29/03/2021
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Una società che non viaggia è una società che non cresce, non scopre, non si arricchisce. Uno dei settori più colpiti dalla pandemia di Covid-19 è quello del turismo internazionale, un’industria in continua crescita nei dieci anni precedenti e che era arrivata a produrre ricavi per 1.700 miliardi di dollari sostenendo intere comunità in via di sviluppo. Lo stop dovuto al coronavirus ha avuto esiti disastrosi, facendo tornare indietro il turismo internazionale ai livelli di 30 anni fa: -74% negli arrivi, persi 1.300 miliardi di dollari, calo del Pil mondiale superiore ai 2.000 miliardi di dollari, a rischio tra i 100 e i 120 milioni di posti di lavoro.
Senza contare l’indotto. Siamo tornati ai livelli di 30 anni fa e gli esperti non prevedono un ritorno agli standard del 2019 almeno fino al 2023. Tra i più colpiti ci sono ovviamente le strutture ricettive: gli alberghi hanno visto calare del 47% le prenotazioni e le ricerche. Stessa cosa si può dire per le compagnie aeree dove si è registrato un calo del 63% tanto dei passeggeri sui voli internazionali quanto su quelli interni. Il vaccino potrebbe migliorare la situazione, ma di sicuro ancora per alcuni anni ci muoveremo su
una scacchiera con frontiere aperte o chiuse a seconda della situazione nei Paesi di destinazione.
L'approfondimento di Raphaël Zanotti nella rubrica "Diamo i numeri" su Specchio, il settimanale de La Stampa
FOTO: Fran Boloni - Unsplash