31/05/2024
La crudeltà del rapporto tra la guerra e i bambini è comunemente intuibile, ma sostanzialmente trascurata: la percezione ne è effimera e rifugge dal pensiero riflesso; e del resto i bambini non rientrano nella vera contabilità della guerra: non hanno titolo a risarcimento, non hanno accesso alla diplomazia, e non hanno alcun peso nei libri di storia: loro malgrado, essi sono solo gli angeli inviati dal destino nell'inferno, quello in cui si sono trasformate le loro culle, i loro banchi di scuola e le loro strade.
Grazie a qualche fotografia, meravigliosa e rara, abbiamo imparato a conservare una memoria dei bambini delle riserve indiane, dei bambini delle deportazioni, della bambina vietnamita in fuga dal na**lm, e di molti altri luoghi di catastrofe: ma solo una memoria fugace, che non abbiamo mai trasmesso ad altri, e che anche quando riportata sui libri, letteralmente, "non fa testo".
Ma la guerra di Gaza, oggi in corso, è forse qualcosa di più: essa, forse per la prima volta, comincia a essere percepita come una guerra contro i bambini: "contro i bambini", nella sua essenza. Pure, la percezione non è pensiero, non è riflessione, non è argomento, non è discorso: perchè i suoi protagonisti sono sempre angeli muti; e allora, in questo loro mondo "indicibile", come farli parlare?
Jeremy Lester, un vecchio professore inglese da anni impegnato in vari campi profughi del calvario mediorientale, nel contesto della tragedia palestinese oggi in corso si è dedicato a questa missione: convincere gli angeli a disegnare, per esprimere con immagini l'inesprimibile.
Ma come poter tradurre in immagine il caos del mondo in pezzi? Della casa sfracellata, del fratello mutilato, dei mattoni spezzati, della madre morta...? Come poter confidare di nuovo in una "trama", una tessitura che possa dirsi propriamente umana? Jeremy ha proposto una condizione elementare, ovvero ancorare 'due' immagini su un 'legame': "come vedi il tuo mondo oggi, e come desideri il tuo mondo domani?".
Se due immagini possono fare un legame, e dieci bambini possono fare ciascuno due immagini, il legame diventa già un argomento: si può radicare nel suolo, per quanto questo sia cosparso di macerie, e si può radicare nell'anima, per quanto questa sia ammutolita e persa; è una traccia che parla: l'angelo la esprime, e io, tu, lui e altri possiamo leggerla e conservarla.
Non è una stella cometa in un cielo di presepe: è una traccia in terra, segnata dai bambini del campo profughi di Deisheh, a Betlemme.