Tour Guide Sicilia Vera

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14/03/2024
14/03/2024

La prima nave da crociera al mondo fu la Francesco I, battente bandiera del Regno delle Due Sicilie, costruita nei cantieri navali di Castellammare di Stabia nel 1831.

Ci sono navi che sono entrate nella leggenda, spesso anche per eventi catastrofici, come il Titanic e l’Andrea Doria. Invece, c’è chi, pur avendo scritto una bella pagina di storia, è rimasto nell’oblio del tempo.

Ci riferiamo al piroscafo Francesco I, costruito negli anni trenta del XIX secolo nei cantieri di Castellammare di Stabia (NA) e celebre per essere stato la prima nave da crociera.

Nel 1800, la Marina borbonica era tra le più potenti del Mediterraneo e utilizzava navi a vapore, i piroscafi appunto, sprovvisti di elica, ma che presentavano due grosse ruote in legno sulle fiancate, come i battelli che solcavano i grandi fiumi statunitensi resi famosi dallo scrittore Mark Twain, che partivano da Napoli per ogni parte del mondo.

Nel 1854, una nave borbonica compì la traversata da Napoli a New York in soli 26 giorni, si trattava della Ferdinando I, da cui sono scaturite una serie di imbarcazioni che hanno stabilito primati marittimi strabilianti.

In realtà, fu progettata come nave per percorrere lunghe tratte come la Palermo – Marsiglia, con scali a Napoli, Civitavecchia, Livorno e Genova. Era dotata di 120 cavalli vapore, un vero record per quei tempi.

Svolse egregiamente il proprio compito per circa due anni, quando fu scelta per un viaggio particolare e mai tentato prima, una crociera di circa tre mesi per il Mediterraneo tra arte, storia e cultura.

Sia in patria che al di fuori del Regno borbonico, fu impostata una massiccia campagna pubblicitaria per promuovere l’evento e si ricorse anche a mezzi innovativi di comunicazione, come articoli di giornale, cartelloni pubblicitari e réclame sulle fiancate dei mezzi pubblici.

Visto l’alto costo del biglietto, questo fu acquistato dal jet set dell’epoca, in gran parte nobili e principi italiani ed europei, tra cui inglesi, francesi, russi, spagnoli, prussiani, bavaresi, olandesi, ungheresi, svizzeri, svedesi e greci.

Il 16 aprile 1833, la Francesco I salpò da Napoli, con a bordo i sovrani borbonici, per un tour, della durata di tre mesi, con meta Costantinopoli e scali a Taormina, Catania, Siracusa, Malta, Corfù, Patrasso, Delfo, Zante, Atene e Smirne.

La traversata fu allietata da giochi, balli e feste sia a bordo, sia durante gli scali. Si narra che una volta giunti a destinazione il sultano Mahunud II osservasse con un binocolo la nave, affacciato ai propri appartamenti ed esprimesse la propria ammirazione. La Francesco I fece ritorno a Napoli, il 9 agosto dopo 112 giorni di navigazione.

Il viaggio non fu replicato, ma fu buttato il seme che sbocciò oltre un secolo dopo, quando le crociere divennero accessibili a tutti.

L’anno successivo, la Francesco I accompagnò il re Ferdinando II e la sua consorte, Maria Cristina di Savoia, da Napoli a Palermo. Tempo della traversata appena un giorno, come avviene oggi, e al suo arrivo, il sovrano trovò i siciliani ancora intenti nei preparativi per la regia accoglienza.
Post di Patrizia Stabile

18/12/2023

Cosa preparare per il pranzo di Natale? È questa la domanda che molti di voi si staranno facendo. Anche noi non sapevamo cosa preparare, così abbiamo chiesto aiuto a Berengario Stagno d'Alcontres, che ci ha suggerito due menu che vogliamo condividere con voi.

𝒫𝑅𝐼𝑀𝒪 𝑀𝐸𝒩𝒰

Questa prima proposta di menu prevede un grande classico della cucina aristocratica siciliana, il 𝒯𝒾𝓂𝒷𝒶𝓁𝓁𝑜 (𝑜 𝓉𝒾𝓂𝓅𝒶𝓃𝑜) 𝒹𝒾 𝓂𝒶𝒸𝒸𝒽𝑒𝓇𝑜𝓃𝒾. Una ricetta che richiede un po’ di impegno e una lunga preparazione, ma che non solo è buona, ha pure quel tanto di scenografico che non guasta mai.

«Se optate per questo menu - raccomanda don Berengario- meglio evitare il secondo, non siamo più nel 1920 e non mangiamo più tanto come prima». Puntate su un aperitivo iniziale, meglio se servito vicino a un bel camino fumante.

Non può, però, mancare il dolce. Poiché il timballo è molto impegnativo, invece di prepararlo in casa si può comprare un dolce da pasticceria, come un buon 𝓅𝒶𝓃𝑒𝓉𝓉𝑜𝓃𝑒 o 𝓅𝒶𝓃𝒹𝑜𝓇𝑜 artigianale, da accompagnare con una 𝒸𝒽𝒾𝒷𝑜𝓊𝓈𝓉 𝒶𝓁𝓁’𝒶𝓁𝓁’𝒶𝓇𝒶𝓃𝒸𝒾𝒶 o una 𝓈𝒶𝓁𝓈𝒶 𝒶𝓁 𝒸𝒾𝑜𝒸𝒸𝑜𝓁𝒶𝓉𝑜.

