22/10/2024
Una delle abilità più sottili e affascinanti che un fotografo sviluppa con il tempo è la capacità di vedere un’immagine prima che questa si componga.
Non parlo solo di intuizione tecnica, ma di quella connessione profonda con l’ambiente che ci circonda, una sorta di sesto senso che ci permette di prevedere l’istante in cui la scena raggiungerà il suo massimo potenziale. È un dono che nasce dall’esperienza e dalla sensibilità, ma che soprattutto si alimenta dall’osservazione.
Pochi giorni fa, ad Alghero, ho vissuto un momento che incarna perfettamente questa dinamica. Era una di quelle serate in cui il tempo sembrava sfuggire al controllo, il sole al tramonto riempiva di luce dorata il mare e contemporaneamente nuvole scure riversavano pioggia sulla città.
Lungo la muraglia che costeggia il mare, ho notato una ragazza seduta, quasi immobile, riparata da un ombrello. Nonostante la pioggia leggera, non si era spostata, determinata a non rinunciare a un secondo della magia della luce dopo il tramonto.
In quel momento ho capito che stavo vedendo non solo una scena, ma una fotografia. Cambio di obiettivo e, da lontano ho iniziato a scattare, avvicinandomi. Ogni passo verso di lei era la conferma di un’intuizione.
L’immagine finale è il frutto di questo processo, un insieme di emozioni e di bellezza che esisteva già nella mia mente prima ancora che la macchina fotografica catturasse la scena finale.
La fotografia, in fondo, non è solo questione di tecnica o fortuna. È uno stato d’animo, una presenza attenta e aperta a ciò che ci circonda.
A volte, l’immagine si compone da sola, e il nostro compito è solo quello di riconoscerla prima che scivoli via.
