29/08/2023
Alessandro Bianchi, già ministro dei trasporti e rettore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, denuncia gli interessi dei fautori del ponte e smonta tutta una serie di falsità.
Leggete l’articolo pubblicato dal Nuovo Soldo.
“La rimessa in campo da parte del Governo della proposta di realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina ha una chiave di lettura evidente: è una concessione che la Presidente Meloni ha dovuto fare ad un riottoso alleato sempre all’affannosa ricerca di visibilità su stampa, televisione e media vari.
Tuttavia credo sia opportuno andare oltre la semplice lettura della convenienza politica per cercare di capire da cosa deriva la rimessa in campo di una proposta che, oltre ad una storia che risale ormai a cento anni addietro, ne ha sulle spalle una più recente fatta di numerose bocciature in sedi istituzionali, sia nazionali che europee
Dunque chi sono i nuovi fautori della costruzione del Ponte?
Il fatto che lo sostenga il Ministro in carica non desta meraviglia dato che è ben noto che non ha alcuna competenza in materia di infrastrutture e trasporti (semmai desta meraviglia, per non dire scandalo, il fatto che sia stato messo in quel posto), ma dobbiamo anche immaginare che una spinta in quella direzione sia venuta anche da altre parti interessate alla costruzione di un’opera elefantiaca, tanto inutile quanto dannosa.
Ne parlo con una certa cognizione di causa in quanto ho seguito per molto tempo la vicenda nell’ambito di numerose ricerche scientifiche, ho pubblicato scritti sull’argomento e per un periodo me ne sono occupato direttamente come Ministro dei Trasporti contribuendo alla messa a punto di atti che ne escludevano la realizzazione.
Sulla scia di queste esperienze e alla luce delle evidenze di oggi, penso di poter dire che i nuovi fautori del ponte appartengono a tre categorie.
Anzitutto gli imprenditori, primo fra tutti quello che era in causa con lo Stato prima che il Governo rinunciasse senza motivo al contenzioso. Costoro, insieme a tutti quelli che sperano di agganciarsi al carro dell’impresa guida, si aspettano di lucrare profitti enormi e per un tempo che si misura in decenni. Dunque sono i difensori irriducibili dell’opera ed è del tutto inutile pensare che possano cambiare posizione: business is business!
Accanto a loro vi è una moltitudine di politici a diversi livelli, da quelli nazionali a quelli regionali a quelli comunali, il cui unico obiettivo è di ottenere un consenso elettorale. Quindi anche questi sono in affari, anche se di tipo diverso, per cui è inutile pensare che possano ragionare in termini diversi: i voti sono voti!
Dietro i due capifila vengono i professionisti – soprattutto architetti, ingegneri e urbanisti – che, ostentando il loro ruolo di “tecnici”, non si chiedono se il ponte sia un’opera pubblica utile o inutile, sia vantaggiosa o dannosa per i cittadini: a loro interessa solamente ottenere incarichi!
Sono queste le tre categorie di persone che ora stanno tenendo bordone al Ministro pro-tempore e alla sua velleità di passare alla storia come l’uomo del ponte.
Tuttavia è evidente che questo sostegno non può essere sufficiente a tenere in piedi una proposta che, se conosciuta nei suoi reali termini, non ha alcuna credibilità. Affinché stia in piedi occorre il consenso di un’altra categoria di persone: i comuni cittadini, che non inseguono interessi economici, politici o professionali, ma pensano che il ponte apporterebbe grandi benefici alla qualità delle loro città, prime fra tutte Messina, Reggio Calabria e Villa S.Giovanni.
E’ per rispetto della loro condizione di cittadini che vanno smascherate le falsità e le mistificazioni che vengono propinate ogni giorno attraverso i media.
Vediamo le più eclatanti.
La realizzazione del ponte migliorerebbe i collegamenti tra le due sponde.
E’ una idea sbagliata, completamente sbagliata, perché il ponte si troverebbe su entrambi i lati a poco meno di 70 metri di altezza, il che vuole dire che l’entrata e l’uscita alle vie di accesso verrebbero ubicate a molti chilometri di distanza dai centri abitati e, quindi, servirebbero tempi lunghi per raggiungerli via strada (via ferrovia la situazione sarebbe di gran lunga più complicata). Che questa venga indicata come una soluzione favorevole per chi pendola ogni giorno da una sponda all’altra, è una inqualificabile mistificazione della realtà.
