27/11/2024
Sono d'accordo con l'autrice...
Il 25 novembre è una giornata di rivendicazioni e lotta. Ma è anche la giornata in cui viene operato un sistematico tentativo di soffocamento di quelle rivendicazioni, di quella lotta e della nostra rabbia. Mentre aumentano le piazze, gli studi, la consapevolezza, le chiamate ai centri antiviolenza, cresce anche il tentativo di trasformarla in una ricorrenza per inaugurazioni e eventi. Non si contano più le nuove panchine rosse, decine quelle collocate anche quest'anno, di cui alcune intitolate a specifiche donne uccise. Né si contano le nuove dedicazioni, come il parco a Venezia a Giulia Cecchettin, o i nuovi monumenti: tra quelli di questi giorni c'è una statua a Lentate, "Elogio alla donna", realizzata, nessuna sorpresa, da un uomo. Senza considerare le varie iniziative artistiche, dalle spianate di scarpette rosse ai "muri delle bambole" - alcune nate con le migliori intenzioni decenni fa, e replicate acriticamente - che rappresentano sempre le donne come vittime passive.
Si tratta di eventi episodici, non nuovi ma in crescente aumento, buoni per un comunicato stampa e una frase sui social, utili a dimostrare che si è sensibili al problema una volta all’anno. Quest’anno ha svolto il compito anche il presidente del senato La Russa, in conferenza stampa davanti a una panchina rossa con un bizzarro tricolore apposto sopra.
Ma oltre alle loro inaugurazioni di fine novembre, le panchine, i monumenti e le installazioni restano a incidere nello spazio pubblico, a rappresentarci come vittime infantilizzandoci o schiacciando il ricordo di alcune di noi sul racconto della morte violenta. Senza dare nulla in cambio: come può una panchina farci sentire sicure?
Certo che servono iniziative per contrastare la violenza di genere, ma sono altre le vie da percorrere: l'educazione sessuo-affettiva nelle scuole e il sostegno ai centri antiviolenza, la parità salariale e la sicurezza sui luoghi di lavoro. E servono altre storie, prospettive che non ci schiaccino nel ruolo di vittime, ma che ridisegnino i luoghi che attraversiamo senza il bisogno di panchine rosse, bambole, monumenti, per loro, per noi, per tutte.
Per questo, anche oggi, abbiamo manifestato nelle piazze di tante città d'Italia. Ancora una volta. Sempre.