Per quanto riguarda i vini, invece, noi della Pagina suggeriamo i collaudati abbinamenti dei nostri nonni: un rosso leggero per il timballo, come il Barbera d’Asti - se usate il tartufo, un Dolcetto d’Alba ci starà molto bene, se invece preferite qualcosa di più fresco o non vi piace il rosso, un Etna Bianco. Per il panettone, certamente il classico abbinamento con uno spumante, ma che sia di qualità.

Ricette:

•Timballo:
https://www.unprincipeincucina.com/recipes/timpano-siciliano-al-bianco-antico/

• Crema chiboust:
https://www.unprincipeincucina.com/recipes/chiboust-allarancia/

• Salsa al cioccolato:
https://www.unprincipeincucina.com/recipes/salsa-al-cioccolato/

18/12/2023

𝗗𝗘𝗡𝗧𝗥𝗢 𝗨𝗡 𝗖𝗔𝗣𝗢𝗟𝗔𝗩𝗢𝗥𝗢: "𝗖𝗥𝗢𝗖𝗜𝗙𝗜𝗦𝗦𝗜𝗢𝗡𝗘 𝗗𝗜 𝗦𝗔𝗡 𝗣𝗜𝗘𝗧𝗥𝗢" 𝗱𝗶 𝗖𝗮𝗿𝗮𝘃𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼

Il capolavoro dentro cui viaggiamo oggi è uno dei miei preferiti di Caravaggio, la “Crocifissione di san Pietro”.

L’opera si trova oggi nella Ca****la Cerasi di Santa Maria del Popolo a Roma, dove è conservata assieme alla “Conversione di San Paolo”. Le due opere erano state commissionate al Merisi da monsignor Tiberio Cerasi nel 1600. A proposito della collocazione in una chiesa, come sempre abbiamo una notizia buona e una cattiva.

Quella buona è che le due tele le potete vedere gratis, quella cattiva è un po’ più articolata e fa sì che, almeno il Vostro narratore, volentieri pagherebbe per vederle in un museo. Infatti, per ammirare questi due capolavori dovete fare lo slalom tra le varie messe – durante le funzioni non si possono ammirare i capolavori – e tra i vari prelati che vi bersagliano coi loro “ssssshhhh” se solo osate parlare.

Non solo, le luci sono ovviamente pessime e il torcicollo in agguato, vista la posizione di sbieco che non permette in nessun modo di poter apprezzare a dovere le due tele. Insomma, San Pietro e Paolo stanno benissimo in chiesa, ma le opere che li raffigurano starebbero molto meglio in un bel museo. Specie quelle di Caravaggio.

Parliamo dell’opera.
Pare impossibile che – proprio nello stesso periodo in cui Merisi dipinge un capolavoro così sublime – la vita di Caravaggio si svolga dentro e fuori dal carcere di Tor Nona, eletto dall’artista a sua seconda residenza. Liti, risse, schiamazzi, ma non solo. Nel novembre del 1600, ospite del cardinale Del Monte nel sontuoso Palazzo Madama, Caravaggio si diletta a percuotere e malmenare con un bastone il nobile Girolamo Stampa da Montepulciano.

Nulla da dire: Caravaggio sapeva come animare una festa.

Come nel caso del San Paolo, anche la “Crocifissione” è una seconda versione dell’opera commissionata. A differenza della “Conversione”, però, la tela originale non è sopravvissuta al tempo. Il motivo? Pare che le dimensioni fossero state ridotte a lavoro già iniziato: possiamo solo immaginare le imprecazioni del Merisi.

Mai come in questo caso, però, si può dire “buona la seconda!”, infatti, pur non conoscendo l’originale, pare impossibile che potesse superare la meraviglia di quella pervenuta.

La storia di San Pietro crocifisso a testa in giù durante le persecuzioni di Nerone è ben nota e Caravaggio si rifà a quella. Se il primo Papa finì davvero così non lo sappiamo: la storia è infatti leggendaria e non sappiamo se Pietro sia davvero morto a Roma, come non sappiamo praticamente quasi nulla sulla sua figura storica.

La versione di Caravaggio, come nel suo stile, è antieroica e lontana da qualsiasi visione romanticizzata. Pietro è un povero vecchio terrorizzato dal supplizio a cui va incontro, ma le altre figure sono ben lontane da aguzzini che si divertono a torturarlo. No, come sempre in Caravaggio, gli umili, le manovalanze, sono considerate dal pittore altrettanto importanti, quasi eroiche. Almeno al pari del santo.

I tre uomini che issano la croce, coi piedi sporchi e la fatica dipinta sul viso, sono solo tre poveracci che fanno il loro lavoro. Né più né meno, la vera ferocia è quella di chi comanda e decide il destino sia del santo che di chi esegue gli ordini. Una lettura quasi marxista, tutto sommato, solo quasi trecento anni prima.

