17/09/2022
Racconti dell'infanzia nei Sassi
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Oggi vi raccontiamo di....
Quando si parla di Matera, si parla dei Sassi, delle sue bellezze architettoniche e naturalistiche, ma Matera è viva di tradizioni e leggende.
Oggi vi raccontiamo di "u monacidd"
Un piccolo essere gracile, piccolo, molto simile ad uno gnomo affolla le notti dei contadini dei sassi.
Uno spiritello, che si diverte a fare dispetti, che salta sulla pancia per togliere il respiro, che sfila le coperte durante le lunghe e fredde notti d’inverno, che sghignazza rompendo piatti, spargendo cocci, che nasconde le cose, che intreccia i crini dei cavalli, solo per il piacere di spaventare e indispettire il malcapitato.
Riuscire ad agguantare il suo cappello però, porta fortuna, pur di riaverlo è disposto a cedere grosse ricchezze.
Per la tradizione popolare è un bimbetto, morto prima di ricevere il battesimo, molto agile che indossa sempre un cappello a punta solitamente rosso, più grande della sua testa.
Una leggenda, questa del monacello, da leggere in chiave leggera, il monacello non ha cattiveria, ma grazie al cappello magico può cambiare il destino di un’intera famiglia, portandola fuori dallo stato di miseria, povertà, e rassegnazione che animava gli ultimi.
L’alone di mistero e di magia che pervade la figura del monacidd è parte integrante della cultura contadina analfabeta dei secoli passati, che si nutriva di miti e leggende capaci di dare un senso ad eventi altrimenti inspiegabili senza un briciolo di istruzione e conoscenza.
Del monacidd si hanno diverse descrizioni, comuni un po in tutto il sud, qui in Basilicata abbiamo quella fatta da Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato ad Eboli: “sono esseri piccolissimi ed allegri, corrono veloci qua e là, il loro maggior piacere è di fare ai cristiani ogni sorta di dispetto. Fanno il solletico sotto i piedi agli uomini addormentati, [...] pungono e fischiano come zanzare. Ma sono innocenti. I loro malanni non sono mai seri, hanno sempre l’aspetto di un gioco, e per quanto fastidiosi, non ne nasce mai nulla di grave.”
(foto dal web)