La mia bella Palermo

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La mia bella Palermo La pagina nasce dall'esigenza di condividere schede su luoghi di Palermo di interesse artistico.

12/11/2023

𝐏𝐀𝐋𝐀𝐙𝐙𝐎 𝐁𝐑𝐀𝐍𝐂𝐈𝐅𝐎𝐑𝐓𝐄

Il 𝐏𝐚𝐥𝐚𝐳𝐳𝐨 𝐁𝐫𝐚𝐧𝐜𝐢𝐟𝐨𝐫𝐭𝐞 si trova nel centro storico di Palermo in via Bara all'Olivella al n.2.
Prende il nome dalla famiglia di Niccolò Placido Branciforte conte di Raccuja che vi abitò nel corso del XVI secolo, ma era conosciuto anche come Palazzo Raccuja o Butera o Pietraperzia.

Nel XVII secolo il palazzo passò dalle mani di Niccolò Placido a quelle degli eredi fra i quali Giuseppe Branciforte. Questi ampliarono la struttura inizialmente formata da due corpi distinti, inglobando la strada sulla quale si affacciavano originariamente gli ingressi , acquistando alcuni stabili limitrofi e creando al primo piano il collegamento tutt'ora esistente fra le due strutture originarie, fu ampliata o addirittura raddoppiata l'area di superficie dello stabile che divenne così una delle più prestigiose abitazioni di quel tempo.

Fu realizzato un seminterrato e al piano terra la cosiddetta “Cavallerizza”: un ambiente che presenta una splendida copertura con volte a crociera sorretta da una serie di colonne in marmo di Billiemi che possono far pensare ad una chiesa e che invece accoglieva le grandi scuderie del palazzo. Da qui attraverso una scala in marmo rosso si accedeva al primo piano che accoglieva i locali privati e di rappresentanza abbelliti all'esterno da una serie di balconi sorretti alla base da decorazioni con i leoni alati simbolo della famiglia Branciforte e ad un secondo piano destinato alle stanze della servitù e alla gestione domestica della casa, anch'esso corredato all'esterno da una serie di finestre settecentesche.

Il palazzo accolse gli eredi dei Branciforte in questo sontuoso assetto e al massimo del suo splendore fino al 1727 quando l'ultima residente del palazzo, essendo andata in sposa, trasferì la sua residenza in una nuova abitazione.

Nel 1801 il palazzo fu concesso su richiesta e dietro pagamento di 400 onze al Senato cittadino che necessitava di un locale abbastanza grande da accogliere i pegni dei palermitani del Monte di Pietà denominato di Santa Rosalia e da molti conosciuto come “panni vecchi”.

Fu così che iniziarono i primi mutamenti dello splendido palazzo che dovette rinunciare per prima ai balconi e alle finestre settecentesche del primo e secondo piano per essere sostituiti da aperture con grate di ferro a protezione dei beni custoditi.

Ulteriore sconvolgimento del palazzo avvenne a seguito di un incendio dovuto ai bombardamenti delle rivoluzioni contro i Borboni del 1848. Questo fece crollare molte delle volte del palazzo e distrutto gran parte delle sue strutture e suppellettili vari.

I lavori di consolidamento e recupero degli ambienti preesistenti sacrificarono così tra l'altro le volte tra il primo e il secondo piano creando ambienti a doppia altezza che consentirono così l'installazione di altissimi scaffali di legno idonei all'accatastamento di beni e pegni.

Nel 1929, l’antica istituzione, dopo quasi quattrocento anni di vita, venne assorbita dalla Cassa Centrale di Risparmio “Vittorio Emanuele”.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale la struttura subì numerosi nuovi danni provocati dai bombardamenti e verso la fine degli anni novanta il palazzo Branciforte divenne centro di formazione per gli impiegati del Banco di Sicilia .
Nel 2005 venne acquisito dalla “Fondazione Banco di Sicilia” e sottoposto ad un progetto di ripristino ad opera dell’architetto G*e Aulenti che ridiede al palazzo lo splendore dell'assetto iniziale con contaminazioni di arte moderna che non fanno che esaltare le bellezze artistiche del palazzo.

