21/10/2023
ROSCIGNO: AMORE INFINITO
Fin da bambino ho provato forti sentimenti nei confronti del mio paese. In età scolare il mio sguardo curioso era rivolto verso un mondo ancora a me sconosciuto e la mia voglia di sentirmi Indiana Jones mi portava a girovagare per conoscere e scoprire piccoli cantucci del paese nascosti. Soprattutto ascoltavo la gente e osservavo il loro darsi da fare. Fino all’età di dieci anni quello che mi circondava era un mondo fantastico; non avvertivo il peso del giudizio, bensì scoprivo che i gesti delle persone si ripetevano all’infinito: ero perfettamente in grado di descrivere le gesta di un contadino al mattino, nei dettagli. Tutti ripetevano le stesse azioni in modo inconsapevole perché la loro unica attenzione era rivolta ai bisogni primari, non sempre totalmente soddisfatti; quindi non potevano fare altro che replicare sempre le medesime mansioni: cacciare lu ciuccio fuori dalla stalla e mettergli la varda, legare la zappa e lo stiavucco sopra la varda e infine legare la capra dietro a lu ciuccio e incamminarsi verso la frasceta, la fresta della chiesa oppure vsconte.
Si dirigevano in terreni diversi ma i gesti e le colture erano le stesse: l’unico scopo era coltivare, con la forza della volontà, perché, diversamente, la terra non avrebbe mai dato tanti frutti da raccogliere per sostenere la famiglia e questo rendeva il lavoro dei contadini del paese, un sacrificio ma anche un gesto da eroi.
Ero ancora piccolo quando osservavo gli sguardi dei contadini al rientro dai campi: un misto di stanchezza fisica, programmi per il giorno dopo e appagamento per aver adempiuto ai propri doveri di padre, di marito, di figlio.
La comunità era competitiva non nel fare mostra dei propri averi, me nell’impegno sul lavoro; la vera competizione si veniva a creare dentro il mulino, quando si esibivano i sacchi di grano, oppure in un frantoio nel momento in cui si esponeva agli sguardi altrui la resa delle proprie olive. Questo dava valore alla terra e tutti erano disposti, in caso di vendita, a pagare di più gli appezzamenti di terreno in determinate zone, perché consapevoli del fatto che il prezzo era collegato alla produttività e di conseguenza a un’ulteriore speranza per il sostentamento della famiglia. In genere il valore di un terreno si rintracciava proprio nel suo essere fruttuoso, giammai nella semplice posizione geografica o nell’accessibilità. Oggi, invece, i parametri che determinavano quel valore sono obsoleti e si è passati a una misurazione che prende in considerazione un valore commerciale, illusorio.
Roscigno, paese di contadini… a me sembrava un presepe a cielo aperto, in cui gli abitanti non cercavano di apparire, ma di essere, grazie a quei valori ben noti nella comunità.
Il lavoro rappresentava la leva grazie alla quale era possibile accumulare ricchezza in maniera onesta, giusta; nessuno provava a imbrogliare o a truffare il prossimo, perché la comunità stessa faceva da giudice e nessuno avrebbe potuto sopportare di essere escluso da una società di persone oneste.
Il senso civico era il cuore pulsante per il 98% degli abitanti di un piccolo borgo. Poi la modernità e le nuove opportunità hanno causato lo spopolamento: i giovani soprattutto sono andati via, hanno viaggiato e viaggiano per il mondo, carichi di valori sani e con una valigia piena di sogni da realizzare. La nostra terra infatti non offriva molte possibilità di miglioramento delle proprie condizioni di vita e concedeva poco tempo e poco spazio allo studio. Studiare però dà vita a un confronto aperto con nuove culture; tanti giovani hanno ripreso i percorsi di studio interrotti, frequentando per esempio le scuole serali: questo ha aggiunto altri sacrifici, ma senza di essi nulla poteva veramente arricchire le proprie menti, le proprie vite. I giovani di Roscigno hanno portato onore ovunque, hanno giovato in qualche modo alle comunità in cui sono stati accolti, hanno creato nuovi ceppi familiari senza mai dimenticare le scene di vita del borgo, portate dietro e custodite come qualcosa di molto prezioso.
Ora Roscigno aspetta chi può tornare, anche solo per periodi brevi, oppure attende le nuove generazioni, sangue dello stesso sangue, per rinsaldare quel legame, mai interrotto.
Roscignoli di tutto il mondo, senza di voi non c’è modo di preservare la nostra storia e la sopravvivenza del borgo.
Domenico Cavallo
21/10/2023