30/08/2024
C'ERA UNA VOLTA ...... NEL PAESAGGIO DELLA COSTIERA
I giardini di aranci e limoni
DALL’IDENTITA’ ALL’IMMAGINARIO DI SORRENTO
Mentre in Europa, durante la seconda metà del Settecento, si diffondeva la moda del viaggio in Italia, ricordata nella storia come il “Grand Tour”, in pen*sola sorrentina si assiste alla grande trasformazione fondiaria con cui si introduce la coltivazione sistematica degli agrumeti, tanto che a somiglianza di una piccola ‘conca d’oro’ l’intero territorio si trasforma in un giardino di delizie. Di tanto i viaggiatori restano incantati, attratti dalla bellezza del nuovo paesaggio e degli ambienti in esso contenuti. Ne godono e ne parlano con entusiasmo, e soprattutto ne scrivono e si lasciano ispirare nelle loro espressioni artistiche: poesia, pittura, musica; a loro volta strumenti di attrazione che concorrono ad alimentare il mito di queste contrade. Ed ecco i ‘giardini’ cantati in mille canzoni: “Guarda gua’, chisti ciardine/ siente, sìe’ sti sciure arance/ nu profumo accussì fino/ dinto 'o core se ne va” cantano i fratelli De Curtis (Torna a Surriento, 1900) e ancora cinque anni dopo “aggio vist’ ’e ciardine/ fior’ arance e limone/e ’e chiù belle guaglione/ ca se ponne crià”. (’A surrentina, 1905). Il poeta sorrentino Aniello Califano scrive: “Surriento! Surriento!/ sò ffatte pe' 'ncantà/ 'stu cielo, 'sti ciardine,/ chest'aria, 'sti mmarine!” (Serenata a Surriento, 1907). Nei primi decenni del Novecento gli agrumeti, nel pieno del loro sviluppo economico e paesaggistico irradiavano la loro bellezza sui viaggiatori che sempre più numerosi arrivavano a Sorrento, e sugli artisti che si lasciavano ammaliare. Infatti nel 1919 è Libero Bovio che scrive: “Ll'albere 'e chisti ciardine/ sò tutte arance e limone/ quanno tu, 'a sera, cammine/ te 'ncante, te stuone,/ nun saje che vuò fa”. (‘O mare canta). Il poeta compositore E.A.Mario, l’autore del quasi inno nazionale “La leggenda del Piave”, dopo l’altrettanto famosa “Tammurriata nera” pensa agli aranceti di Sorrento e scrive: “Va', core scuntento/ va' te trova nu nido a Surriento/ addó' t'addormono sti manduline,/ addó' 'e ciardine/ danno sciure 'arancio/ p'’a felicitá!” (Mandulinata a Surriento, 1922). Ernesto Murolo tre anni dopo lancia la sua “Napule e Surriento”: “Dorme Surriento/ 'Mmiez'addore d' 'e ciardine/.Che sentimento/ 'Sti cchitarre e manduline!”
Non è un caso se la parola ‘giardino’, che nella sua accezione originaria ricorda il paradiso, evochi espressioni come incanto, sentimento, profumo, felicità e, come vedremo, incantesimo, morbidezza, tenerezza, dolcezza, splendore.
Silvester Schedrin, il grande pittore russo che visse, lavorò e morì a Sorrento, non ci provò neppure a descrivere la bellezza di Sorrento,; a suo fratello Apollon, la lasciò solo immaginare quando in una lettera gli scrive: “Sorrento è una terra adorabile; immagina un bosco di aranci e limoni e sotto la loro ombra immagina di passeggiare” (1829). Friedrick Nietzsche, nel 1877, così a sua volta scrive a un amico: “Le giornate sono straordinariamente belle; vi è qui una miscela di aria di mare, di bosco e di montagna e vi sono belle passeggiate tranquille in penombra. Vi sono passeggiate fra gli aranceti così ben coperte che ci si sente sempre riparati dal vento come soffia impetuosamente fuori nel mondo”. André Gide che in una delle sue prime visite a Sorrento era entrato nella tenuta di Mariano Arlotta, osserva che “di questo aranceto nulla potrà esprimere la luminosità, il fosco splendore, l’ordine, la bellezza ritmica, la morbidezza.” “Sono entrato in qualcuno di quegli agrumeti – aggiunge Amedeo Maiuri - e ho compreso il mistero di quelle aeree capannucce di stuoie: le pagliarelle……, su quegli orti e su quei giardini è come una luce di incantesimo e quella selva porticata ha un suo respiro di vita” (Passeggiate Campane, 1946). Insomma è evidente che gli aranceti, per almeno duecento anni, hanno costituito il nerbo dell’identità della pen*sola sorrentina e ne hanno alimentato, quale potente attrattore, la crescita economica e culturale. Una realtà unica, che non è esistita in nessun’altra parte del mondo. Una realtà di cui la nuova urbanizzazione ne ha cancellato le tracce e, pertanto, la sua funzione di attrazione. Come e cosa sostituirà questo grande patrimonio nel richiamo di questi luoghi? Sapranno i sorrentini inventarsi un’alternativa? Per il momento sopravvive l’immaginario di quel mondo antico che tuttora richiama grandi masse di vacanzieri nelle nostre strade dove purtroppo, come aveva anticipato Aniello Califano già cento anni fa, “ ’e sirene, nun cantano cchiù”.
Antonino De Angelis