23/09/2023
Percorrendo la Salaria da est a ovest, per una volta ci incuriosisce il versante posto a nord, meglio noto come Appennino Perduto. Deviamo quindi a destra e, infilati gli scarponi a Forcella, ci inoltriamo lungo lo stradello che conduce a Piandelloro, in un territorio dominato dal Monte Ceresa e caratterizzato da una miriade di piccoli insediamenti, in tempi neanche troppo remoti aventi dignità di villa, gran parte dei quali ormai in stato di totale abbandono, ricadenti sotto le amministrazioni di Acquasanta, Arquata, Roccafluvione, Montegallo.
Splendidi blocchi e gigantesche pareti di arenaria richiamano la nostra attenzione. Come pure ci colpiscono i colori sgargianti di una Charaxes Jasius mentre una Kanetisa Circe tenta di mimetizzarsi sulla roccia.
Esploriamo piccole grotte impreziosite da murature a secco, antichi bivacchi per pastori e ricoveri per bestiame. Qua e là, oggetti in ferro e in pietra testimoniano l'attività che vi si svolgeva.
I sentieri, non più frequentati, resistono a fatica alle pretese del bosco che rivendica gli spazi perduti.
Piandelloro è una strada con due file di case, una a destra, l'altra a sinistra. Sullo sfondo spicca l'intonaco giallo di una chiesetta. Qui il terremoto ha deciso così: le abitazioni a destra tutte inagibili, quelle a sinistra neanche una crepa.
Una signora sta curando l'orticello. Gentilmente le chiediamo un pomodoro. Lei ce ne dona mezza sporta. Come sempre accade in queste circostanze, si parla dei tempi passati, di quando fino a prima della metà del secolo scorso in quel posto scorrazzavano frotte di bimbi il cui vociare sovrastava i rumori delle quotidiane faccende.
Ci viene indicato il fontanile con l'acqua buona, quella che esce direttamente dalla sorgente.
Rallegrato dalla nostra inattesa incursione, un anziano ci apre la porticella della chiesa. "Neanche la Madonna è riuscita a proteggere la sua casa dagli scossoni" ci dice. La campana però funziona bene e un paio di rintocchi ci vengono concessi.
La pioggia al ritorno ci costringe a indossare impermeabili colorati che ci trasformano in improbabili fantasmini del bosco.
Una breve deviazione ci conduce a Santa Maria delle Scalelle. La porta è chiusa, segno inequivocabile che dovremo tornare. E non solo per la chiesa.
Foto Enrico Granati Pighetti