22/02/2025
UNA STORIA DI BELLE STORIE
Chiamatela nostalgia, se volete. Non vi capita mai che un’immagine vi rimandi a qualcuno con cui avete avuto a che fare in passato e che poi col tempo è sparito? Magari ve lo ricorda Instagram, oppure siete passati in un luogo che ha riacceso il ricordo. Allora di colpo le storie si animano, vengono a galla altri episodi e vi assale la voglia matta di risentirlo. A noi è successo giusto ieri con Francesco Secchiari, toscano classe 1972, professionista per dieci anni: prima con Reverberi, poi alla Saeco, alla Mercatone Uno con Pantani e alla fine la Domina Vacanze di Cipollini.
Secchiari era sparito, poi di colpo si è messo a pubblicare foto e storie su Instagram. E guardandole sono venuti alla memoria il primo incontro al Giro dei dilettanti del 1994, quando era leader ma stava per subire l’attacco decisivo di Piepoli. Il padre con il furgone che vendeva panini su tutte le salite in cui suo figlio correva e animava le nottate sui passi alpini. La caduta con Pantani e Dall’Olio nella Milano-Torino che rischiò di chiudere le loro carriere. La tappa vinta al Giro di Svizzera nel 2000 e due anni prima il quarto posto a Montecampione nel giorno in cui Pantani staccò Tonkov e fece la storia del Giro. E poi anche quella volta che capitammo a casa dei suoi genitori in Garfagnana, mangiando come poche altre volte in vita nostra e ridendo per l’episodio di un cinghiale investito non troppo casualmente col fuoristrada e poi finito sulla tavola.
Quando smise di correre nel 2004, fece un passo di lato e sparì, perché la vita gli propose esperienze troppo dure anche per uno che aveva corso cinque Giri d’Italia, due Tour e una Vuelta. Finché qualche tempo fa Secchiari è rispuntato su Instagram con una bicicletta e il mare dei ricordi.
T’è venuta la nostalgia?
No, non mi è venuta la nostalgia (ride, ndr). E’ andata così, è stata una cosa simpatica. E’ cominciato tutto… aspetta, parto da lontano. Quando ho smesso di correre, è morta mia mamma di tumore, c’è stata la separazione da mia moglie, facevo il muratore, ma mi ruppi una gamba. Ero in una situazione di m***a, ingessato con la mamma morta e la moglie che andava via. Poi la vita va avanti, ci si riprende da tutto, però la bicicletta era rimasta da una parte perché non c’era più tempo e neanche la voglia. Finché vidi su Instagram una squadra, il Team Vibrata Bike, in Val Vibrata giù in Abruzzo.
Cosa facevano?
Vedevo che si allenavano, correvano, però alla fine non mancava mai la birrata tra amici. Così un giorno mi venne di fargli un commento e scrissi: «Questa sarebbe la mia squadra, con le birre e le passeggiate». Il tempo di farlo e mi chiamò subito il presidente e mi invitò a farne parte. Gli dissi che ero 100 chili, ma lui era gasato. Disse che gli sarebbe piaciuto se fossi andato a correre con loro e avessi partecipato alle serate. «Le serate – gli dissi – non sono un problema, però correre è un parolone!».
Avevi ripreso a pedalare nel frattempo?
Faccio dei giretti. Da tre anni sto insieme a Vera, una ragazza che faceva camminata a piedi, poi a forza di sentir parlare di bici, si è appassionata. Facciamo passeggiate. Abbiamo fatto la Spoleto-Norcia, tutti i percorsi del Chianti. Giri di 50-60 chilometri con 1.000 metri di dislivello, ma tutti finalizzati al fare una bella mangiata e girare i posti. Le corse si sono fatte prima.
Vivi sempre in Garfagnana?
No, quando mi sposai mi spostai a Pisa e ci sono rimasto, perché le mie figlie Noemi e Nadine sono qui e poi c’è più lavoro. Insomma, quelli della squadra di Teramo non hanno voluto sentire storie e mi hanno mandato il completino. Mi sono sentito quasi obbligato e ho ricominciato ad andare in bici. Siamo andati anche a trovarli, siamo andati a mangiare con loro. Poi quando è venuto fuori che avevo vinto il Giro d’Abruzzo, ci siamo legati anche di più.
Pesi ancora 100 chili?
