26/11/2017
La MINIERA MONTEVECCHIO
esiste dal 1848 sebbene la zona sia sempre stata frequentata per attività minerarie. Nel 1848 un sassarese, Giovanni Sanna ottenne, probabilmente in modo non totalmente corretto, la concessione perpetua del sottosuolo, vigendo la legge della separazione del suolo dal sottosuolo, quest’ultimo rimaneva di proprietà dello Stato che quindi lo dava in concessione a chi voleva.
Si tratta di una miniera piombo-zincifera, si estraggono rispettivamente il piombo dalla Galena e lo zinco dalla blenda; la galena contiene anche dell’argento ma non si tratta di una miniera argentifera, essendo stato trovato dell'argento anche di ottima qualità. Così come per il fatto che sia stato rinvenuto dell’oro non la si può qualificare una miniera d’oro.
La vita della miniera è di 150 anni, infatti chiuse nel 1991 e questo lungo periodo è testimoniato dalle varie architetture che si succedettero nel tempo. Troviamo pertanto manufatti tipici di fine 800 fino a costruzioni moderne, in cemento armato. Infatti la torre Sartori che è alta 30 metri, è in cemento armato e il pozzo su cui insiste è profondo 512 metri con 16 piani di gallerie.
Difficile poter raccontare esattamente la condizione dei minatori che in certi periodi hanno vissuto bene ma in altri molto male. Infatti anche la vita del minatore in questa miniera ha subito un'evoluzione nel tempo: sfruttati agli inizi cominciarono a godere di propri diritti con l'avvento dei sindacati. A questo punto però al datore di lavoro non convenne più estrarre il minerale perché diventava troppo costoso, quindi la miniera venne chiusa nonostante il filone sia ancora esistente, ma non è redditizio estrarlo perchè bisognerebbe andare molto in profondità.
La Miniera è suddivisa in Levante e Ponente. A Levante si trova il cantiere di Sant'Antonio, il più vicino al borgo. Le strutture hanno cambiato destinazione nel tempo, quelle che inizialmente furono le stalle divennero poi successivamente dei magazzeni. La struttura che accolse per ultima la stalla, oggi è in ottime condizioni e conserva testimonianza di carretti, attrezzi e quanto necessitava per lo stallo degli animali. Tuttavia possiamo notare a fianco un'altra struttura, palesemente dell’800 che quindi probabilmente ospitava inizialmente la stalla poi trasferita, la cui ultima destinazione fu di magazzino.
In un'altra struttura ottimamente recuperata, possiamo seguire il percorso della lavorazione del metallo. Un plastico ci illustra la situazione del sottosuolo: immaginiamo uno scavo, centrale rispetto alle diramazioni delle gallerie, il cosiddetto POZZO sovrastato da una torretta o CASTELLO che era differente a seconda del periodo in cui fu costruita; poteva essere in legno, con pietre a vista, in mattoncini rossi, stile fascista, ma il funzionamento era sempre lo stesso: dal Pozzo si cominciava a scavare in verticale e le gallerie venivano aperte da una parte e dall'altra orizzontalmente, e avanzavano fin dove non si recuperava più materiale metallifero. Mano mano che si scavava venivano create delle armature, prevalentemente in legno, poiché essendo una roccia tenera lo scavo poteva cedere. Quando la galleria non produceva più, la si riempiva di materiale di risulta per colmare il vuoto e mano mano si smontavano le armature che venivano poi utilizzate nella successiva galleria sottostante, passandole per i FORNELLI, condotti di areazione che che mettevano in contatto due gallerie sovrastanti.
I minatori per lungo tempo furono pagati a cottimo, significa che il materiale che veniva estratto veniva pesato e quindi pagato, in pratica il minatore che arrivava alla fine della galleria e rientrava senza materiale, poichè la galleria era diventata infruttifera, aveva lavorato a vuoto. Le gallerie venivano scavate ad un livello inferiore per una profondità di circa 40 metri, fino ad arrivare anche sotto il livello del mare. L’altezza nella galleria variava a seconda del periodo, infatti quando si usava il piccone e la pala erano piccole, mentre con l'uso degli esplosivi le gallerie risultavano più alte. Un addetto specializzato aveva il compito di verificare che non ci fosse nulla di inesploso.
