02/06/2023
Vacanza Super in barca a vela. Vi inoltro un racconto di viaggio fatto qualche anno fa’.
Dopo una depressione che ha interessato pesantemente tutto il
mediterraneo centro occidentale causando forti mareggiate ed
inconsuete nevicate soprattutto in Spagna, finalmente, lunedì 3
novembre dal porto di Almerimar, vicino Almeria, in una splendida
mattina assolata, a bordo del Sun Odjssej 51, un cabinato a vela di
16 metri con cui gli skipper oceanici Eugenio e Paola sono diretti per
lavoro nel paradiso dei Caraibi, sono partito, insieme a mia moglie
Eliana e ad altre sei persone amanti del mare conosciute solo due
giorni prima, per un indimenticabile viaggio che mi ha portato fino
alle isole Canarie.
Premetto che sono un non vedente assoluto di Conegliano, amante del
mare e delle barche a vela, in particolare delle derive, e che su
Penelope I, questo è il nome dell'imbarcazione, ero già salito la
scorsa estate per una splendida crociera di una settimana in Grecia.
A bordo, prima di partire, ci si accorda per gli orari di guardia al
timone, si prende visione delle dotazioni di sicurezza, del
funzionamento dei bagni e delle manovre in coperta. Per mia sicurezza
prendo dei riferimenti misurando le distanze contando i passi e
tastando con le dita la posizione delle drizze sugli stopper, delle
scotte sui vari winch e la collocazione del sartiame e dei bozzelli,
facendo tuttavia attenzione a non travolgere i miei colleghi
d'avventura.
Tolti i parabordi, le prime 70 milia scivolano via gran parte a motore
per l'assenza di vento, lungo una costa che sullo sfondo offre lo
spettacolo delle cime imbiancate dalle nevi della Sierra Nevada. Sotto
costa, dalle descrizioni, capisco che il paesaggio è brullo e
punteggiato qua e la da molteplici costruzioni in grigio cemento e
lucicanti nylon che coprono le numerose serre di frutta e verdura.
Dietro Di noi a poche milia, ci segue per un breve tratto un altro
veliero di undici metri con a bordo una simpatica coppia di Cagliari,
conosciuta nel porto da dove siamo partiti, che insieme al loro
scodinzolante ed affettuoso dalmata, uno splendido marinaio a quattro
zampe, è diretta in Brasile.
La prima notte, a causa di un fronte temporalesco segnalato dalle
cartine del meteofax di bordo, ci fermiamo a dormire nel porticciolo
di Benalmadena. Un porto difficile da localizzare in quanto, con il
buio della notte, i due fanali, rosso e verde, si confondono con le
innumerevoli luci colorate della costa andalusa. Ci ormeggiamo in
banchina, vicini al distributore di carburante, ma poco riparato dalle
onde. Trascorriamo quindi una notte assai movimentata a causa del
forte rollìo della barca. Ci svegliamo comunque con il buon profumo
del caffè, facciamo colazione tutti insieme, anche se personalmente
fatico ad uscire dal mio calduccio sacco a pelo, e poi, sbrigate le
ordinarie facende igieniche, smaltiamo gli abbondanti zuccheri con una
bella passeggiata nel pittoresco pueblo pieno di innumerevoli locali.
Con sorpresa, l'indomani scopro che in questo posto ero già venuto,
sebbene a piedi, una ventina d'anni prima, quando ancora ci vedevo,
durante una vacanza nella vicina Torremolinos.
Rientrati a bordo, dopo una carbonara mozzafiato preparata da Paola e
un breve relax, il nostro commandante Eugenio decide di salpare per
poter oltrepassare Gibilterra con la luce del Sole e con la corrente
di marea a favore. Con rotta per 240 gradi, fuori del porticciolo ci
aspetta il mare di Alboràn con grandi onde sollevate da un vento teso
che proviene da Sud ovest. Si mettono in pratica subito le manovre per
ridurre la randa e il fiocco, le due vele maggiori, e si issa la
trinchetta di prua per dare alla barca una maggiore stabilità.
Sono emozionato quando Eugenio, con un gesto di massima fiducia, mi
affida il timone di sopra vento. Per avere la massima concentrazione,
poso le mani sulla ruota a cercare il riferimento che indica la barra
al centro, presto attenzione all'inclinazione dello scafo rimanendo
in piedi a gambe un po' divaricate e faccio il possibile per
memorizzare sul viso la direzione da cui proviene il vento. Peccato
che ancora non esista una bussola digitale parlante che mi dica i
gradi in numero poiché riuscirei a mantenere la rotta con maggior
autonomia. A parte questo particolare tecnico, che spero prima o poi
venga risolto, la sensazione che provo è comunque fantastica. Mi
sembra di volare leggero sulle onde, sento gli spruzzi d'acqua
bagnarmi la cerata e mi piace tantissimo gustarmi le labbra piene di
salsedine. Vorrei poi piangere quando dalle voci sedute in pozzetto
ricevo persino dei complimenti: io, sempre alle prese nella vita
quotidiana con ostacoli di ogni genere e grato a chiunque si offra per
farmeli evitare, che porta a spasso nove vedenti per questo mare un
po’ tormentato.
