Centro marinaro dalla ridente bellezza, fa del turismo, della cultura e delle perle enogastronomiche i suoi punti di forza. Antica come la storia della Sicilia stessa, Avola e la sua posizione privilegiata hanno attratto i visitatori sin dall’antichità, quando i Greci si stabilirono in questi luoghi fondando quella che i Romani avrebbero chiamato Hybla Maior. Ma un residuo vetusto ci rimanda ad un
epoca ben precedente: stiamo parlando del celebre Dolmen, scoperto nel 1961 dal prof. Ciancio e ritenuto tutt’oggi il monumento di età Neolitica più insigne presente nella regione siciliana. Esso si trova a fianco di un avvallamento naturale in contrada Burgellusa, e rappresenta quasi un unicum, dal momento che in Italia esistono solo venticinque monumenti di questo genere. I Dolmen sono realizzati in grandi pietre sovrastate da un blocco monolito con l’angolo principale sempre rivolto verso oriente. Diverse le funzioni da esso svolte: nel caso di Avola si tratta di un ricettacolo di dieci tombe, riservate soprattutto a bambini. Gli archeologi adombrano persino la terribile ipotesi che qui i bambini venissero sacrificati e non solo seppelliti, come sembra di poter ricavare dal piano liscio e orizzontale del monolite. Si diceva dell’attrazione esercitata da Avola attraverso i lunghi secoli della sua storia: lo possiamo confermare attraverso un altro monumento dalla veneranda età, una villa romana sorta presso la foce del torrente Margio. Area archeologica non ancora sistematicamente esplorata, la villa sembra sia stata fondata nel II secolo d.C., come emergerebbe dai reperti rinvenuti, soprattutto monetazione, grande quantità di statuette femminili, e materiale da costruzione. Notevole anche il rinvenimento di una vasca a foggia di quadrifoglio. Dagli strati del terreno sono emerse tracce d’incendio, probabilmente la causa che ha posto fine alla vita di questa villa romana. La costruzione della sede stradale del lungomare ha oggi tagliato in due il sito, e si auspica ancora la nascita di un cantiere archeologico canonico che permetta di fare ulteriore luce sulla vita di questa abitazione che doveva appartenere ad un patrizio, e questo sembrerebbe confermato dai marmi pregiati da cui erano ricavati i rocchi di colonna rinvenuti. Ma le sorprese non finiscono qui. Altro baluardo di antichità è la Cava Grande del Cassibile. Si tratta di una gola scavata dal fiume Cassibile nel tenero calcare del tavolato ibleo, e istituita Riserva protetta nel 1984. E’ un’area di quasi 3000 ettari nella quale convivono da secoli numerose specie animali e vegetali e che ha una storia antichissima. Accanto ai resti di elefanti nani preistorici infatti, qui sono stati scoperti resti di ogni età, da un complesso termale romano ad ipogei paleocristiani, da una necropoli dell’Età del Bronzo ai cosiddetti ddieri. Si tratta di agglomerati risalenti all’età bizantina e raggiungibili soltanto per mezzo di stretti cunicoli scavati nella roccia. Il termine sembra derivare dall’arabo ad deyar che significa casa. Altre sorprese sono riservate al visitatore dei resti di un antico castello scoperto nel 1954 e dal complesso rupestre della Grotta dei Briganti, dove probabilmente venivano conciate pelli animali. E per chi ama la natura e gli animali, tappa obbligata della valle è il suo fondo, dove scorre il Cassibile e dove una moltitudine di animali e di specie vegetali danno la misura della ricchezza della campagna iblea. Il mare ha rappresentato per Avola un’importante fonte di sostentamento. Il cuore del borgo marino del comune ha un’origine che rimanda al XVII secolo con i resti della tonnara in piena funzione sino agli anni Trenta del XX secolo. Oggi versa purtroppo in uno stato di degrado a causa dei vandali e della trascuratezza, ma restano le vestigia della passata ricchezza, dall’arco a tutto sesto dove venivano messe in secca le barche alle linee semplici e funzionali del palazzotto del proprietario della tonnara che rimandano alle tipologie architettoniche d’inizio Novecento. L’architettura religiosa di Avola è altrettanto significativa. La Chiesa Madre di s. Sebastiano (una volta di s. Nicolò di Mira) venne costruita tra XVII e XVIII secolo nello stile tardo barocco che connota molti monumenti della zona. E’ una chiesa che ha subito vari ripensamenti nel corso del tempo: delle originarie cinque navate essa ne registra solo tre con navate laterali, ha orientamento est-ovest e un pregevole portale inquadrato da due colonnine con capitelli compositi. Pregiati i dipinti custoditi nell’edificio sacro, così come il Crocifisso ligneo d’autore ignoto risalente al Seicento. Altro frutto del Barocco siciliano è la Chiesa della Badia o della Santissima Annunziata, ubicato nel complesso del Monastero delle Benedettine, oggi una scuola materna. E’ un edifico sacro ad una singola navata, riaperto recentemente al culto solo dopo un restauro. La sua storia s’intreccia strettamente alla nobiltà locale, poiché qui venivano condotte le fanciulle di alto rango per ricevere un’educazione degna del loro status, anche se spesso la frequenza si concludeva con la scelta di prendere i voti. Altro bellissimo esempio dell’architettura religiosa locale è la Chiesa di s. Antonio Abate, anch’essa realizzata in stile barocco nel XVIII secolo. L’interno, a singola navata si mostra notevolmente pregiato grazie ai cinque altari marmorei ed ai preziosi dipinti. Degne di menzione infine le chiese di s. Antonio da Padova, di santa Venera e della Madonna delle Grazie, esempi di piccole dimensioni ma di valore artistico oltre che religioso. Insomma, un itinerario, quello possibile ad Avola, che si palesa adatto al gusto di ogni viaggiatore, che sia anche in cerca di prelibatezze locali come il celeberrimo Nero d’Avola, la mandorla “pizzuta” e la patata novella del siracusano. (http://sicilia.cosavedere.net/siracusa/avola)/