03/10/2022
Il secondo giorno di questa avventura verso casa mi porta da Lorsica a Cabanne, nel cuore della Val d'Aveto. Più o meno 16 chilometri, attraverso due ambienti diversi e complementari della Liguria.
Sveglia alle 7. Di fronte a me, Lorsica si illumina dei primi chiarori che, dagli Appennini sovrastanti, poco per volta accendono la vallata.
Dopo una ricca colazione, saluto Marina e Claudio, titolari dell'Agriturismo il sogno. Li ringrazio per l’ospitalità e prometto loro di tornare presto, per godere nuovamente del luogo e dell’ottima cucina.
Imbocco il sentiero verso il Passo della Ventarola Nord che, partendo dalla Località Scaletta, si lascia alle spalle le case e le ultime fasce, coltivate a vite e ulivo, per poi salire ripidamente, verso nord, al crinale che sovrasta Lorsica, la valle del Torrente Tirello e la valle del Malvaro. A sud, si staglia quel tratto di Appennino che divide la Val Fontanabuona dalla costa, e le cui cime mi sono familiari, dal Monte Pegge al Ma**co del Lume fino al Monte Borgo.
Dopo circa un’ora, il sentiero attraversa grandi prati, punteggiati dalla Cucca: alcune case diroccate e i resti di una vecchia teleferica. L’insediamento agricolo, ora abbandonato, era al servizio dei centri abitati della sottostante valle del Malvaro.
Il sentiero volge bruscamente a destra, in ripida salita lungo il versante meridionale del Monte Rondanara, la vegetazione che inizia a cambiare aspetto. Al bosco termofilo, formato da cerri, roverelle e castagni, si succede quello di conifere, con distese pini neri e abeti rossi che, a loro volta, lasciano poi spazio alla faggeta, che come dice il nome, è esclusivamente composto da faggi.
Raggiungo il Passo della Ventarola Nord, per dirigermi poi a settentrione, alle pendici orientali del Monte Roncazi. Attraverso una meravigliosa, monumentale schiera di grandi faggi.
La successiva tappa è nel cuore di questo lussureggiante ambiente, il piccolo pianoro dei Casoni di Arena, due suggestive costruzioni edificate in pietra a secco.
I raggi del sole si fanno sempre più fiochi, lasciando posto a un velo grigio che copre repentinamente l’intera foresta, mentre un tambureggiare insistente di tuoni si fa vicino.
Mi affretto lungo il ripido sentiero che scende al fondovalle del Rio Ventarola, quando la foresta diventa scura e le foglie rumoreggiano sotto la pioggia che inizia a cadere insistente. Indosso la giacca impermeabile e sistemo il telo per proteggere lo zaino, viva le avventure, allungo ancora il passo lungo la vallata, fino a quando la foresta si dipana e inizio a scorgere alcune case circondate da campi coltivati.
Eccomi, finalmente, alla Ventarola, una della porte della Val d’Aveto. Decido di rifugiarmi qui in attesa che il temporale mi superi. Il paese è ancora abitato, mentre una parte delle case in pietra sono in rovina: fra queste, alcune sembrano avere un’origine molto antica, e mi stupisco ancora una volta per la perizia dei portali (una fissa che chi mi legge conosce bene, e molto ligure) sormontati da massicce architravi, anch’esse in pietra, e per l’altezza delle stesse case, che pur costruite in pietra toccano i 7 metri e passa.
La pioggia, intanto, cala di intensità fin quasi a smettere: riparto.
Raggiungo Parazzuolo, altra frazione del Comune di Rezzoaglio posta al limite delle grandi piane della vallata.
Alla fine del paese, dove l’asfalto finisce, ecco che ritrovo la traccia del mio sentiero. Passo oltre dei pascoli, dove una decina di mucche brucano e riposano. La strada si interrompe davanti al torrente Aveto, a spanne largo otto di metri. Non trovo ponti o passerelle per passare, così mi lancio saltando da una pietra all’altra, fino a trovarmi sulla sponda opposta. Trovo nuovamente la mia traccia, che taglia lungo i pascoli del fondo valle, in direzione di Cabanne.
In prossimità del paese, la vallata si illumina all'improvviso. L’erba prende la luminescenza del verde smeraldo, le montagne spiccano in controluce, incorniciando la vallata e regalandomi un momento di contemplazione estatica.
Eccoli i paesaggi che scorrevano via velocemente quando sfrecciavo in auto, e ora, finalmente, sono qui, a piedi, per goderne appieno.
Eccola: sua maestà la Val d’Aveto.