01/03/2021
Il biciclittista di fiducia delle nostre 3 grazielle ❤️
📻🎙️AMICA NEWS: PARTINICO
IN VIAGGIO NEL PASSATO:
IL PROFESSORE SERGIO BONNI', RACCONTA LA PARTINICO DI UN TEMPO ATTRAVERSO PERSONAGGI E STORIE 🖋️
“MASTRU GIACINTO” GIAMPORCARO, L’ULTIMO “BICICLITTISTA” DELLA VECCHIA GENERAZIONE ANCORA IN ATTIVITA’ A PARTINICO
Derubato della bicicletta, indispensabile per il lavoro appena trovato, disoccupato va col figlioletto alla ricerca del ladro attraverso la Roma del dopoguerra, incontrando solidarietà, indifferenza, aperta ostilità.
Il riferimento è al film “Ladri di biciclette”, frutto del sodalizio De Sica – Zavattini, uno dei capolavori del neo-realismo italiano.
Allargando l’orizzonte al mondo del ciclismo, si può affermare che per un corridore non è esaltante solo il momento in cui si taglia il traguardo del vincitore, ma anche quello quando, durante la corsa, si decide di “scattare” per tentare di staccare gli avversari.
La bicicletta e lo sport ad essa legato, cioè il ciclismo, si possono condividere metafore della nostra esistenza: sgomitare, faticare, inghiottire la polvere di un percorso pieno di insidie, etc.., , come in una gara ciclistica, quindi, la vita ci riserva salite, discese, scatti, obiettivi da raggiungere e in certi casi, mesti e dolorosi “ritiri”.
A partire dagli anni ’40 e fino agli anni ’70 del secolo scorso, circolavano nelle nostre strade, la maggior parte delle quali sterrate, centinaia di velocipedi. Nati come mezzi di locomozione del tempo libero, successivamente hanno rappresentato il veicolo di lavoro più diffuso anche nella nostra Partinico. Per saperne di più, sull’utilizzo e l’importanza della bicicletta nella nostra zona, mi rivolgo ad uno specialista del settore .
“Mastru Giacinto”, oggi 78enne, è l’ultimo della vecchia guardia di “biciclittisti” partinicesi ancora in attività; gestisce un piccolo laboratorio per le riparazioni dei mezzi ciclati in una delle vie alle spalle del municipio. Oggi esercita per passione e solo nelle belle stagioni. Dalla luce dei suoi occhi, mentre mi parla, intravedo nell’artigiano saggezza, dignità e un’intera vita dedita ad un lavoro onesto .
Mi ricorda che fino alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, erano in tanti, nel nostro paese, i “mastri biciclittisti”. Tra questi ricorda “Mastru Piddu Patti” , fratello del famoso ciclista Ciccio Patti, il cui laboratorio si trovava vicino la Chiesa di San Giuseppe; “Don Fifiddu Rubino”, che esercitava dalle parti del monumento “; ‘nna strata ranni esercitava Giovanni Giovia inteso “Scalabino” e “Mastru Viciuzzu Palmeri” in Via Nullo. In Via Francesco Crispi teneva il laboratorio “Mastru Pinu Chimenti”.
A Borgetto, sempre nello stesso periodo, c’era un mastro “biciclittista” che ritirava con la sua “lapa” le biciclette da riparare, tale “Mastru Mim iddu La Rosa”.
“Mastru” Giacinto Giamporcaro , come la stragrande maggioranza dei ragazzi del secolo scorso, che a 7/8 anni andavano a “mastru”, a quell’età comincia a frequentare il laboratorio di “Mastru Pinu Chimenti”. Nel 1959, dopo avere imparato i rudimenti del mestiere, si mette in proprio e apre il laboratorio in Via Madonna del Ponte, angolo Piazza Umberto I, dove rimarrà per 35 anni. Il periodo migliore, riguardante la vendita di biciclette, mi racconta, è quello che va a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 e coincide anche con la messa in commercio della famosa “Graziella”, bicicletta pieghevole adatta a tutti, molto popolare, e che ha rappresentato una delle più importanti icone del Made in Italy degli anni ’60. Questa nuova bici contribuì in maniera decisiva a rivoluzionare la percezione comune del velocipede, che fino agli anni ’50 era considerato solo mezzo sportivo o di trasporto “povero”, e che negli anni del boom economico divenne uno status symbol della nuova gioventù benestante. Contemporaneamente, per il lavoro, ci si continuava ad affidare alle biciclette modello per uomo n° 26 e 28.
Ricorda “Mastru Giacinto”:
“Nella seconda metà degli anni ’70, il mercato della bicicletta subisce una profonda crisi per l’introduzione nello stesso, dei motorini , prodotti dalle ditte italiane Piaggio e Benelli e venduti a prezzi concorrenziali e a rate, ed inoltre, in quel periodo, l’assicurazione del mezzo non era obbligatoria. Da quegli anni a seguire la bicicletta viene utilizzata principalmente per lo sport e il tempo libero. Ritornando indietro di qualche decennio (anni ’50 – ’60) la bicicletta rappresentava il mezzo di trasporto più diffuso. Tutti i mastri biciclittisti modificavano, specie il modello n° 28, il più diffuso, a seconda delle esigenze del richiedente, per esempio, ruota posteriore a furgoncino e cassettone anteriore. Le biciclette venivano adattate alle varie esigenze dei lavoratori, specie per i venditori ambulanti, e di coloro che consegnavano le varie merci (bombole, latte, acqua etc.) a domicilio.
Tra i rivenditori di biciclette degli anni ’50 mi vengono in mente i fratelli Croce, successivamente anche la Stands di Giordano in Corso dei Mille, di Parrino in Via Principe Amedeo, ma anche i sopracitati biciclittisti che all’occorrenza diventavano rivenditori.
Ricordo che negli anni ’60 una bicicletta costava 18.000 lire e che pochi potevano acquistarla in contanti. La maggior parte dei miei clienti comprava a rate, tramite cambiali, e capitava non di rado che non tutti riuscivano a completare i pagamenti, mandando le cambiali in protesto. Uno pneumatico della bici costava 500 lire, la camera d’aria 250 lire e una riparazione 50 lire. La camera d’aria delle bici veniva riparata tante di quelle volte che spesso neanch’io riuscivo a risalire quale fosse il pezzo originale. La valvola della camera d’aria era quella più soggetta a usura; quindi dovevo staccarla, tappare il buco e trasferirla in un’altro spazio ancora . Sostituire una camera d’aria era molto costos;, per dare l’idea, con la stessa somma un manovale sfamava la famiglia per diversi giorni. La stessa cosa capitava per i pneumatici che venivano accavallati uno sull’altro. Rattoppi ovunque e spesso in estate, con il calore, i rattoppi incollati si . Insomma per dirla in breve ”.
“Mastru Giacinto” classe ’42, continua a divertirsi lavorando e mi dice che continuerà a farlo fino a quando le forze lo sosterranno.
Cosa dire ? Auguriamo a “Mastru Giacinto” di continuare a riparare le sue amate biciclette per i prossimi cento anni.