Nel 2012 viene aperto al pubblico.
Oggi il palazzo comprende il piano terra in cui trovano posto, nei locali della Cavallerizza, ben tredici vetrine che contengono collezioni archeologiche e le maioliche della Fondazione Sicilia prodotte dal Quattrocento al Settecento e provenienti dalla Sicilia, dall'Italia e dall'estremo oriente. Si tratta in gran parte di ceramiche di vario tipo e cronologia e terrecotte architettoniche votive, bronzi, monili, vetri e avori.

Sempre al piano terra, adiacente alla corte interna, si trovano il Ristorante Branciforte e la Città del Gusto di Palermo del Gambero Rosso, una Scuola di formazione in cui si svolgono corsi e lezioni di gastronomia.

Al primo piano, in una delle sale, è esposta una selezione di sculture in bronzo e altre in marmo realizzate da artisti siciliani e non, collezioni filateliche che comprendono rarissimi francobolli del Regno delle Due Sicilie, che ebbero corso dal 1858 nel Regno di Napoli e dal 1° gennaio del 1859 nel Regno di Sicilia e collezioni numismatiche di monete siciliane dell’età medievale e moderna.

Sempre il primo piano accoglie una storica Biblioteca con circa 50.000 volumi appartenenti alla Fondazione Sicilia che comprendono oltre ad una consistente quantità di pubblicazioni stampate tra il 1501 e il 1830, enciclopedie, annuari, dizionari, collane, periodici e monografie, e una sezione specializzata in storia della Sicilia, storia dell’arte, numismatica e archeologia.

Dai locali della Biblioteca si può accedere ai locali del Monte dei Pegni di Santa Rosalia dove molto suggestive sono le altissime scaffalature in legno che accolgono tuttora in parte oggetti lasciati in pegno dai palermitani e in parte mostre temporanee e l'esposizione permanente della “Collezione Giacomo Cuticchio Pupi Siciliani”:109 pupi, scene, cartelloni e pianini a cilindro allestiti su progetto di Mimmo Cuticchio.

Nel palazzo è presente un Auditorium: uno spazio che ospita eventi culturali e l'Emporio Branciforte che propone prodotti editoriali e oggetti d'arte e di enogastronomia.


17/11/2022

𝐈𝐥 𝐂𝐚𝐬𝐭𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐨 𝐏𝐚𝐥𝐚𝐳𝐳𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐂𝐮𝐛𝐚

Insieme alla Zisa, il Castello o Palazzo della Cuba, dall'arabo Qubba, "cupola/arco", che si trova in corso Calatafimi 100, rappresenta l'architettura musulmana sciita dei Fatimidi in Sicilia.

Quando nel 1170 gli 𝗔𝗹𝘁𝗮𝘃𝗶𝗹𝗹𝗮, una delle più importanti famiglie di origine Normanna, conquistarono, dopo un lungo assedio, Palermo e buona parte della Sicilia per mano di Roberto il Guiscardo e del fratello Ruggero, ebbero l'intelligenza di assorbire il sapere e i costumi della civiltà degli emiri che erano presenti nel territorio dal 948. Gli emiri arabi forti di una evolutissima cultura avevano fatto di Palermo una delle più belle e ricche città del mediterraneo,
Così dalla commistione di elementi del romanico nord-europeo, con elementi bizantini, e la tradizione costruttiva della civiltà arabe si sviluppò il mirabile stile architettonico 𝗮𝗿𝗮𝗯𝗼-𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮𝗻𝗻𝗼.

Il castello della Cuba fu costruito nel 1180 da Guglielmo II al centro di un ampio parco che si chiamava 𝐽𝑎𝑛𝑛𝑎𝑡 𝑎𝑙-𝑎𝑟𝑑 ("il Giardino o Paradiso in terra) /Il Genoardo come luogo per il riposo del sovrano nelle ore più calde, divenendo così uno dei Sollazzi Regi dei re normanni di Sicilia: un padiglione dove trascorrere il tempo in pieno relax sotto la frescura dei giardini, prevalentemente agrumeti, e godendo delle fontane di cui il giardino si ornava, o assistendo e partecipando ad attività ricreative come feste, balli e cerimonie.