Per aprire un nuovo livello, si scavava il pozzo entro cui si muoveva il montacarichi che naturalmente doveva poggiare sul fondo. Non aveva la capacità di fermarsi esattamente all'altezza della galleria pertanto i minatori saltavano per accedere alla galleria e per questo molti hanno perso la vita.
Naturalmente prima di aprire il pozzo bisognava accertarsi che effettivamente ci fosse il filone quindi si facevano dei carotaggi e veniva analizzato il terreno A Montevecchio si dice che ci fossero i più illustri ingegneri dall'epoca conosciuti in Europa, molti erano francesi ma venivano da ogni paese e lo testimoniano le diverse architetture soprattutto del palazzo della direzione.
Quando si percepì la non convenienza produttiva, non si investì più, allora si rompeva il sistema di recupero delle acque, ovvero venivano interrotte le pompe per il recupero delle acque delle falde acquifere che erano state intercettate e si abbandonava il pozzo. Le prime avvisaglie della non convenienza all'estrazione cominciarono negli anni 60, quando i minatori venivano pagati molto e facevano dei turni brevi, soprattutto per la scoperta della relazione tra saturnismo e piombo, ovvero la malattia che fa impazzire coloro che entrano in contatto del piombo.
Il passaggio successivo all'estrazione era la CERNITA, affidata completamente alle donne che erano velocissime e attentissime, coadiuvate dai bambini, infatti si cominciava a lavorare all'età di 9 anni, ma è noto che entravano negli ambienti lavorativi fin dall'età di 5-6 anni. Le femminucce continuavano questo lavoro a vita mentre i maschietti entrava in galleria all'età di 12 anni chiaramente sottopagati. Le donne non godevano di maternità infatti portavano avanti la gravidanza lavorando, con tutte le problematiche che ne conseguivano dall'esposizione ai metalli.
La lavorazione proseguiva con la FRANTUMZIONE che veniva eseguita fino alla polverizzazione del metallo, quindi la SEPARAZIONE dei diversi metalli che avveniva per gravità o per aggiunta di acidi quali l’arsenico.
A questo punto le polveri partivano verso il continente, fino all’istituzione della fonderia di S.Gavino per la quale fu costruita anche una ferrovia a scartamento ridotto di circa 18 km dedicata che partiva direttamente da Montevecchio. Dopo il '50 la fonderia fu dismessa e il materiale riprese la via del continente attraverso gomme. il piombo di Montevecchio fu usato anche per il rifacimento della copertura della cattedrale di Notre-Dame.
In cantiere erano presenti anche le case dei minatori sparse lungo il territorio perché dovevano rimanere separati per evitare eventuali insurrezioni.
Sopra la stalle vivevano lo stalliere e il mastro sellaio, quando successivamente la struttura venne adibita a deposito di esplosivo, vi vivevano i minatori. Le case furono realizzate intorno agli anni 40, prima erano di legno.
La casa consta di un lungo corridoio sul quale si aprono tre unità abitative,con tanto di numero civico e formate da un ambiente unico e comune a tutta la famiglia e una camera da letto dove dormivano tutti i componenti, anche 2 per letto e spesso i figli più piccoli dentro i cassetti del comò. Tutti lavoravano.
Nel borgo era presente anche un ospedaletto molto importante e molto all'avanguardia, vi abitavano i medici che erano specializzati nelle patologie inerenti l’attività mineraria ma in particolar modo nei traumi derivanti dalle vibrazioni conseguenti all'uso delle perforatrici che ovviamente non erano fornite di dispositivi di protezione. L’aspettativa di vita era di circa 38/40 anni.