Bike Rides Adventures

Bike Rides Adventures Ci prendiamo cura della tua passione, ti accompagniamo a vivere indimenticabili emozioni su un territorio affascinante e spettacolare.

Viaggia con noi siamo ciclisti come te Siamo un'azienda specializzata nei viaggi cicloturistici, che organizza tours e vacanze per ciclisti provenienti da tutto il mondo. Abbiamo sede a Udine in Friuli Venezia Giulia, e le nostre proposte di viaggio coprono l'intero Nord Est Italiano, il Nord Ovest della Slovenia, l'Istria e parte della Croazia. Si tratta di un territorio stupendo, in gran parte a

ncora incontaminato, ricco di luoghi storici e di bellezze naturali, dalle Dolomiti alla costa Istriana e Dalmata, dal Parco Nazionale Sloveno del Tricorno ed il Lago di Bovec, alla foresta del Cansiglio e la zona del Prosecco. Siamo in grado di proporre un catalogo di viaggi in bici in cui ognuno riconosce il suo modo di viaggiare e pedalare. Un'offerta ampia che va dai viaggi di uno o più giorni, ai base camp per pedalare divertendosi, ai raids per ciclisti indipendenti che amano l'avventura ai viaggi personalizzati sulle vostre specifiche esigenze. Offriamo inoltre un catalogo di bici a noleggio e di accessori che non ha eguali, per qualità, scelta e numero. Da noi troverete sempre positività e sorrisi perché sia noi che voi stiamo realizzando lo stesso sogno. Siamo costantemente alla ricerca di nuovi modi di regalare emozioni, di farvi uscire dalla routine e far vivere emozioni a chi viaggia con noi. Per noi i dettagli, la sicurezza, il rapporto con il cliente sono molto importanti. Il nostro modello di business è far tornare a casa i clienti con il sorriso e farli poi tornare da noi come amici.

TRATNIK E LA RIVINCITA DEL FRICO (Giro 2020)Una fuga, almeno in certe tappe del Giro d'Italia (o di un qualsiasi grande ...
22/02/2025

TRATNIK E LA RIVINCITA DEL FRICO (Giro 2020)

Una fuga, almeno in certe tappe del Giro d'Italia (o di un qualsiasi grande giro), non è altro che un riutilizzo di ciò che la classifica generale ha avanzato. Una seconda occasione. Nulla di diverso da ciò che da sempre è accaduto in cucina. Una pratica antica quanto l’esigenza di mangiare e che nei secoli ha generato un numero imprecisato di cosiddetti piatti tradizionali.

Bidard, Bouchard, Vendrame e Warbasse (AG2R), Bisolti e Cepeda (Androni Sidermec), Boaro e Felline (Astana), Battaglin e Tratnik (Bahrain), Tonelli e Zana (Bardiani CSF Faizané), Fabbro e Poljanski (Bora hansgrohe), Malecki e Rosskopf (CCC), Guerreiro e Whelan (EF), Oldani (Lotto), Rubio e Samitier (Movistar), O’Connor (NTT), Puccio e Swift (Ineos Grenadiers), Bernard (Trek Segafredo), Conti (UAE), Rota e Visconti (Vini Zabù Brado KTM) dalle prime due settimane di corsa sono usciti con distacchi sostanziosi. Nessuno di loro era partito per provare a vincere, avevano altri piani, mansioni, velleità. Si sono ritrovati per caso lungo la strada del Friuli, tra Udine e San Daniele del Friuli. Hanno seguito, per crudeltà dell’organizzazione, la via lunga, quella che si inerpica tra i colli che fanno da sfondo a Cividale, sfiorare il Parco Nazionale delle Prealpi Giulie per rifiondarsi verso la piana del Tagliamento, proprio lì dove la pianura quasi non esiste più.

