19/08/2024
Buongiorno Puglia e buon inizio settimana ⛅
Avete mai visitato Il Frantoio semi-ipogeo nel Palazzo Marchesale??
La struttura in parte scavata nel banco roccioso calcarenitico locale presenta una copertura a volta su pilastri, e risale, nella sua connotazione attuale, al 1845 anno in cui fu costruita dall’agronomobLuigi Semola a ridosso dell’ala est del Palazzo Marchesale, prospiciente l’odierna via Garibaldi e con affaccio sul cortile retrostante prospiciente Via Castello.
L’ingresso al frantoio è su via Garibaldi, di fronte alla Via Mazzarella, probabilmente in corrispondenza di una originaria rientranza del perimetro della cinta muraria, forse un accesso al cortile posteriore testimoniato dalla presenza della cordolatura delle mura aragonesi che svolta ad angolo retto verso l’interno della costruzione.
Le uniche notizie certe sul frantoio le dobbiamo a Giuseppe Castiglione che nella sua opera "Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato" a cura di F. Cirelli, Fasc. X, del 1856, testimonia che
lo stabilimento oleario del Principe di Belmonte, disponeva di 16 vasche a due pietre, di 5 pressoi idraulici e 48 muli che si alternavano alle macine ed era dotato di 72 lumi a gas, unico esempio in provincia, consentiva la molitura di giorno e di notte, ininterrottamente, per diversi mesi all’anno.
Unico nel suo genere in provincia, dava lavoro a 64 operai e veniva quotidianamente frequentato da almeno 100 persone che partecipavano all’estrazione di olio comune e di oli fini.
L'organismo architettonico, oggetto di intervento, presenta una pianta a schema quadrangolare dell’ estensione di circa 600 mq suddivisa in 16 campate con copertura di volte a stella dove si individua quello che rimane dei bacini delle vasche per la molitura (in parte dirute), le presse, i pozzetti di decantazione dell’olio scavati nel tufo, i pilastri in muratura per l’alloggiamento delle presse, le pile e le vasche per il deposito dell’olio e nelle volte le aperture attualmente chiuse da lucernari che permettevano l’areazione degli ambienti nei confronti dei vapori di fermentazione delle olive. Sono inoltre presenti varie vasche scavate nel pavimento caratterizzate da comunicazioni a serpentina (Angeli, Purgatorio ed Inferno), dove l'olio passando successivamente da una all'altra, si differenziava in diverse qualità, oltre alla lacrima ed all'olio vergine, ottenuti rispettivamente dopo la prima molitura delle olive nello scolo spontaneo dai fiscoli sistemati alla base dei torchi e dalla prima pressatura.
Il frantoio comunica, attraverso un androne coperto con volte a spigolo, con il salone semi-ipogeo di forma rettangolare voltato a botte (originariamente destinato a stalla) nella cui estremità, a
ridosso della torre quattrocentesca, lo scavo archeologico ha evidenziato la presenza di una cava di estrazione e l’impianto di una cripta ipogea (di epoca precedente alla cava) e con altri due ambienti di più vecchia datazione che immettono nel cortile interno del Palazzo. La struttura muraria dell’edificio e le volte sono realizzate in conci di pietra calcarea locale (tufo e carparo), legati con malta di bolo mista e sono ricoperti da scialbo.
All’esterno dell’opificio, nel cortile retrostante prospettante su via Castello, è stata rinvenuta una profonda cavità circolare, una sorta di pozzo, intorno alla quale sono disposte a raggiera dodici
vasche in muratura. La struttura semi diruta, sicuramente connessa al ciclo di produzione dell’olio, presenta tracce di intonaco sulle pareti e sulla sua funzione sono state avanzate fantasiose ipotesi.