Il ponte servirebbe a congiungere la Sicilia con il resto d’Italia e l’Europa con l’Africa.
Sul primo punto è appena il caso di rilevare l’insensatezza di inserire un’imponente infrastruttura nel punto di congiunzione tra due estreme debolezze: la rete ferroviaria siciliana e la linea ferroviaria Salerno-Villa San Giovanni. Senza il completo rifacimento di quelle infrastrutture la convenienza dal punto di vista della mobilità Sicilia-Continente è semplicemente nulla.
Quanto alla proiezione verso l’Africa, è un vero mistero come si possa dire che la congiunzione fisica della terraferma con un’isola serva ad assicurare la connessione con un continente sull’altra sponda del Mediterraneo.
In realtà, grazie alla sua posizione centrale, alla rete dei suoi porti e alle Autostrade del Mare, la Sicilia potrebbe essere già oggi una straordinaria piattaforma di riferimento per i flussi di merci nell’intera area mediterranea.
Ma questo richiederebbe che in Italia ci fosse una politica dei trasporti.
Il ponte è tecnicamente fattibile e i finanziamenti sono disponibili.
Si tratta di due assolute falsità.
Il problema della fattibilità tecnica è ancora tutt’altro che risolto: un ponte ferroviario con un’unica campata lunga 3.300 m. non è mai stato costruito e molti dei problemi di natura strutturale sono ben lungi dall’aver trovato adeguate soluzioni.
Per uno di questi suggerisco di leggere attentamente le recenti argomentazioni sull’azione del vento del Prof. Risitano, a lungo Preside della Facoltà di Ingegneria di Catania, riportate in un articolo su TG-Messina (Eduardo Abramo, 27 aprile 2023).
In sostanza non esiste un progetto esecutivo che abbia i requisiti richiesti dal Codice degli Appalti: “Il progetto esecutivo (…) determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare, il relativo costo previsto con l’indicazione delle coperture finanziarie e il cronoprogramma (…) Il progetto esecutivo deve essere sviluppato a un livello di definizione tale che ogni elemento sia identificato in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. Il progetto deve essere, altresì, corredato di apposito piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti, in relazione al ciclo di vita dell’opera stessa” (D.lgs.36/2023, art. 41).
Oggi siamo lontani anni luce dal rispetto di questi requisiti, compreso quello delle coperture finanziarie visto che attualmente le uniche risorse stanziate sono alcuni milioni di euro all’anno per consentire al Ministro pro-tempore di fare le sue campagne pubblicitarie.
Ovviamente i nuovi fautori del ponte si guardano bene dal dire la verità su questo punto, mentre nascondono accuratamente altri due aspetti inquietanti della questione:
che dal punto di vista idrogeologico sarebbero enormi le lacerazioni inferte ad un territorio di per sé fragile, che verrebbe interessato per decine di chilometri dalle gigantesche opere di avvicinamento al ponte su entrambi i versanti.che l’ecosistema costiero e marino in corrispondenza delle zone di impianto dei piloni sui due lati verrebbe irrimediabilmente devastato. Si pensi solo ai laghi di Ganzirri e alla riserva naturale di Capo Peloro da un lato e Punta Pezzo-Capo Cenide dall’altro.
Infine una considerazione che riguarda i due principali soggetti di governo del territorio, la Regione Calabria e la Regione Sicilia, i cui Presidenti si sono prontamente schierati a favore del ponte.
E’ stupefacente constatare come questa posizione venga assunta senza tenere minimo conto degli enormi problemi che connotano i territori calabrese e siciliano: una conformazione morfologica complessa, un sistema idrogeologico fuori controllo che produce periodicamente disastri, un’alta esposizione al rischio sismico, accentuati fenomeni di inquinamento ambientale, un abusivismo edilizio dilagante, la presenza di linee ferroviarie indegne di un Paese civile.
Tutti fenomeni che richiederebbero l’attivazione di accurati studi conoscitivi, la predisposizione di adeguati piani di difesa ambientale, l’avvio di interventi di rigenerazione e riqualificazione del patrimonio edilizio, la realizzazione di infrastrutture e servizi per la mobilità, una politica urbanistica in grado di porre rimedio agli sfaceli causati in gran parte delle città.
Oppure si può trascurare tutto questo ed iscriversi nel novero dei nuovi fautori del ponte”.