Gli avanguardisti avanzati dalla generale, si sono ricompattati lì dove ciò che la lavorazione del formaggio scartava prendeva nuova vita in padelle di ferro rigogliose di b***o fumante (o così almeno in origine). Il frico non è altro che questo, un piatto di recupero. Puro formaggio tra i monti, dove le forme non mancavano; con patate o cipolle, a seconda di cosa si aveva, giù in pianura dove ce ne era meno e, spesso, qualche soldo costava.

Il frico è pietanza che ben si presta alla compagnia. Di solito della polenta, ma quando ci sono vanno oltremodo bene i funghi o gli asparagi selvatici.

Sul monte Ragogna di funghi ce ne sono e buoni. Di asparagi selvatici ancora di più. La strada che sale sul monte Ragogna invece è tutto il contrario dei frutti che offre. È aspra e cattiva, velenosa come un’amanita muscaria, rimane sullo stomaco come un piatto avariato. Ci vuole stomaco per superarla da soli, ancora di più se la solitudine si fa compagnia propria quando si sperava di non averla.

Jan Tratnik da solo si era ritrovato da solo al primo passaggio in cima al monte Ragogna dopo essersi sbarazzato della compagnia di Manuele Boaro. Aveva sperato di non vedere nessuno sino all’arrivo, non si è disperato però quando si è visto raggiungere da Ben O’Connor sull’ultimo passaggio al Gran premio della montagna. I due si sono guardati e hanno capito che era meglio cooperare, coprire assieme gli ultimi tredici chilometri di corsa e giocarsi tutto sull’ultimo strappo prima dell’arrivo. Entrambi erano convinti di essere meglio dell’altro. Entrambi sapevano che, almeno nelle loro condizioni, meglio secondo che più dietro. Mica semplice essere un avanzo anche in squadra e avere la necessità di strappare un contratto a qualcuno.

Il frico per secoli era una questione di fame e di gambe. Riempiva, dava energie, consentiva di ritornare fuori a lavorare. Ora ce ne sono anche di gourmet, o almeno così li chiamano quelli a cui piace disperder tartufo o bruscandoli o chissà cos’altro nel formaggio. Oggi a San Daniele del Friuli il frico è ritornato una questione di fame e di gambe. Ne aveva più lo sloveno. Tratnik ha vinto la sedicesima tappa del Giro d’Italia rispondendo all’accenno di allungo di O’Connor. Il colpo gourmet ce l’hanno messo Sergio Samitier e Joao Almeida. Il primo quatto quatto ha ripreso una decina di minuti ai migliori (ne ha altrettanti da recuperare, ma entrare nei dieci è ora meno difficile). La maglia rosa invece ha attaccato. Un allungo utile soprattutto a far capire agli avversari che lui vuole rimanere dov’è.

by Giovanni Battistuzzi

Gino Bartali, 1953
22/02/2025

Gino Bartali, 1953

UAE Tour Stage  #6
22/02/2025

UAE Tour Stage #6

Tim Merlier raddoppiaUAE Tour Stage  #6
22/02/2025

Tim Merlier raddoppia
UAE Tour Stage #6

Sanne Cant Gallery
22/02/2025

Sanne Cant Gallery

FIDANZA-WIEBES DALLA PISTA ALLA STRADAFra le cose belle dei campionati europei di Zolder, il testa a testa nel finale de...
22/02/2025

FIDANZA-WIEBES DALLA PISTA ALLA STRADA

Fra le cose belle dei campionati europei di Zolder, il testa a testa nel finale dello scratch fra Martina Fidanza e Lorena Wiebes è quello che più ci ha fatto drizzare i peli sulle braccia. Succede sempre quando Davide batte Golia e Golia sorride, ma capisci che vorrebbe essere altrove. L’azzurra era in testa. L’olandese ha iniziato la rimonta in un finale che sembrava già scritto. Invece, quando forse pensava di averne fatto un sol boccone, Martina ha dato ancora gas e non l’ha lasciata passare.

«Pensavo davvero che rimontasse – sorride d’orgoglio – perché non sono mai riuscita a ba***re la Wieibes in volata. L’ho vista arrivare. Mi ha affiancato. In più a un giro dall’arrivo, alla campana è riuscita a mettermi anche il manubrio davanti. Perciò quando ho visto che era lei, mi sono detta: “Vabbè, è già andata. Adesso devo solo cercare di tenerle la ruota”».