Alcuni ritengono che il nome Cuba derivi dal nome di una 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗲𝘀𝘀𝗮 𝗮𝗿𝗮𝗯𝗮 figlia di un emiro che regalò il castello alla figlia in occasione delle sue nozze. Altri ritengono che il nome Cuba fosse il nome di una sorgente che sgorgava lì vicino, per altri era il nome del rione in cui il castello era sorto ma l'ipotesi più accreditata è quella per la quale Cuba significhi semplicemente “𝗰𝗮𝘀𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗱𝗿𝗮𝘁𝗮”.

L'edificio ha una pianta rettangolare lunga 31,15 metri e larga 16,80 ed ha l'aspetto di grande scatola muraria, con quattro torri. I muri esterni, molto spessi per opporre resistenza al calore dei raggi solari, sono ornati con arcate ogivali. Nella parte inferiore si aprono alcune finestre a bocca di lupo separate da pilastrini in muratura.

Questa particolare forma, tutta la struttura intera e la presenza delle finestre fanno pensare che fosse stata costruita in modo tale da convogliare al meglio i venti freschi e la brezza provenienti dal mare e dal magnifico bacino artificiale profondo quasi due metri e mezzo che circondava la struttura.

L'𝗮𝗽𝗲𝗿𝘁𝘂𝗿𝗮 𝗽𝗶𝘂̀ 𝗴𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲, sul fronte settentrionale, si affacciava proprio sull'acqua del bacino e per collegare il castello alla terraferma sembra che fosse stato costruito proprio in prossimità di questa, un ponticello del quale rimangono ancora delle tracce.

Il ponticello immetteva in un 𝘃𝗲𝘀𝘁𝗶𝗯𝗼𝗹𝗼 con la copertura a volta dal quale si accedeva a tre ambienti che comunicavano fra loro tramite un grande spazio centrale quadrato e senza copertura, un 𝗮𝘁𝗿𝗶𝗼 dove erano presenti due fontane in nicchia sui lati nord e sud, un impluvium (vasca) centrale, e quattro colonne poste in corrispondenza dei quattro angoli.
Notevole è il 𝗽𝗮𝘃𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮 𝗺𝗼𝘀𝗮𝗶𝗰𝗼 del quale rimangono delle tracce.
Nel lato ovest si apriva l’ampio fornice del 𝒅𝒊𝒘𝒂𝒏, la sala di rappresentanza.

La sala centrale era abbellita da 𝙢𝙪𝙦𝙖𝙧𝙣𝙖𝙨, soluzione architettonica ed ornamentale simile ad una mezza cupola propria dell'architettura islamica, originata dalla suddivisione della superficie delle nicchie angolari in numerose nicchie più piccole.

La data di costruzione e il committente si possono evincere dall𝗲𝗽𝗶𝗴𝗿𝗮𝗳𝗲, esposta in una sala a lato e che originariamente era posta a coronamento del castello. L'epigrafe pur riferendosi ad un re cristiano, è in lingua araba a caratteri cufici e questo testimonia la tolleranza e l'apertura della corte normanna. L'epigrafe tradotta recita così: "Nel nome di Dio clemente e misericordioso. Bada qui, fermati e mira! Vedrai l'egregia stanza dell'egregio tra i re di tutta la terra Guglielmo II re cristiano. Non v'è castello che sia degno di lui ... Sia lode perenne a Dio. Lo mantenga ricolmo e gli dia benefici per tutta la vita".

Rimasto possedimento della monarchia di Sicilia fino agli inizi del XIV secolo, nel 1320 divenne proprietà di privati.
Ritornata al patrimonio regio, nel 1436 Alfonso il Magnanimo la concesse a Guglielmo Raimondo Moncada conte di Adernò, uno dei suoi viceré in Sicilia.

Successivamente il lago fu prosciugato e sulle rive furono costruiti dei padiglioni, usati come lazzaretto durante la peste del 1576. Poi fu caserma per una compagnia di mercenari borgognoni ed infine nel 1921 divenne proprietà dello Stato.