Penelope mantiene una velocità tra i 7 e i 9 nodi in bolina, siamo ben
inclinati e sotto coperta tutto vibra. I colpi delle onde fanno
suonare persino la campana appesa sotto coperta nel quadrato della
dinette. Per qualcuna, non facciamo nomi, bracciale e cerotti non
bastano per cacciare il mal di mare. Altri sembrano indifferenti alla
tormenta e continuano a chiaccherare seduti al tavolo con le gambe e i
piedi ben puntati. Nelle cabine invece, chi cerca di riposare, deve
legarsi per non rotolare. Tuttavia milia dopo milia, come prevedeva il
bollettino meteo ricevuto con la radio VHF di bordo, il vento
diminuisce la sua intensità e, a poche ore da Gibilterra, Penelope I
rallenta decisamente la sua galoppata.
Lo stretto di gibilterra, oltre ad essere la porta d'ingresso delle
perturbazioni atlantiche, è molto insidioso, soprattutto di notte,
per le sue correnti e per l'abbondante traffico marittimo. Il
veneziano Bepi, un ufficiale di marina che nonostante i suoi 80 anni
dicono abbia un aspetto giovanile, descrive, riconoscendole dalle luci
di via, tutte le tipologie delle grandi navi che quasi sfioriamo.
Come previsto, mercoledì 5 novembre, alle prime luci dell'alba,
oltrepassiamo le mitiche colonne d'Ercole e subito dopo la punta
sp****la di Tarifa, il grande Oceano Atlantico si presenta con tutto
il suo vigore. Il rumore che sento tutt’attorno sembra quello di una
pentola in ebbollizione. A prua abbiamo ancora un'onda da sud ovest,
residuo della precedente depressione, che si contrasta con una forte
corrente di marea e con i 20/25 nodi di vento che soffiano dal
quadrante nord occidentale. Una condizione difficile che ci limita la
velocità a soli tre nodi con mure a dritta. Solo l'abilità e
l'esperienza del nostro skipper ci permette, dopo un paio d'ore di
bordi a zig zag, di superare con sollievo il Capo marocchino di
Espartel.
L'oceano, per la sua onda lunga e ritmata che assomiglia ad un
profondo respiro, a differenza dei precedenti mari, consente una
navigazione più fluida. In più, grazie al vento che gradualmente si
sposta verso est, possiamo aprire le vele e navigare con un’andatura
al lasco. L’effetto di tutto questo è il raddrizzamento dello scafo,
fin prima inclinato dall’andatura di bolina. Finalmente non si vive a
bordo più in posizione obliqua
La temperatura, grado dopo grado che scendiamo di latitudine diventa
sempre più gradevole e ben presto sul tavolo allargato in pozzetto
riappaiono stuzzichevoli aperitivi, si stappa e si brinda al parallelo
appena superato, si mangia il pane fresco e i dolcetti sfornati dalla
cucina di bordo. Sembriamo voraci cavallette quando divoriamo le
squisite prelibatezze preparate dalle mani di Paola.
Spesso ci vengono a trovare i delfini, si vedono nuotare le tartarughe
o, mentre qualcuno di noi cerca di abbronzarsi al sole, ci balza in
coperta qualche invadente pesce volante. Un giorno, arrivato dal
nulla, si è unito al nostro equipaggio anche una piccola rondine di
mare. Un uccellino tremante che, soccorso e coccolato dalle amorevoli
mani delle quattro signore a bordo, ha pernottato da noi sul ponte di
prua, tra la pazienza e il tender, lasciandoci pure numerosi
ricordini. Il bello è che alla mattina seguente, prima di riprendere
il suo volo, ci ha sciolto il cuore dedicandoci un inedito e melodico
canto di ringraziamento.
Nelle notti, quando a poppa l’Aliseo soffia deciso, il mare ha il
rumore di una grande cascata ed è imbiancato dalla spuma dei frangenti
che riflettono con la luna. In coperta, durante i turni, siamo sempre
in tre persone e sebbene la mia seconda guardia sia dalle tre alle sei
di mattina, rimanere fuori a queste latitudini è straordinariamente
bello. Con gli occhi di chi è fuori con me, sempre attenti a dare
l'allarme se qualche nave incrocia pericolosamente la nostra rotta,
riesco a vedere a modo mio la bianca scia che lasciamo a poppa.
Guardando in sù, verso l’infinito universo, sogno anch’io pensando
alle stelle cadenti.
La mattina del 11 novembre, verso le 6, alla nostra prua, i lampi del
faro di Santa Cruz di Tenerife segnano per me la fine di un fantastico
viaggio nel quale ho conosciuto persone straordinarie e che mi ha
insegnato ancor di più a rispettare ed amare la natura.