Nella mente di Villa

Fermo sul bordo della pista, Marco Villa guardava la scena. E anche se prima di partire per lo scratch avevano parlato della possibilità di ba***re la super Wiebes, in quel momento la possibilità era davvero a portata di mano, senza però la possibilità di comunicare.

«In quel momento, lei sa a cosa sta pensando – dice il tecnico dei record – io sono giù e non lo so. Ho sperato che la tenesse e non la facesse passare a un giro e mezzo dalla fine, per poi provare la rimonta all’esterno. Secondo me in quel caso non sarebbe stata così competitiva. Anche solo rimontare la lunghezza della bicicletta sarebbe stato molto difficile. Ormai doveva tenerla e difendere quel metro e mezzo di vantaggio che aveva e poi giocarsela alla pari. Se la faceva passare, anche sfruttando la scia, non avrebbe avuto il tempo per riattaccarla. Quindi ho sperato solo che non la facesse passare e lo ha fatto bene».

Tutto quello che è rimasto

E’ il momento in cui la testa rifiuta di arrendersi. Non succede spesso, soprattutto contro gli imbattibili. Ma quando capita, il supplemento di dolore che si accetta può fare la differenza. L’atleta si trasforma in una creatura sovrannaturale e il finale non è più così scontato.

«Il tempo di pensare che mi avrebbe passato – prosegue – e ho cercato di alzarmi sui pedali. Ebbene, ho visto che lei rimaneva lì e poi pian piano indietreggiava. In quel momento ho capito che magari sarei riuscita a batterla, quindi ho cercato di affondare il più possibile e ho visto che rimaneva definitivamente dietro. Sentivo di avere un po’ di margine, però non pensavo che sarebbe stato abbastanza per vincere».

Fra resistenza e velocità

Villa adesso va avanti nell’analisi e ci fa capire con evidenza che a questi livelli nulla avviene per caso. E se anche si tratta di fare il numero della vita, la condizione necessaria perché vada in porto è avere nelle gambe il lavoro per sostenerlo.

«Fidanza – riflette Villa – è migliorata molto anche sulla resistenza. Anzi, in questi due o tre anni abbiamo lavorato tanto di più su questo aspetto, per arrivare più avanti possibile nelle tirate del quartetto. Invece avevamo un po’ tralasciato le punte di velocità che per lei erano naturali, perché qualcosa bisogna tralasciare: non si può fare tutto. Ma visto che ora ha un po’ di resistenza in più, si è ricominciato a lavorare sulle partenze sul fermo, sull’esplosività e sul correre di più in pista. Prima dell’europeo, Martina è andata a fare le gare a Grenchen, qualcosa che prima non avevamo fatto, perché ci interessava il quartetto per le Olimpiadi.

«E poi c’è il discorso dei rapporti. Anno dopo anno ci siamo accorti che noi aumentavamo di un dente, ma gli altri ne avevano sempre uno in più. Così quest’anno abbiamo giocato di anticipo e forse eravamo noi quelli con mezzo dente in più. Sapevamo di aver lavorato anche sulla forza, quindi l’abbiamo giocata bene».

Dalla pista alla strada

Quanto è lontana la pista dalla strada? Questa volata può essere l’anticipazione di un passo avanti anche su strada? Il discorso è chiaramente teorico, su strada ci sono le salite, le curve e le discese. Si arriva alla volata dopo ben altre fatiche, ma come dice Villa aver capito di poterla ba***re, fa pensare che forse è possibile farlo ancora.

