28/02/2024
Sulla illegittimità ex art. 23 Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo dello statuto sanzionatorio nei confronti degli operatori NCC.
Come è noto l’art. 85 comma 4 del Codice della Strada prevede che “Chiunque, pur essendo munito di autorizzazione, guida un'autovettura adibita al servizio di noleggio con conducente senza ottemperare alle norme in vigore, ovvero alle condizioni di cui all'autorizzazione, è soggetto alla sanzione amministrativa della sospensione della carta di circolazione per un periodo da due a otto mesi”.
Detta sanzione, che di fatto impedisce l’esercizio dell’attività imprenditoriale per un periodo di tempo non trascurabile, ponendo a rischio la stessa continuità dell’attività aziendale, e quindi il sostentamento dell’imprenditore, dei dipendenti aziendali e delle loro famiglie, non viene ricollegato ad una fattispecie tipica, ma genericamente alla inosservanza, anche per mera disattenzione o per la prima volta, di qualsiasi norma concernente lo statuto giuridico del Noleggio con conducente, il quale fa riferimento sia alla legge 21/92, che al Codice della Strada, ed anche al Regolamento Comunale per l’esercizio dell’attività di NCC, ovvero, a seguire il dettato della norma citata, eventualmente di qualsiasi norma statale ovvero regionale che abbia come soggetto destinatario l’imprenditore nell’ambito del trasporto pubblico.
Proprio tale genericità, che vede l’esercente di attività di NCC soggetto ad una sanzione interdittiva tanto grave, quale la sospensione dalla possibilità di utilizzare il proprio mezzo di lavoro, per qualsiasi violazione di legge o regolamento, fanno sì che il medesimo, in violazione della parità di trattamento tra cittadini, sia sottoposto al rischio di una sanzione per la mera inosservanza normativa, circostanza che invece non riguarda la genericità dei lavoratori o altresì gli altri operatori del trasporto pubblico, quali ad esempio i taxisti.
Ed è proprio tale rinvio in bianco non solo alle leggi, ma finanche a tutto il corpus della normativa secondaria, che pone l’operatore economico nella condizione di non potere ex ante prevedere se la propria condotta sia o meno conforme alla molteplicità delle norme in vigore, operandosi in tal modo un indistinto rinvio in bianco all’insieme delle disposizioni legislative e regolamentari che si pone in netto contrasto con l’ Articolo 23 comma 1 della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani secondo il quale “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione”.
La richiamata normativa, ponendo un indiscriminato rinvio in bianco ad un indistinto corpus di leggi e regolamenti sia statali, che regionali, deliberatamente trascura di individuare specifici e vincolanti criteri direttivi, idonei ad indirizzare la discrezionalità amministrativa, sia degli
agenti di polizia chiamati ad applicare la sanzione che della Prefettura, che concretamente la irroga.
In tal modo, detto richiamo “in bianco” dei concreti atti amministrativi sanzionatori all’indistinto insieme delle norme primarie e secondarie, fanno riferimento ad un generico principio-valore, quale la correttezza dello operato dell’impresa NCC, senza una precisazione, meno che latamente generica, dei contenuti e modi dell'azione amministrativa limitativa in concreto della sfera generale delle libertà e del diritto al lavoro dei cittadini., risultando quindi in insanabile contrasto con l’art’ 23 citato.