09/01/2025
Anni '50 Solopaca, la Corriera per le Terme
Primi anni 50, la corriera, in sosta nelle terme, che portava i bagnanti da Solopaca a Telese; il bambino in posa sono io. (Gaetano Lisella)
La corriera non era solo un mezzo di trasporto: rappresentava i nostri sogni e riusciva a volte a realizzarli quando ci portava lontano. La corriera era vita, benessere, allegria, quando arrivava con quel suono di clacson caratteristico. Il fascino delle corriere è ancora attuale con i BUS che ci portano in Italia e in Europa, nonostante le tante nuove modalità di trasporto rispetto a 80 anni fa. Negli anni '50 erano poche le ditte con una "flotta" di mezzi che riusciva ad accontentare tutte le esigenze dei viaggiatori, dalla gita in europa, alla navetta termale, alla tratta di linea che ti portava al mare per tutta l'estate. La ditta Lisella di Solopaca con gli scali a Minturno e Scauri riusciva a realizzare i desideri di chi viveva nell'entroterra e in zona montana. Per i solopachesi e per molti abitanti della valle telesina Minturno rappresentava la Rimini dietro l'angolo. (Giovanni Forgione)
In principio fu Ermes di Gino di Vico.
In principio fu Ermes: il messaggero degli dei, nella mitologia latina Ermes divenne Mercurio ma la sua funzione rimase sempre: correre.
Il termine Corriera deriva da correre che fosse a piedi, che fosse a cavallo, che fosse a motore: il mondo corre. Nei ricordi di ognuno di noi c’è o c’è stata: la corriera. Quando eravamo studenti o dopo da lavoratori, aspettavamo la corriera, spesso spasmodici, per raggiungere scuole, lavoro o solo per riportarci a casa.
Autisti spavaldi che prendevano le curve larghe per lasciar scivolare persone e cose mentre loro se la ridevano, controllori che ti mettevano l’ansia di non trovare più il biglietto o di non aver rinnovato l’abbonamento. Mezzi, spesso, sgangherati che arrancavano sulle salite, per niente confortevoli, affollati più del necessario ma insostituibili in tempi di miseria e povertà, che permettevano a tutti di spostarsi da ogni luogo anche il più remoto.
Nel “Giorno della civetta”, Leonardo Sciascia apre il suo romanzo con una bellissima descrizione di una normale giornata, destinata a diventare speciale, che inizia con la partenza di una corriera:
“L'autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa nel grigio dell'alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell'autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante ed ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l'autobus si mosse con un rumore di sfasciume. L'ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza, colse l'uomo vestito di scuro che veniva correndo; il bigliettaio disse all'autista - un momento - e aprì lo sportello mentre l'autobus ancora si muoveva”…
“Il bigliettaio guardava il morto e poi i viaggiatori. C'erano anche donne sull'autobus, vecchie che ogni mattina portavano sacchi di tela bianca, pesantissimi, e ceste piene di uova; le loro vesti stingevano odore di trigonella, di stallatico, di legna bruciata; di solito imprecavano, ora stavano in silenzio, le facce come dissepolte da un silenzio di secoli. - Chi è? - domando il bigliettaio indicando il morto.”
Nel romanzo la corriera diviene autobus, bus è l’abbreviazione della parola latina omnibus, che vuol dire «per tutti» (da omnis, tutti), eppure i più pensano che sia una parola inglese, pure Mussolini che durante il regime pretese nel nome dell’Autarchia di abolire i termini stranieri a vantaggio di quelli più patriottici, fu ingannato tanto da sostituire il termine Bus con Torpedone. Gli stessi inglesi scrivono “bus” ma lo pronunciano “bas” come se fosse cosa loro!
In realtà “pùlman” (dal nome del progettista amer. G. M. Pullman (1831-1897) è un prodotto anglosassone ma per gli inglesi si tratta della carrozza ferroviaria mentre noi abbiamo esteso questo termine dalla comune corriera all’autobus più confortevole e in molti casi più lussuoso tanto da chiamarlo Pullman con due elle a ricordarne la ridondanza di forma e di capienza.
Corrièra s. f. [der. di corriere; nel sign. 2, der. di correre]. – 1. a. In passato, vettura a cavalli. Oggi, capace autoveicolo che fa servizio pubblico di trasporto per viaggiatori, corrispondenza, pacchi da un paese all’altro oppure dalla stazione ferroviaria al paese; è anche spesso sinon. di autocorriera. b. agg., ant. Nave c., barca c., usate per il trasporto di viaggiatori e merci.
L'autobus (spesso abbreviato solo in bus e noto anche come corriera) è un mezzo di trasporto pubblico e turistico, automotore e adattato per il trasporto-persone e ai loro rispettivi bagagli. Il termine venne creato per i primi modelli di autobus aperti. All'inizio del secolo scorso i torpedoni venivano costruiti montando su autotelai di autocarri delle carrozzerie aperte, simili per forma a quelle delle automobili di tipo torpedo, anche se notevolmente più grandi: da ciò il nome torpedone.
In Italia, nella seconda metà degli anni trenta, il termine torpedone venne altresì utilizzato obbligatoriamente per sostituire la parola pullman, durante il periodo dell'autarchia nel quale si decise l'abolizione delle terminologie di origine straniera, e tale uso si può incontrare anche in testi recenti. (Gino Di Vico)
Scrive Salvatore Frascadore: Inverno ventoso, partenza alle sette da piazza Vittoria, bus Lisella per Benevento, molti studenti. Da lontano, da corso Umberto, d'a chiazza a mmonte voci, urla, gesti "ashpettate, mo arrivo, nu poch'e pacienza, aggia venì a Benevento... Attesa che si fa alquanto lunga, si vede un signore che arranca per la discesa con una qualche difficoltà, poi dopo un bel poco appare nel vano della portiera accaldato e risponde a Peppino 'e Lisella un poco imbufalito per il ritardo: c'aggia fa, teng'a coschia 'e ligname, 'a mettev' nnanzi e 'o viento ma purtava arreto, chiedo shcusa a tutti quanti... Molti penseranno a mie fantasie senili ma non è così, 'ncoppa Crapiglia c'era veramente un signore con la gamba di legno, ed era pure allegro. Chiedo ai miei compaesani conferma delle mie note.