month without the dispersion of ojas, in which however it is possible to also practice the act every day as long as the circulations of the breaths and the aspirations of these to the skull are made, this applies to both s*xes.

Therefore, even the saint can have s*x as long as he knows the circulatory and aspiration techniques of the subtle substances to the sahasrāra. Obviously, this practice must be clean from a moral point of view, consenting and, absolutely, not filthy. Without circulation and aspiration, s*xual practice is common and, being dispersive of vitality, accelerates aging, fatigue and disease, thus not allowing any kind of spiritual attainment or maintenance to be achieved. A person who enjoys balanced s*xuality appears radiant (taijasa) and endowed with evident life force (vīrya). Understanding the balance between recharge, act and internal circulation is an integral part of the initiatory paths linked to sacred s*xuality.

Everything that I have studied in depth on this subject, from the point of view of the Indian maithuna, it is written in the seventh chapter of my book and is presented in a clear, clean and frank way without victorian moralisms. Being neither a s*xologist nor a guru, I do not answer any questions in private on this delicate initiatory topic that those interested in Ta**ra cannot fail to address.

Love and Respect!

Sarva maṅgalaṁ!

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