«Strada e pista sono mondi diversi secondo me – ragiona Fidanza – perché in pista ho più esperienza rispetto a lei, quindi magari anche nei dettagli riesco a guadagnare qualcosa che mi ha permesso di batterla. E’ vero che comunque non l’ho battuta di poco, però su strada penso che sia ancora nettamente superiore. Su strada è una questione di quanti watt riesci a esprimere alla fine della gara, perché ci sono tanti fattori che ti influenzano più che in pista. Basta soltanto prendere una curva 10 posizioni più avanti e sono watt che risparmi. E poi comunque devi anche avere l’occhio di correre su strada e per me questo è il motivo per cui lei riesce ad arrivare nei finali con più forze da spendere.

«Quest’anno con la squadra stiamo lavorando tanto sui treni, sia per me sia per l’altra velocista, e magari affinando questa tecnica riusciremo a fare qualcosa. Penso che anche su strada il modo di batterla sia anticiparla, perché se parte prima, ci prende tanto margine. Lorena ha un picco breve, ma veramente forte con cui ti prende subito quella bicicletta che poi è dura riuscire a rimontare. Per cui, anticipandola, è lei che deve guadagnarla. Però averla battuta mi riempie di orgoglio…».

In crisi dopo Parigi

Fidanza, come le ragazze del quartetto, è andata agli europei di Zolder con la voglia di chiudere il ciclo di Parigi con un buon sapore in bocca. Il quarto posto del quartetto ha colpito duro: erano lì, invece sono tornate a casa a mani vuote.

«Sono uscita da Parigi – dice Fidanza – con una grossa delusione addosso. Le altre ragazze sono riuscite a vincere la madison e hanno dato morale a tutta la squadra. Però a livello di quartetto siamo uscite male, perché abbiamo fatto tanto, eppure probabilmente non abbastanza. Onestamente ho sofferto parecchio, ho passato un periodo in cui mi sono sentita anche un po’ persa. Però adesso posso dire che grazie alla nuova squadra nuova e ai tanti stimoli che sto ricevendo, sono riuscita a ritrovare la mia strada. Riprenderò alla Vuelta a Extremadura, con una condizione tutta da scoprire e ricostruire, dopo la pista, in vista delle gare che verranno. Spero di ritrovare presto il colpo di pedale e l’occhio della strada. E poi, chissà quando incontrerà la Wiebes la prossima volta…».

by Enzo Vicennati
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UNA STORIA DI BELLE STORIE Chiamatela nostalgia, se volete. Non vi capita mai che un’immagine vi rimandi a qualcuno con ...
22/02/2025

UNA STORIA DI BELLE STORIE

Chiamatela nostalgia, se volete. Non vi capita mai che un’immagine vi rimandi a qualcuno con cui avete avuto a che fare in passato e che poi col tempo è sparito? Magari ve lo ricorda Instagram, oppure siete passati in un luogo che ha riacceso il ricordo. Allora di colpo le storie si animano, vengono a galla altri episodi e vi assale la voglia matta di risentirlo. A noi è successo giusto ieri con Francesco Secchiari, toscano classe 1972, professionista per dieci anni: prima con Reverberi, poi alla Saeco, alla Mercatone Uno con Pantani e alla fine la Domina Vacanze di Cipollini.

Secchiari era sparito, poi di colpo si è messo a pubblicare foto e storie su Instagram. E guardandole sono venuti alla memoria il primo incontro al Giro dei dilettanti del 1994, quando era leader ma stava per subire l’attacco decisivo di Piepoli. Il padre con il furgone che vendeva panini su tutte le salite in cui suo figlio correva e animava le nottate sui passi alpini. La caduta con Pantani e Dall’Olio nella Milano-Torino che rischiò di chiudere le loro carriere. La tappa vinta al Giro di Svizzera nel 2000 e due anni prima il quarto posto a Montecampione nel giorno in cui Pantani staccò Tonkov e fece la storia del Giro. E poi anche quella volta che capitammo a casa dei suoi genitori in Garfagnana, mangiando come poche altre volte in vita nostra e ridendo per l’episodio di un cinghiale investito non troppo casualmente col fuoristrada e poi finito sulla tavola.