Negli anni '80 comincia il restauro che riporta alla luce le strutture del XII secolo. Oggi dipende dall'assessorato regionale ai Beni culturali ed è stata resa disponibile al pubblico nel 1996.

La bellezza del Castello tra le acque e gli alberi che la circondavano, ispirò il 𝗕𝗼𝗰𝗰𝗮𝗰𝗰𝗶𝗼, che vi ambientò una delle novelle del suo Decameron: la sesta della quinta giornata. È la vicenda d'amore tra Gian di Procida - nipote dell'omonimo grande eroe del Vespero Siciliano - e Restituta, una ragazza bellissima di Ischia rapita da giovani ciciliani per offrirla in dono all' allora re di Sicilia: Federico II d'Aragona.

Quando Giovanni Boccaccio scrisse il Decameron l'epoca di una Palermo "felicissima" si era già conclusa, ma la traccia di quel periodo di splendore era così imperiosa che riuscì ad impressionare Boccaccio ancora diversi secoli dopo.

Contemporaneamente alla 𝗖𝘂𝗯𝗮 𝗦𝗼𝘁𝘁𝗮𝗻𝗮 sorsero nel vasto parco dei normanni la “𝗖𝘂𝗯𝘂𝗹𝗮” o piccola Cuba, e la 𝗖𝘂b𝗮 𝗦𝗼𝗽𝗿𝗮𝗻𝗮“, questa, una torre di impianto rettangolare, oggi non è più esistente in quanto inglobata tra le strutture della settecentesca Villa Napoli. Originariamente era nota con il nome di "torre Alfaina", oggi restano visibili tratti di murature e un arco nel fronte orientale della costruzione..

La Cubula invece, attualmente in fase di restauro è detta anche Piccola Cuba. E' un piccolo edificio di pianta quadrata (m.6 x 6) che appare in pietra tagliata a conci regolari, con i suoi ogivali a tre leggermente incassate, di cui quello centrale ha un caratteristico motivo a rilievo, traforato su ogni lato da archi a sesto acuto decorati con fasce bugnate e sormontato da una cupola emisferica di colore rosato tipico dello stile arabo-normanno.

Essa era situata come La Cuba all'interno dell'immenso giardino del 𝗣𝗮𝗿𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗚𝗲𝗻𝗼𝗮𝗿𝗱𝗼 che era abbellito da fontane laghetti, alberi da frutti e magnolie e da una serie di chioschetti dei quali sembra che la cubula sia il solo superstite. Altre fonti ritengono invece che la cubula sia stato un unico esemplare presente nel parco e che rimane a testimonianza della dominazione normanna.

Veniva spesso usata come luogo di riposo dal sovrano e dai suoi ospiti.

06/11/2022

𝗩𝗶𝗹𝗹𝗶𝗻𝗼 𝗙𝗹𝗼𝗿𝗶𝗼
Il Villino Florio, sito in Viale Regina Margherita è immerso in un giardino ora circondato da alti edifici di nuova costruzione. Venne costruito per volere della ricca famiglia Florio dall'architetto Ernesto Basile e realizzato tra il 1899 e il 1902.

Originariamente il villino fu costruito ad uso e consumo del giovane Vincenzo Florio che ancora sedicenne chiese al padre un punto di ritrovo per sé e per i suoi amici. Così i Florio acquistarono nella contrada dell'Olivuzza, allora ricca di vegetazione e confinante con la loro proprietà, una vasta area verde sulla quale nacque il magnifico villino.

La villa, considerata la residenza estiva della famiglia, farà vivere all'aristocrazia palermitana ma anche internazionale, una stagione leggendaria di ricevimenti e sontuose feste fino al 1911 quando con la morte della giovanissima moglie di Vincenzo Florio, Giuseppina Alliata, la villa non venne più usata dalla famiglia e fini nell'abbandono e nel degrado. fino a quando tra il 1930 e il 1940 l’intero parco non venne lottizzato e fatto oggetto di politiche speculative dissennate che provocano la distruzione di questo magnifico esempio del nostro patrimonio Liberty.

