Dorino Gite in Barca
Tutti vorremmo trasformare le nostre passioni in un lavoro, ma quando la passione sono le grotte, che mestiere vuoi fare? Lo speleologo, certo. Ma Dorino, il protagonista di questo fatto, non aveva la taglia giusta per infilarsi nei cunicoli, e poi – oltre alle grotte – amava il mare, il sole, il cielo, sopra ogni altra cosa. A lui, insomma, piacevano le grotte marine, e perciò si trovava bene a Polignano. Ce ne sono oltre sessanta, nel tratto di costa compreso tra la periferia di Cozze, a Nord del paese, e la lama di Torre Incina, verso sud. A Dorino piaceva prendere la sua barchetta e visitarle, infilandosi al loro interno quel tanto che era possibile. Gli piaceva così tanto che un giorno si chiese: E se piacesse allo stesso modo anche ad altri? Si piazzò con la sua imbarcazione a Cala Paura e cominciò ad offrire ai turisti una visita guidata. L’iniziativa riscosse un immediato successo: l’unica possibilità di ammirare le grotte, del resto, era quella di raggiungerle via mare, e i turisti tornavano a terra con l’impressione non solo di avere assistito a uno spettacolo unico, ma anche di avere partecipato a una piccola avventura. Un’avventura che poteva diventare pericolosa, se le onde ingrossavano o se la corrente diventava troppo forte: nonostante l’abilità di Dorino, che guidava la sua barca come un motorino, bastava un niente per finire sugli scogli. Quando il cattivo tempo lo costringeva a terra, Dorino ne approfittava per ripensare al lavoro che s’era inventato: andava bene, non c’era che dire, però Dorino sentiva che al suo business mancava qualcosa, che dopo la quinta o sesta grotta i suoi clienti diventavano meno sensibili al loro fascino, e che qualcuno cominciava perfino ad annoiarsi. Studiò più approfonditamente la struttura geofisica delle caverne.
Ma aveva voglia, lui, a sottolinearne le differenze di forma, i processi di erosione, le azioni carsiche. Prima o poi, uno sbadiglio arrivava a mortificare il suo entusiasmo. Allora Dorino si lambiccava il cervello, per capire cosa mancava alle sue amate caverne, e soprattutto cosa lui potesse aggiungervi per renderle ancora più affascinanti. Pensò e ripensò, e alla fine ne venne a capo: quello che mancava alle grotte era il racconto, le storie, la memoria di quei luoghi pure così antichi, primitivi. Già, ma dove reperirle, queste storie? Cosa poteva essere mai accaduto in quegli antri solcati dal mare? Il barcaiolo indagò, studiò, interrogò. Ma le storie – almeno dai libri o dalle fonti ufficiali – non saltavano fuori. Così un giorno, avvicinandosi alla Grotta dei fidanzati, Dorino, di punto in bianco, ne inventò una. Era una storia romantica, alla Romeo e Giulietta, e gli venne così bene che i turisti presenti sulla barca cominciarono a fargli domande su domande, costringendolo a inventare là per là ulteriori dettagli. Li vedeva osservare la piccola cavernetta dalla pianta circolare, il suo soffitto a cupola, il fondo ciottoloso, con occhi diversi, più illuminati: immaginavano, e questo rendeva la gita un vero viaggio! Il giorno dopo, entrando nella Grotta Palazzese, la maggiore di Polignano per diametro (circa trenta metri) e soprattutto per bellezza, dopo un rapido accenno ai calcari cretacei e ai tufi pleistocenici, Dorino cominciò a raccontare la storia di Giovanna d’Angiò, regina frivola e capricciosa, che venuta a visitare la Grotta Palazzese, restò così sconvolta nei sensi che dovette placarli seduta stante con uno dei paggi che l’accompagnava. Dove si appartarono, esattamente?, domandò uno dei turisti. Dorino non si fece prendere alla sprovvista, e indicò il primo spuntone di roccia che gli capitò a tiro. I turisti vollero scendere per farsi la foto proprio lì, sullo scoglio della regina, e il barcaiolo rincarò la dose raccontando che la regina Giovanna, dopo tanta estasi, espresse il desiderio di dormire il suo sonno eterno proprio lì, nella grotta. Vuoi dire che è sepolta qui sotto?, s’infervorò un’altra turista. Dorino non si sbilanciò: Questo non si sa, rispose prudentemente. Cominciava a capire che anche un pizzico di mistero non guastava.
La mattina seguente, a Cala Paura, si presentò un gruppo di vacanzieri. Prima di salire sulla barca, vollero sincerarsi che Dorino avrebbe narrato anche a loro il segreto della Regina Giovanna. E non solo il barcaiolo glielo raccontò con ulteriore dovizia di particolari, ma arricchì il viaggio con una divertente storia sulla Grotta dei Giunchi, dove – sempre a sentire Dorino – sgorga un’acqua purgativa che vecchi affaristi tentarono goffamente di commercializzare. Davanti alla grotta della Rondinella, invece, fece commuovere i turisti con la favola della rondine e dei suoi piccoli spazzati via dalla burrasca: ancora oggi alle orecchie dei pescatori arriverebbe dal mare il loro disperato pigolio, e ascoltarlo sarebbe indice di sventura. In pochi giorni, insomma, il barcaiolo costruì un repertorio capace di ridare vita anche alla più piccola delle caverne di Polignano, dalla grotta del Chiar di Luna a quella dei Colombi, dalle grotticelle di Sella e Pozzovivo alla Testa di Morto. E ancora oggi i clienti tornano dal suo giro in barca gonfi di emozioni. A nessuno è mai venuto in mente di indagare se le sue storie siano vere o false. Se a voi interessa invece sapere a tutti i costi se questa storia – la storia del cantastorie marino di Polignano – sia reale o del tutto immaginaria, non dovete fare altro che scendere giù, a Cala Paura, e domandare in giro se per caso esiste un barcaiolo di nome Dorino...
Racconto di Carlo D’Amicis. Racconti del SAC e Teatro Pubblico Pugliese