Quando smise di correre nel 2004, fece un passo di lato e sparì, perché la vita gli propose esperienze troppo dure anche per uno che aveva corso cinque Giri d’Italia, due Tour e una Vuelta. Finché qualche tempo fa Secchiari è rispuntato su Instagram con una bicicletta e il mare dei ricordi.

T’è venuta la nostalgia?

No, non mi è venuta la nostalgia (ride, ndr). E’ andata così, è stata una cosa simpatica. E’ cominciato tutto… aspetta, parto da lontano. Quando ho smesso di correre, è morta mia mamma di tumore, c’è stata la separazione da mia moglie, facevo il muratore, ma mi ruppi una gamba. Ero in una situazione di m***a, ingessato con la mamma morta e la moglie che andava via. Poi la vita va avanti, ci si riprende da tutto, però la bicicletta era rimasta da una parte perché non c’era più tempo e neanche la voglia. Finché vidi su Instagram una squadra, il Team Vibrata Bike, in Val Vibrata giù in Abruzzo.

Cosa facevano?

Vedevo che si allenavano, correvano, però alla fine non mancava mai la birrata tra amici. Così un giorno mi venne di fargli un commento e scrissi: «Questa sarebbe la mia squadra, con le birre e le passeggiate». Il tempo di farlo e mi chiamò subito il presidente e mi invitò a farne parte. Gli dissi che ero 100 chili, ma lui era gasato. Disse che gli sarebbe piaciuto se fossi andato a correre con loro e avessi partecipato alle serate. «Le serate – gli dissi – non sono un problema, però correre è un parolone!».

Avevi ripreso a pedalare nel frattempo?

Faccio dei giretti. Da tre anni sto insieme a Vera, una ragazza che faceva camminata a piedi, poi a forza di sentir parlare di bici, si è appassionata. Facciamo passeggiate. Abbiamo fatto la Spoleto-Norcia, tutti i percorsi del Chianti. Giri di 50-60 chilometri con 1.000 metri di dislivello, ma tutti finalizzati al fare una bella mangiata e girare i posti. Le corse si sono fatte prima.

Vivi sempre in Garfagnana?

No, quando mi sposai mi spostai a Pisa e ci sono rimasto, perché le mie figlie Noemi e Nadine sono qui e poi c’è più lavoro. Insomma, quelli della squadra di Teramo non hanno voluto sentire storie e mi hanno mandato il completino. Mi sono sentito quasi obbligato e ho ricominciato ad andare in bici. Siamo andati anche a trovarli, siamo andati a mangiare con loro. Poi quando è venuto fuori che avevo vinto il Giro d’Abruzzo, ci siamo legati anche di più.

Pesi ancora 100 chili?

No, ora sono a 98, ma ero arrivato a 115. Però mettici che sono più grosso per il lavoro. Faccio i giardini, ho cominciato tre anni fa. Durante il Covid era una delle poche categorie che poteva uscire e un amico mi ha convinto a lavorare nella sua azienda. Andai la prima volta per provare e non sono più venuto via. Si fa fatica, però ero abituato a correre in bicicletta e al confronto questa è nulla. Un giorno sei a Piombino al mare, un giorno sei nelle colline del Chianti. E’ sempre bello, sei fuori.

Come mai non sei rimasto nel ciclismo?

La grande passione mi è sempre rimasta e ho allenato per tre anni gli allievi, sono sincero, con un entusiasmo che la metà bastava. Però a un certo punto mi accorsi che l’impegno e i sacrifici li mettevo soltanto io. Sono sempre stato mezzo matto, però quando dicevo di fare i sacrifici, li facevo. Perciò ho provato a insegnargli le cose. Andavamo a fare la spesa. Li portavo a casa mia e gli facevo vedere come cucinare quel che avrebbero dovuto mangiare. Ci mettevo anima e corpo e poi li trovavo la sera al bar con il Negroni e la sigaretta. E dopo un po’ ho detto basta.

Che cosa ricordi quando pensi al ciclismo dei tuoi anni?

