01/08/2021
Con un velo di malinconia negli occhi, il guardiano del faro se ne va. Lascia la sua torre di pietra, dove ha lanciato per decenni lampi di luce sui naviganti del Mediterraneo e sugli occhi sognatori di chi salpava dall’Africa e capitava dalle sue parti: Portopalo di Capo Passero, la punta più a Sud della Sicilia e pure d’Italia se si esclude Lampedusa. Un faro, un simbolo. Lui è Giovanni Lupo, 67 anni, molti dei quali passati a scrutare il mare dall’altura di Cozzo Spadaro, dove la acque dello Ionio si gettano in quelle agitate del Canale di Sicilia. Succede che oggi Lupo faccia armi e bagagli e lasci il faro perché scatta la pensione. E non sa se sarà sostituito: «Mah». In via d’estinzione
Lavoro d’altri tempi, il suo, soppiantato dall’automazione di un mondo che cambia. «Siamo una razza in via di estinzione, in Italia saremo forse una quarantina. Il destino è quello perché ormai si controlla tutto a distanza», sospira nostalgico. Lupo è uno degli ultimi esemplari, fra i più fedeli e appassionati. «Se tornassi indietro lo rifarei. Ho scelto questo lavoro praticamente da bambino, dopo aver visto due sceneggiati, Il vecchio e il faro e I racconti del faro, che mi erano piaciuti molto. Io sono di Portopalo e vedevo nel cielo le spade di luce lanciate da Cozzo Spadaro. II mio sogno era viverci nel faro e devo dire che ci sono riuscito. Almeno fino a oggi questa è stata la mia casa. Qui è nata mia figlia, qui c’è mia moglie. Da domani andrò in paese». Scomparirà la professione ma di certo non scomparirà l’idea romantica del guardiano del faro. Orizzonti, solitudini, venti. Il faro è poesia, è tempesta. «Ma è anche 165 gradini da salire e scendere per arrivare alla lanterna a 83 metri sul livello del mare. Lì bisogna pulire, controllare, imbiancare…», scherza Lupo ma fino a un certo punto. Perché lassù c’è andato anche ieri. «Mi è sempre piaciuto essere un porto sicuro per chi è in mare. Anche se io non vedo loro, loro vedono me e questo è importante. Tre lampi ogni quindici secondi e sanno che la terra è qui». Il mare
La luce di Portopalo viaggia per 36 miglia marine, circa 70 chilometri, che significa essere in mezzo al mare rispetto a Malta. «Da lì le navi si orientano con due fari, il nostro e Siracusa o Punta Secca che è più vicino, quello di Montalbano». Il suo mondo è popolato di marinai, scogli e di gabbiani che gli parlano del tempo. «Quando sono bassi il mare al largo è grosso». Dal cielo arrivano aiuti e arriva anche uno dei nemici più temuti: il fulmine. Ne ha visti molti, in quarant’anni. Prima di fermarsi nella sua Portopalo, Lupo ha girato mezza Italia. La Spezia, Ancona e, soprattutto, Ustica. Nell’isola della strage del Dc9 ha vissuto gli anni più avventurosi, dal 1983 al 1987. «Una torre a strapiombo sul mare, isolata, lontana dal paese. Si raggiungeva percorrendo una mulattiera. Lì sì era impegnativo». E il nome della torre non aiutava: Omo morto. «Quando sono arrivato, la situazione era disastrosa. Il collega che lavorava con me dopo un mese ha rinunciato al posto perché non ce la faceva ad adattarsi. Rimasi da solo, con mia moglie». Lupo ricorda una notte di tempesta. «C’è stato un black out elettrico, sono salito in cima a vedere la lanterna e mi beccai un fulmine. Tremendo. Mi sono buttato giù per le scale per andare ad accendere il fanale di riserva ad acetilene. Il buio era totale e in mare vedevo delle luci, barche o navi che non potevano sbagliare rotta. Pioveva a dirotto e dovevo fare in fretta. Grazie a Dio il fanale ha preso a funzionare. Mentre io e mia moglie ci siamo rifugiati in una grotta perché la casa si era allagata. Poi lei è andata per qualche giorno da un’amica e il marito è venuto a farmi compagnia».
I migranti
A Portopalo sono invece storie di pescherecci fuori controllo e di migranti disperati. «Me li trovavo in mare quando andavo con la pilotina all’isola delle Correnti, dove c’è un piccolo faro che bisogna governare. Una volta erano molti, ora meno perché il portano a Pozzallo». Ma lei non li vede da lassù? «No, da su no. Però loro vedono me da molto lontano e seguono la mia luce». I lampi di luce sul Mediterraneo di Giovanni Lupo, guardiano dell’ultimo faro.
https://www.corriere.it/cronache/21_luglio_31/i-miei-40-anni-faro-cosi-ho-indicato-terra-marinai-sognatori-087fea7a-f233-11eb-9a1b-3cb32826c186.shtml