04/06/2023
Ho sempre considerato la Riviera romagnola un caso di scuola senza tempo a livello mondiale, per quanto concerne la gestione del turismo, l’idea stessa di relax e divertimento.
Un esempio, studiato in ogni angolo della terra, di cui andare sinceramente orgogliosi da italiani.
Il tutto grazie a un territorio oggettivamente non baciato dall’altissimo come tanti altri litorali, aree o zone, che al confronto impallidiscono quanto a organizzazione e ricettività.
Quello che è stato fatto nelle ultime due settimane, però, ha (ancora una volta) dello stupefacente: la Riviera è stata letteralmente devastata dall’alluvione, le spiagge non esistevano più, l’acqua era arrivata ovunque trascinando con sé tonnellate di detriti, sporcizia, letame.
Un panorama avvilente, oltretutto nel momento in cui gli stabilimenti erano stati appena organizzati per il via della stagione, secondo una ferrea tabella di marcia che è uno dei tanti segreti ben noti della macchina turistica romagnola.
15 giorni fa non c’era più nulla, ieri le spiagge erano esattamente quelle dell’immaginario collettivo legato a Rimini-Riccione-Cattolica.
Spettacolare, a dimostrazione di un’efficienza da far impallidire i tedeschi, che non a caso da quando è stato inventato il concetto di “vacanza“ continuano a sciamare su quella costa, nonostante il turbinoso evolvere delle mode, dei “nuovi” turisti che come arrivano vanno via, mentre loro, gli olandesi, gli austriaci li ritroviamo sempre.
In si lavora per permettere agli altri di divertirsi e soprattutto “star bene” e lo si fa facendosi il mazzo, ma senza perdere mai di vista un po’ di buon umore. Il mix resta sempre quello: efficienza assoluta, ospitalità certosina, attenzione, cortesia, uno storico occhio di riguardo alle famiglie, perché la Riviera romagnola resta uno dei pochi posti dove la famiglia con bimbi si sente realmente coccolata da quando arriva a quando va via.
Un altro dei tanti elementi che fanno di quelle spiagge, di quegli alberghi, di quei ristoranti, degli eredi delle leggendarie pensioni degli anni Sessanta e Settanta una calamita senza pari.
In piedi e impariamo dai romagnoli.
Di Fulvio Giuliani