03/04/2021
“C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. Era il giorno della parasceve e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati.” (Dal Vangelo secondo Luca, 50-56).
L’opera di Antonio Ciseri raffigura il corpo di Cristo, pallido quasi diafano, appena deposto dalla croce, sorretto da due uomini e seguito da un corteo di donne addolorate, tra cui la Vergine e Maria Maddalena, e San Giovanni Evangelista.
L’artista affida alle figure femminili il vertice emotivo del racconto. Giovanni appare attonito; il vecchio Giuseppe di Arimatea è curvo per lo sforzo. Sono Maria e Maddalena a dimostrare il massimo del cordoglio: l’una accompagna il figlio al sepolcro con un gesto materno, stremata dal dolore, l’altra piange nella disperazione, ma sensuale anche nel lutto.
“L’impressione indefinibile come di estasi dolorosa” (Emilio Motta) che caratterizza la tela, è resa magistralmente dall’uso sapiente di luci e ombre. Sul corpo del Cristo morto si riverbera una luce bianco-giallognola che si ritrova anche sui corpi degli altri personaggi che lo accompagnano alla sepoltura.
La semplice bellezza dei dettagli della composizione tralascia gli aspetti dogmatici per concentrarsi sui significati umani, intrisi di intenso dolore.
Il corpo di Gesù Cristo verrà deposto nel Santo Sepolcro: seguirà silenzio e raccoglimento nell’attesa della Resurrezione.
Antonio Ciseri, Trasporto di Cristo al sepolcro, 1891, Galleria d'Arte Moderna, Palazzo Pitti