Nella notte fra il 23 e il 24 novembre 1962 un incendio molto probabilmente provocato per volere di esponenti mafiosi danneggiò la parte muraria del villino e distrutto quasi completamente l’interno dell’edificio; nel rogo rimasero carbonizzati quasi tutti gli arredi interni, che erano stati realizzati in gran parte dalla ditte Golia e Ducrot.

Nel 1984 la Regione Siciliana prese possesso dell’immobile e si occupò del restauro grazie ai finanziamenti europei. Il restauro fu ultimato soltanto nel 2009. Anni di lavoro faticoso e impegnativo curato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali che hanno però permesso di recuperare gli elementi decorativi e architettonici del villino e di ricostruire e riportare ai vecchi fasti gli interni e le stoffe delle pareti grazie al lavoro minuzioso e preciso delle seterie storiche di Caserta.

All'epoca della costruzione ogni piano era destinato ad una specifica funzione infatti il villino sorge al centro di una corte e il piano terra a livello del parco era chiamato il “piano degli svaghi” infatti qui possiamo trovare la magnifica sala da biliardo e la “sala dei giochi.” Il piano successivo era il “piano di rappresentanza” dove trovavano collocazione il salone dove faceva bella mostra di sé il magnifico camino addossato alla parete e la stanza da pranzo.

Il piano superiore a questo era il piano più privato della famiglia dove trovano posto le camere da letto, molti bagni e il soggiorno;

L'ultimo piano infine con il soffitto simile ad una carena di una nave
(argomento molto caro ai Florio) ospita un'ulteriore camera. Tutto la struttura trasuda agiatezza e ricchezza che erano segni distintivi dell'allora potente famiglia e tutto ciò é avvalorato, oltre che dalla magnificenza della struttura e del parco, anche dalla presenza nel villino di un impianto elettrico che ai tempi era un lusso che poche famiglie avrebbero potuto permettersi.

Ignazio Florio erra sicuramente un uomo dalla mentalità aperta al commercio e molto dedito ai viaggi, per cui il Basile, intimo amico della famiglia, in questa splendida costruzione sembra aver voluto ripercorrere tutte le tappe toccate da Ignazio inserendo nella struttura vari elementi, che riportano agli stili architettonici dei paesi visitati come le superfici ricurve che si ritrovano nel barocco, le capriate tipicamente nordiche, le torrette cilindriche che si ritrovano nei castelli francesi, colonnine romaniche e bugnati rinascimentali e numerose vetrate policrome adornate con motivi artistici che riproducono elementi floreali.

All'interno le decorazioni che sono state ricostruite con il restauro sono in prevalenza lignee: oltre allo scalone è presente una colonna costruita in legno scatolato che riveste il fusto portante in ghisa e la ricostruzione ramage che si trova sul soffitto della scala principale del villino che era stato interamente distrutto dall'incendio.

All'esterno della costruzione una scalinata posta sul lato ovest del palazzo conduce direttamente al salone del piano di rappresentanza. La prima cosa a colpire l'occhio del visitatore è l'esplosione di torrette, merlature, abbaini, colonne, logge, capitelli, vetrate policrome e mura bugnate che richiamano lo stile degli interni della villa abbinati sapientemente dal Basile che disegnò personalmente le stoffe delle pareti interne. Caratteristiche le colonnine e gli inserti in ferro battuto che vanno dal pinnacolo al gazebo e che conferiscono al villino Florio originalità e delicatezza.

Notevoli le ringhiere, i parafulmini e la torretta circolare con copertura ad ombrello dalla quale si accede al terrazzo e dal quale si gode una vista nella quale oggi sono prevalenti i palazzi costruiti intorno ma che all'epoca della costruzione offrivano uno splendido panorama sulla zona ancora ricca di vegetazione e di parchi che arrivava fino al mare. Magnifico anche il cancello in ferro battuto che immette nel giardino in cui la villa si trova immersa. Il villino dopo il restauro fu reso disponibile al pubblico e attualmente è uno degli edifici di rappresentanza della Regione Siciliana.

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