Se devo dire la verità, mi vengono spesso in mente quelli che non ci sono più. Scarponi, Marco (Pantani, ndr), Rebellin (i due sono insieme in apertura in un’immagine da Instagram, ndr). Purtroppo la lista è lunga. Loro sono quelli famosi, però da dilettante mi ricordo Diego Pellegrini: eravamo in ritiro insieme, abbiamo fatto il Valle d’Aosta, cadde e morì. Oppure Amilcare Tronca, ci ho corso insieme. E anche Alessio Galletti. Se mi metto a pensarci, sono almeno 15 persone che non ci sono più. Insomma, io penso a loro e mi mancano. In casa c’è un quadro fatto da Joe Di Batte, con Pantani e me. Per cui parlando di giovani…

Cosa diciamo?

Quelli di 13-14 anni che vengono a trovarmi, magari assieme ai genitori, quando vedono il quadro, chiedono: chi è quello insieme a te? Però se vuoi il primo ricordo, mi ricordo di te che la partenza di Corvara al Giro dei dilettanti, arrivasti e chiedesti: «Chi è Secchiari?». Io ero seduto sul marciapiede a mettere gli scarpini e mi facesti una foto bellissima, che ancora conservo. Fu la mia prima foto da ciclista vero, perché prima erano tutte foto scattate qua e là ed erano anche sfocate…

E Montecampione?

Quel quarto posto mette un po’ in ombra le vittorie che ho fatto. Quando mi presentano uno che non sa chi sono ed è appassionato del ciclismo, se gli dico che sono stato quarto a Monte Campione, quando Pantani staccò Tonkov, lo vedo che cambia espressione. Magari tutti hanno visto soltanto i primi due, però ogni tanto la telecamera staccava anche su me e Clavero che lottavamo fra noi.

Senti ancora gli amici corridori?

Mi capita di vedere Balducci e Guidi, quando viene qua: Fabrizio e anche suo fratello Leonardo. Oppure il Gobbini, con cui eravamo sempre insieme. Sono molto affezionato anche a Petacchi: non ho lavorato per lui quando vinceva, però siamo amici. E mi capita anche di sentire Mario (Cipollini, ndr), nonostante non ci vediamo, un messaggino ogni tanto ce lo scambiamo.

Cosa sanno le tue figlie del babbo corridore?

Inizialmente non ne se ne parlava e poi non gli interessava neanche. Poi magari una va a portare il curriculum per fare un lavoro e quello che lo riceve dice che una volta con quel nome c’era un corridore. E’ il suo babbo! Ormai sono grandi, hanno 24 e 21 anni, una lavora e l’altra studia lingue perché vuole fare l’insegnante. Ogni tanto vengono a chiedermi qualcosa, perché hanno sentito i racconti di altri. Magari gente adulta che qualche anno fa seguiva le corse.

Come sta tuo padre, va ancora alle corse o da quando hai smesso tu, ha smesso anche lui?

Ha smesso anche lui. E’ in forma, ancora adesso se c’è un cinghiale in giro, qualsiasi arma è buono per portarlo a casa. Sta rinchiuso, quando esce va per legna, per cinghiali o per funghi. Sono stato da lui sabato, è sempre lo stesso. Ha 72 anni e anche se i medici gli dicono di riguardarsi, continua a fumare come al solito. Sai che sono contento di questa telefonata? Dobbiamo assolutamente rivederci…

Organizziamo?

Bisogna, andiamo dal Pieri. L’ho rivisto, ma non sono mai stato a mangiare da lui. Dicono che la carne come la fa lui, non la fa praticamente nessuno…

by Enzo Vicennati
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FINALMENTE SCARONI «Era ora. Sono appena uscito dall’antidoping e sto rispondendo adesso ai messaggi. Avevo il cellulare...
22/02/2025

FINALMENTE SCARONI

«Era ora. Sono appena uscito dall’antidoping e sto rispondendo adesso ai messaggi. Avevo il cellulare scarico. Me lo hanno fatto ricaricare quel poco per rispondere a tutti». E’ come se Christian Scaroni ci avesse portato direttamente con sé dietro l’arrivo del Mur de Fayence, dove termina la Classic Var.
Il sole che allunga le ombre, una corsa meno nervosa del solito e questo finale temuto e temibile.

