19/10/2018
Guida turistica archeologica della Sardegna
? nelle coste sarde si trova il relitto più bello del Mediterraneo!
Sicuramente è il più fruibile e fra i più facili da esplorare, adagiata sul fondale del golfo di Orosei dal 1943, si nasconde una nave da guerra tedesca, è il KT12 , mai arrivato a destinazione.
Questo relitto nasconde ancora tanti misteri, ne scopriremo qualcuno insieme...
KT sta per “Krieg Transporte”, ovvero trasporto da guerra, ed era la sigla per indicare una serie di navi usate dalla Kriegsmarine, la marina tedesca, costruite in vari luoghi. Erano delle navi da trasporto militare. Sul KT12, costruito a Livorno, c’era un equipaggio di 30 persone. Affondato il 10 giugno 1943 dal sottomarino britannico Safari, si trova oggi a poca distanza dalla costa di Orosei, di fronte alla spiaggia di Osalla.
La prua si trova a circa 800 metri di distanza dal resto della nave, mentre intorno ci sono vari detriti. È tra i relitti più visitati del Mediterraneo.
Nella zona di Orosei sono presenti anche altri relitti della Seconda guerra mondiale, come l’Ausonia e il Nasello, sempre affondati dal Safari.
Ci troviamo a poca distanza dalla costa di Orosei, a circa 34 metri di profondità, il relitto del KT12 è una nave da guerra tedesca affondata durante la Seconda guerra mondiale. A colpire subito, oltre al fatto che si trova adagiato sul fondale come se stesse navigando, è il cannone puntato verso l’alto, come se volesse ancora difendersi da un potenziale pericolo aereo. Ma per il KT12, partito da Livorno con direzione il Nordafrica facendo scalo a Cagliari,e mai giunto a destinazione, il pericolo arrivò dal basso, era il 10 giugno del 1943 quando questa nave tedesca che trasportava 30 uomini e molto carburante venne colpita da un sommergibile britannico, il temibile Safari, responsabile anche di molti altri affondamenti.
- Proprio dal diario di bordo del sottomarino britannico possiamo leggere una cronaca dell’attacco:
La mattina del 10 giugno, alle 11.55 leggiamo: “Avvistato un piccolo mercantile”. Poco dopo, alle 12.19: “Lanciati 3 siluri […] uno colpisce la nave”.
Alle 12.26 viene descritta la seguente scena: “La sala motori e la poppa della nave bruciano furiosamente. Il carico sembra essere costituito da automezzi e fusti di petrolio. Rottami della barca a galla. Molte piccole deflagrazioni sulla superficie dell’acqua fino a 4 cables di distanza, nel mezzo si può vedere l’E-boot che recupera sopravvissuti coperti d’olio”.
In realtà non era un E-boot (cioè i battelli veloci, armati, della marina tedesca) ma una lancia di salvataggio. L’equipaggio del Safari se ne accorge (“decidiamo di lasciarla al suo compito umanitario”) e attende, osservando la scena da distanza. Poi alle 13.00 in punto segnano sul diario di bordo: “La nave affonda nel punto 40.21 N e 09.45 E.”, esattamente 41 minuti dopo il lancio dei siluri. L’affondamento è completato.
(I testi del diario di bordo del Safari sono tratti da “Relitti in Sardegna” di Egidio Trainito, Ed. Taphros)
La nave si spezzò in due: la prua, colpita dal siluro, andò a fondo subito, mentre il resto dell’imbarcazione sparì sott’acqua circa 40 minuti dopo. Il carburante che trasportava prese fuoco e si sparse sulla superficie, trasformando il mare in una trappola infernale. Alcuni uomini morirono subito, altri invece arrivarono a riva, soccorsi dagli abitanti di Orosei, con ustioni gravi e la pelle a brandelli. Per molti giorni il mare continuò a restituire cadaveri. Nascosto sotto 34 metri d’acqua, tra pesci e alghe, lontano dai rumori del presente, il relitto del KT12 ci ricorda una guerra terribile che colpì l’Europa e il Mediterraneo provocando la morte di milioni di persone, e che coinvolse anche la Sardegna. La gente di Orosei la chiamava “la petroliera” per una storia piuttosto curiosa. Dopo l’attacco ovviamente a riva c’è stata molta confusione, quando la nave è stata colpita dal sommergibile Safari, dei tre siluri sparati due sono arrivati in riva ancora non esplosi. I ragazzini ci saltavano sopra, ci giocavano, finché qualche mese dopo i due siluri sono stati fatti brillare. L’affondamento è durato circa 40 minuti, a bordo e tutto intorno si sviluppò un incendio furioso, perché la nave trasportava fusti di carburante. Alcuni fusti si sono incendiati, altri risalivano in superficie e galleggiavano, la gente ha iniziato a recuperarli per prendere quel carburante che si stava per perdere. Consideriamo che era il 1943, carburante non ce n’era, quindi questa era una manna per la gente. Per questo motivo la chiamavano la petroliera. Era una diventata una risorsa. E in un certo senso lo è tuttora: ci vanno centinaia di persone ogni anno a fare le immersioni.
Oggi restano un camion con le ruote, i cannoncini, e poi delle strutture che probabilmente possiamo considerare dei precursori dei radar mentre le lamiere sono ormai ossidate e la natura fa il suo corso.
Ma cosa era il Safari? L’altro protagonista di questa storia è un sottomarino da guerra britannico lanciato nel novembre del 1941. Fu responsabile di diversi attacchi nel Mediterraneo riuscendo ad affondare molte navi italiane e tedesche. Era stato costruito grazie al contributo dei cittadini di Dereham, un piccolo centro della contea del Norfolk, durante una Warship Week, cioè una raccolta fondi locale con la quale tutti erano invitati ad “adottare” una nave da guerra. Curiosamente il Safari oggi condivide la sorte di molte delle navi che affondò durante la sua carriera. Infatti nel 1946 venne affondato nel Canale della Manica, alla profondità di 44 metri, diventando in seguito un sito popolare per le immersioni.
Una vera perla per chi ama le immersioni e l’avventura: i subacquei lo definiscono infatti il relitto più bello del Mediterraneo, di sicuro è fra i più fruibili, Il KT12 ha delle caratteristiche che lo rendono ideale da esplorare e fotografare: intanto è a una quota praticamente ideale per un relitto, perché è a soli 34 metri, quindi in condizioni di luce ottime, su un fondo di sabbia, in piedi, come se stesse navigando.
L'ideale per un salto nella storia a soli 5 minuti di navigazione da una meravigliosa costa.
( Fonti: sardegnaabbandonata.it e foto di Egidio Trainito)