04/07/2023
MAURIZIO SARRI E IL CICLISMO:
“La storia comincia da sempre, la mia famiglia è una famiglia di ciclisti, nonno babbo, zii, era normale appassionarsi e andare in bicicletta. L’anomalia per me è stata il calcio, non il ciclismo. Ero un buon ciclista e un giocatore mediocre, sentivo la responsabilità di fare i risultati, venendo da una famiglia di ciclisti. Poi tutti i miei amici giocavano a calcio e ho cominciato a giocare a calcio, ma l’amore per il ciclismo è rimasto sempre.
Il mio primo ricordo del ciclismo è un Giro d’Italia vinto da Gimondi, mi sembra su Anquetil, ma ero piccolino, la "fulminata" totale me l’ha data Francesco Moser, andavo a giocare e calcolavo le ammonizioni per essere squalificato il giorno della Parigi-Roubaix. Moser l’ho seguito con una passione enorme. Lo trovai una mattina in Versilia in bicicletta, girai e mi misi qualche metro dietro di lui.
Noi abbiamo un’età e cominciamo a pensare che il periodo precedente è sempre più bello, ma a differenza di altri sport nel ciclismo c’è la strada e la strada è sempre quella. Ora abbiamo la fortuna di assistere a un periodo bello, con tre, quattro interpreti che rendono la corsa interessante, non solo gli ultimi tre, quattro chilometri. Quello che c’è attualmente io l’ho visto in poche generazioni.
Le corse le guardo la notte, aprile è il mese delle classiche e è anche il periodo decisivo della stagione (nel calcio ndr), quindi cerco di spegnere i telefonini e poi quando ho chiuso con il lavoro, alle nove o alle dieci mi metto lì e mi guardo tutta la tappa.
Fra una finale di Champions e la Parigi-Roubaix, guarderei la Parigi-Roubaix tutta la vita.
La differenza fondamentale tra il calcio e il ciclismo è che nel calcio si fa un gioco, nel ciclismo si fa uno sport. Nel calcio può essere più importante l’abilità tecnica di un’espressione fisica al 100%. Nel ciclismo se non vai al massimo dell’espressione fisica, non c’è soluzione, quindi i ragazzi che fanno ciclismo sono molto più attenti ai particolari. Penso che a livello di reintegri e di alimentazione siano molto più avanti rispetto al calcio.
Landismo e Sarrismo sono quelle filosofie bellissime e quasi sempre perdenti, perché il bello è il viaggio, non la meta del viaggio, a noi piace questo viaggio, poi se al termine arriva la vittoria bene, ma non è la sola cosa che conta.
I miei preferiti tra i corridori di adesso sono Pogacar e Van Aert, ma anche gli altri nomi sono quelli che rendono il ciclismo spettacolare. Diciamo che il Giro d’Italia è stato brutto, il Giro d’Italia è stato normale, mancavano questi corridori a dare spettacolo. Sono rimasti in gara due corridori che per caratteristiche non possono dare spettacolo. Roglic ha la sparata, ma è uno che prova a 800 metri dall’arrivo, Mister G è un trattore, una potenza mostruosa, ma non ha grandi cambi di ritmo per rendere la corsa spettacolare. Le due squadre predominanti del Giro avevano interessa a un certo tipo di corsa; è venuta fuori una corsa che fino a sette, otto, dieci anni fa, sarebbe stata una corsa normale, oggi ci siamo abituati a vedere un ciclismo diverso e siamo rimasti con l’amaro in bocca. È stato un buon Giro, ma bisogna cercare di portare questi grandi interpreti al Giro, ma mi rendo conto che è difficile e la differenza che c’è tra il Tour e il Giro attualmente è come quella che c’è tra la Premier League e la Serie A.
Siamo un momento in cui siamo in attesa di italiani, abbiamo corridori che possono far bene nelle corse di un giorno, ci manca quello che potrebbe dare visibilità a tutto il sistema ciclismo Italia e potrebbe far appassionare i giovani alla bicicletta”.
Maurizio Sarri - allenatore della Lazio, nell'intervista "A ruota libera" di Riccardo Magrini, su Eurosport.