15/08/2020
STORIA DELLA LUMINARA di SANTA MARIA A MONTE-
Questa è la festa fondante della comunità, celebrata da più di seicento anni di commemorazione “ufficiale” che affonda le proprie radici direttamente nel Medioevo.
Infatti, un intero capitolo, il 160°, all’interno degli statuti del 1391, era dedicato alla “luminaria per la festa di Sancta Maria del mese d’Agosto”. In primis emerge come già sul finire del Trecento la luminara si svolgesse la sera della “vigilia della festa della beata sempre vergine Maria”, ossia il quattordici “del mese d’Agosto”.
Secondariamente lo statuto rivela importanti dettagli sulle modalità di svolgimento della festa, riguardanti sia le persone che avevano l’obbligo di parteciparvi sia il percorso della processione.
Il “dì innanzi la vigilia”, il podestà era tenuto a “bandire [...] che ciascuno huomo della detta terra o ivi habitante d’età d’anni quactordici” aveva il dovere di partecipare alla luminara con “uno cero overo candelo di peso d’once quactro di cera”. Muniti di tali “ceri”, gli uomini dovevano recarsi “a Montignano, inanzi la chiesa della sancta Trinità”, oggi non più esistente, ma probabilmente, analizzando il dato toponomastico della località menzionata, collocabile su un’altura, forse quella nei pressi dell’attuale Camposanto.
Una volta accesi “i candeli” nel detto luogo, la processione si sarebbe recata “alla pieve di Sancta Maria in Monte [...], in fine all’altare di Sancta Maria” che, mostrando quasi certamente alla venerazione dei fedeli la Madonna in trono con Bambino, si trovava nella chiesa da identificarsi nell’attuale Collegiata di San Giovanni, allora in fase di ampliamento a seguito della distruzione della Pieve di Rocca operata dai fiorentini dopo la conquista del 1327. Addirittura era previsto un controllo che verificasse la presenza degli uomini incaricati di portare il cero ed una serie di normative e sanzioni andavano a regolamentare eventuali assenze. Per questo, alla fine della festa, il notaio del comune, “nella detta pieve”, era tenuto a “rasegnare tucti gli uomini del detto comune” e, qualora avesse colto qualcuno a “non essere stato alla detta luminaria et non avesse legiptima scusa”, avrebbe dovuto “apuntare” i nomi e consegnarli al
podestà. Quest’ultimo, poi, aveva l’obbligo di punire tale colpa, applicando una condanna “in soldi dieci per ciascuno” da pagare “in mano del camarlingo del comune”; una pena la cui metà spettava al comune, mentre l’altra metà era “del detto podestà et del notaio”.
Infine, esclusi i “ribelli”, gli “sbanditi” ed i “condempnati”, tutti potevano “liberamente , licitamente et sicuramente” partecipare alla festa, anche coloro i quali erano incorsi in “alcuni debiti, bandi overo condepnagioni [...] facte nella detta terra”.
Tutte queste attenzioni ci fanno capire come la partecipazione, dunque, fosse un dovere.
Oggi tali obblighi sono progressivamente caduti – quest’anno poi causa Covid avrebbero comunque subito un naturale ridimensionamento.
Tuttavia, le imposizioni statutarie fanno emergere come la “luminaria” era si festa religiosa ma, data la ricorrenza onomastica, assumeva anche una valenza civile, come la assume tutt’oggi.
Il contesto storico in cui furono scritti gli statuti era quello della Toscana del XIV secolo, contraddistinto dalla lotta tra guelfi e ghibellini. A seguito del dominio di Castruccio Castracani, la signoria di Firenze su Santa Maria a Monte, il cui castello venne conquistato dai fiorentini nel 1327 con l’aiuto del Duca di Calabria Carlo d’Angiò, venne riconosciuta solo nel 1339, con la stipula del trattato di Venezia. Cinquantadue anni dopo tale data, esattamente nel 1391, vennero eletti dal Consiglio Generale municipale sei “statutarii et uficiali”, tutti provenienti da Santa Maria a Monte, che avevano il compito di redigere lo statuto comunale, mentre podestà era “il nobile huomo Feduccio d’Andrea Bellocti, cittadino di Firenze”.
In più, a Santa Maria a Monte questi dati storici coincidevano con la presenza di una piccola chiesa, definita “oracolum” nei documenti datati 22 dicembre
787, dedicata alla Vergine Maria, sul colle del Valdarno che poi ospiterà l’insediamento vero e proprio all’epoca del cosiddetto “incastellamento”. Oltre alla dedicazione dell’edificio religioso, anche la presenza nell’attuale Collegiata della Madonna in trono con Bambino, scultura in legno dipinto e dorato attribuita alla scuola giottesca risalente alla metà del duecento, farebbe pensare che a Santa Maria a Monte la festa in onore di Maria Vergine Assunta fosse una delle celebrazioni più antiche.
Ecco allora che non sbagliamo se diciamo che nel Medioevo la festa in onore della Vergine Assunta era un evento importantissimo per l’intera comunità di Santa Maria a Monte. Ancora oggi, ovviamente con i necessari distinguo, tale celebrazione prende linfa dalla tradizione passata: come un appuntamento fisso che si rinnova da secoli, ogni anno la processione della vigilia fa respirare al paese intero una ventata proveniente dai tempi lontani e colma di silenzio solenne il cammino dei fedeli lungo le principali vie del borgo.