Un finale che Scaroni e la XDS-Astana avevano studiato alla perfezione. Quel sorpasso violento a 150 metri dal tornante, che a sua volta introduceva nella curva finale e negli ultimi 100 metri, è stato chirurgico, perfetto, “cattivo”. In una parola: vincente (qui il video dell’arrivo). Finalmente, viene da dire. Scaroni non vinceva dal 2022, quando, in maglia azzurra e dopo essere rimasto a piedi per il “caso Gazprom”, aveva alzato le braccia all’Adriatica Ionica Race. Che montagne russe, è proprio il caso di dirlo, da allora…

Christian, prima di tutto lasciati fare i complimenti. Te lo avevamo detto: “era matura”…

Grazie mille, in effetti ci voleva. Oggi sono contento per me e per la squadra, che era alla prima vittoria!

Come è andata la corsa? Raccontaci brevemente…

E’ andata via la solita fuga. Poi, si sa come sono le strade francesi in quella zona: sempre un po’ strette e insidiose. Noi siamo stati bravissimi: abbiamo corso sempre nelle prime 20-30 posizioni fino al finale. Un finale caotico. Era importantissimo prendere bene lo strappo finale e i ragazzi mi hanno portato nelle prime 10-15 posizioni. Poi Nicola Conci è stato esemplare.

Abbiamo visto…

Ha fatto un gran lavoro. Mi ha tenuto davanti, ha chiuso e ha accelerato. Io ho sempre aspettato che si muovesse qualcuno. Quando poi, ai 400 metri, è scattato Victor Lafay, mi sono messo dietro di lui e, appena ho capito che le gambe erano buone, ai 150 metri più o meno, sono partito io… ed è andata bene.

Le gambe erano buone, vero, ma quante volte quest’anno le tue lo sono state e poi non hai vinto… Cosa c’è stato di diverso stavolta?

Per me era programmato andare forte in questo inizio di stagione e ci sta che fossi sempre arrivato davanti. Oggi (ieri per chi legge, ndr) le cose finalmente sono andate per il verso giusto. Ora voglio gestire bene la situazione fino alla Coppi e Bartali, perché lì si concluderà il mio primo blocco di stagione e staccherò. Andrò poi sul Teide prima del Giro d’Italia. Che dire… I programmi non sempre riescono bene, stavolta sì.

Christian, questa vittoria era sempre vicina ma non arrivava mai. Stava diventando un cruccio?

Sì, ho fatto quattro gare e tre podi (più un quinto posto, ndr): stava diventando pesante. Mi sembra di rivivere quello che è successo l’anno scorso: ero sempre piazzato, ma la vittoria non arrivava. Oggi sapevo che potevo fare bene. Oggi le gambe giuste le avevo io. Lo strappo finale non era così scontato da prendere bene…

Casualmente, alla vigilia della Classic Var abbiamo sentito il vostro meccanico, Gabriele Tosello, il quale non era con voi in gara ma nel vicino magazzino che la XDS ha a Nizza. Ci ha detto che era passato a trovarvi e anche: «Speriamo che questa vittoria arrivi. Scaroni sta bene e la corsa sembra buona per lui»…

Eh – sorride Christian – anche io avevo detto che mi piaceva questo finale, ma da qui a vincere… Mi preoccupava però il fatto che prima la corsa non era stata dura e arrivare sotto al muro finale in 100 corridori non era una situazione facile da gestire.

E da stamattina si parte un po’ più leggeri?

Esatto, avrò meno pressione. Non che me la mettesse la squadra, ero io a impormela. Da corridore si vuole sempre la vittoria. Okay, questo inizio di stagione per me è stato comunque positivo, ho fatto dei podi e raccolto punti importanti, specie per la squadra, ma io preferirei sempre barattare quei podi con una vittoria. Ora però pensiamo agli altri impegni che verranno qui in Francia: correrò anche domani (oggi, ndr) al Tour des Alpes Maritimes e fra una settimana alla Faun Ardèche e alla Faun Drôme Classic. Sempre concentrati e con i piedi per terra.