La composizione, ci avete mai fatto caso?, traccia coi corpi presenti e l’asse della croce, una X. Le luci danno corpo ai volumi in modo tipicamente caravaggesco, qui ancora più che in tante altre tele, creando un contrasto violento con lo sfondo nero. I particolari, poi, sono una vera gioia per gli occhi, dalla luce che si riflette sulle unghie di Pietro ma anche dell’uomo che tira la corda, alla fronte corrugata per lo sforzo dell’uomo che regge la croce.

Per non parlare dell’anatomia di Pietro, dai piedi alle ginocchia tracciate dalla luce, fino alla sua espressione dolente e molto umana. Insomma, per me la “Crocifissione di San Pietro” è uno degli esempi più alti dell’inarrivabile arte di Caravaggio, una visione laica e terrificante del martirio e del punto dove può spingersi la crudeltà dell’uomo.

09/10/2023

🎉🎊Vi aspetto numerosi 🥳🤩

27/08/2023
27/08/2023
27/08/2023
La Via della Seta in Sicilia ❤️
27/08/2023

La Via della Seta in Sicilia ❤️

Nella foto un allevamento del baco da seta in Sicilia.

LA STORIA della "VIA DELLA SETA" Siciliana

La bacocultura è arrivata in Europa grazie ai Bizantini. Dopo la conquista della Sicilia da parte degli Arabi, la regione divenne sede di ingenti coltivazioni di bachi da seta, tanto da diventare l'attività più redditizia di tutta la zona: i prodotti lavorati in Sicilia furono esportati in tutto il mondo e furono molto apprezzati soprattutto dalle classi nobili, soppiantando la supremazia cinese nel settore. Nacque addirittura lo stile "alla siciliana", molto richiesto grazie alla sua bellezza.

La città Siciliana che divenne centrale per la "Via della Seta" dell'epoca fu Messina. Le coltivazioni di baco da seta erano estese in tutta il Val Demone, territorio che copriva quasi per intero l'attuale Provincia di Messina con i rilievi dei Nebrodi e l'Etna. La grande quantità di seta prodotta conquistò anche gli Svevi e gli Aragonesi che si stabilizzarono nel territorio.

L'industria della seta siciliana, fiorente a Messina crollò definitivamente nel 1783 quando, a causa di un terremoto e di una malattia che aveva colpito i bachi da seta siciliani (debellata nel 1874), si decise di rinunciare ad investire ancora nell'attività bachi-sericola.
Il Novecento è segnato da timidi tentativi di far riprendere la "Via della Seta" ma tutte le attività cessarono nel secondo dopoguerra, quando si capì che per Messina non c'era più posto per la seta.

Foto e Testo di Lazzaro Langellotti.


I Giganti Mata e Grifone
19/08/2023

I Giganti Mata e Grifone

𝐌𝐚𝐭𝐚 𝐞 𝐆𝐫𝐢𝐟𝐨𝐧𝐞 𝐮 𝐠𝐢𝐠𝐚𝐧𝐭𝐢 𝐞 𝐚 𝐠𝐢𝐠𝐚𝐧𝐭𝐢𝐬𝐬𝐚!!
Ecco cosa narra la leggenda… Il moro saraceno di nome Hassas Ibn-Hammar, arrivò sulle coste messinesi e godendo di uno spettacolo unico quale è lo stretto, conobbe Marta, da tutti chiamata Mata in forma dialettale.

👸 Mata era bellissima ma non era una contadina qualunque, lei era la figlia del Re Cosimo II.
🤴🏿 Il condottiero saraceno s'innamorò di Mata ma, per poterla sposare, il Re Cosimo II obbligò lo straniero a convertirsi al cristianesimo.

Dopo un lungo periodo, il saraceno venne battezzato con il nome di Grifo ma tutti, lo chiamavano Grifone, a causa del suo fisico statuario e imponente.
Grazie al battesimo poté sposare Mata ed insieme ebbero tanti figli che, secondo la leggenda, furono i primi abitanti della città di Messina 💛❤️

📌Oggi alle ore 21 è in programma la “Passeggiata dei Giganti e del Cammello” con partenza da piazza Unione Europea, accompagnati dai Gruppi Folk "Mata e Grifone".

18/08/2023
Etna, il regno di Adranos e dei cirnechi
18/08/2023

Etna, il regno di Adranos e dei cirnechi

La sua caratteristica è di essere collante tra la Sicilia e l’antico Egitto. Si tratta di una razza siciliana molto antica, noto come cane da caccia con un passato davvero glorioso. Il mito di Adrano e l’Etna Le sue origini risalirebbero al 1000 a.C. e si dice che i suoi discendenti siano i can...

18/08/2023
17/08/2023

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Acireale

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Mi chiamo Vera, diminutivo di Venera. Sono una guida turistica autorizzata. Adoro la “mia” Isola e soprattutto raccontarla a chi ha il desiderio di scoprire, assaporare e vivere un’emozione indimenticabile e autentica della Sicilia.


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