E dello Scaroni fuori corsa e anche al di fuori dei training camp, cosa ci dici?

Sapevo di essere preparato bene. Lo pensavo alle corse, in ritiro e a casa. Sapevo di avere davanti la possibilità di fare una buona stagione, perché ho passato un inverno sereno.

E nel quotidiano?

Stando spesso fuori, nei giorni in cui sono a San Marino passo molto tempo con Malucelli e Carboni. La mattina ci si allena, poi il pomeriggio si sta a casa e si riposa. Qualche volta andiamo a cena tutti insieme, anche con le compagne. Magari, quando arriverà il caldo, ci faremo una passeggiata giù a Rimini.

Un dito al cielo sull’arrivo e uno sguardo dopo il traguardo: per chi era questa vittoria, Christian?

Era per mio nonno Rodolfo. E’ lui che mi ha cresciuto e messo in bici da piccolo. E’ morto due anni fa… quindi sono in ritardo di due anni. Ma meglio tardi che mai.

by Filippo Lorenzon
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Friuli
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Un grande ringraziamento ai miei nuovi fan emergenti!Dan Kiley, Sudhir Singh Dungarpur, Walter Mauri, Stefano Tini, Leon...
22/02/2025

Un grande ringraziamento ai miei nuovi fan emergenti!

Dan Kiley, Sudhir Singh Dungarpur, Walter Mauri, Stefano Tini, Leonie Chalkley, Jef Segerink, Alessandro Cagnazzo, Mario Parrottino, Davide Pozzo, Giorgina Pivarina, Paolo Bartocci, Wathieu Worelle, Mohd Maliq Efandi, Franck Gicquel, Mirco Manfredini, Gérald Cavaleri, Federico Vaccari, Nicola Zuliani, Andrea Garbo, Marija Krivokapic, Janssens Nicole, Leon Quintens, Анатолий Головаш, Chiara Quaglio, Minh Aduanhem, Jan Zandman, Eeckhout Kurt, Gianpietro Polato, Davide Pettani, Alan Porter, Luciano Morelli, Geert Dijkstra, Galina Hulubei, Marcelo Menares

Un grande ringraziamento ai miei nuovi follower! Sono felice di avervi tra noi!Alessandro Moretti, Martin Garcia Miranda...
22/02/2025

Un grande ringraziamento ai miei nuovi follower! Sono felice di avervi tra noi!

Alessandro Moretti, Martin Garcia Miranda, Gianmatteo Cherchi, Paolo Besana, Simeon Tsonev, Michael Frehel, Davide Incerti, Theo Gorsse, Barbara Raimondi, Fausto Milani, Giovanni Lotà, Gregory Copin, Mattia Piatti, Alberto Nardi, Roberto Faroni, Tomáš Hanuska, Tiziana Millo, Viacheslav Bryhardyi, Agostino Amato, Maurizio Anselmetti, Sergio Ferri, Jos Hogenbirk, Alessandro Cecchetti, Rien Robijn, Ádám Szloboda, Eddy Peeters, Eros Parigi, Nico Remmerswaal, Marco Brancoli Pantera, Francesco Vinetti, W***y Louagie, Isaias Calva, Andrea Eleuteri, Paolo Staffieri, Renjith Edakkidom, Sergio Improda, Mark Nicholls, Yoshiaki Tanaka, Mutsumi Adachi, Patrick Papon, Lagomarsino Giulio Giuliano, Massimo Pranzetti, Jan Zandman, Marco Gianangeli Giangio, Mattia Fiammeni, Alvin Kelley, Jose Duerto, Gianfranco Allegrini, Nguyen Phan Thuy Van, Gerrit Breunissen

22/02/2025

Indirizzo

Udine
33100

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