No, ora sono a 98, ma ero arrivato a 115. Però mettici che sono più grosso per il lavoro. Faccio i giardini, ho cominciato tre anni fa. Durante il Covid era una delle poche categorie che poteva uscire e un amico mi ha convinto a lavorare nella sua azienda. Andai la prima volta per provare e non sono più venuto via. Si fa fatica, però ero abituato a correre in bicicletta e al confronto questa è nulla. Un giorno sei a Piombino al mare, un giorno sei nelle colline del Chianti. E’ sempre bello, sei fuori.
Come mai non sei rimasto nel ciclismo?
La grande passione mi è sempre rimasta e ho allenato per tre anni gli allievi, sono sincero, con un entusiasmo che la metà bastava. Però a un certo punto mi accorsi che l’impegno e i sacrifici li mettevo soltanto io. Sono sempre stato mezzo matto, però quando dicevo di fare i sacrifici, li facevo. Perciò ho provato a insegnargli le cose. Andavamo a fare la spesa. Li portavo a casa mia e gli facevo vedere come cucinare quel che avrebbero dovuto mangiare. Ci mettevo anima e corpo e poi li trovavo la sera al bar con il Negroni e la sigaretta. E dopo un po’ ho detto basta.
Che cosa ricordi quando pensi al ciclismo dei tuoi anni?
Se devo dire la verità, mi vengono spesso in mente quelli che non ci sono più. Scarponi, Marco (Pantani, ndr), Rebellin (i due sono insieme in apertura in un’immagine da Instagram, ndr). Purtroppo la lista è lunga. Loro sono quelli famosi, però da dilettante mi ricordo Diego Pellegrini: eravamo in ritiro insieme, abbiamo fatto il Valle d’Aosta, cadde e morì. Oppure Amilcare Tronca, ci ho corso insieme. E anche Alessio Galletti. Se mi metto a pensarci, sono almeno 15 persone che non ci sono più. Insomma, io penso a loro e mi mancano. In casa c’è un quadro fatto da Joe Di Batte, con Pantani e me. Per cui parlando di giovani…
Cosa diciamo?
Quelli di 13-14 anni che vengono a trovarmi, magari assieme ai genitori, quando vedono il quadro, chiedono: chi è quello insieme a te? Però se vuoi il primo ricordo, mi ricordo di te che la partenza di Corvara al Giro dei dilettanti, arrivasti e chiedesti: «Chi è Secchiari?». Io ero seduto sul marciapiede a mettere gli scarpini e mi facesti una foto bellissima, che ancora conservo. Fu la mia prima foto da ciclista vero, perché prima erano tutte foto scattate qua e là ed erano anche sfocate…
E Montecampione?
Quel quarto posto mette un po’ in ombra le vittorie che ho fatto. Quando mi presentano uno che non sa chi sono ed è appassionato del ciclismo, se gli dico che sono stato quarto a Monte Campione, quando Pantani staccò Tonkov, lo vedo che cambia espressione. Magari tutti hanno visto soltanto i primi due, però ogni tanto la telecamera staccava anche su me e Clavero che lottavamo fra noi.
Senti ancora gli amici corridori?
Mi capita di vedere Balducci e Guidi, quando viene qua: Fabrizio e anche suo fratello Leonardo. Oppure il Gobbini, con cui eravamo sempre insieme. Sono molto affezionato anche a Petacchi: non ho lavorato per lui quando vinceva, però siamo amici. E mi capita anche di sentire Mario (Cipollini, ndr), nonostante non ci vediamo, un messaggino ogni tanto ce lo scambiamo.
Cosa sanno le tue figlie del babbo corridore?
Inizialmente non ne se ne parlava e poi non gli interessava neanche. Poi magari una va a portare il curriculum per fare un lavoro e quello che lo riceve dice che una volta con quel nome c’era un corridore. E’ il suo babbo! Ormai sono grandi, hanno 24 e 21 anni, una lavora e l’altra studia lingue perché vuole fare l’insegnante. Ogni tanto vengono a chiedermi qualcosa, perché hanno sentito i racconti di altri. Magari gente adulta che qualche anno fa seguiva le corse.
Come sta tuo padre, va ancora alle corse o da quando hai smesso tu, ha smesso anche lui?
Ha smesso anche lui. E’ in forma, ancora adesso se c’è un cinghiale in giro, qualsiasi arma è buono per portarlo a casa. Sta rinchiuso, quando esce va per legna, per cinghiali o per funghi. Sono stato da lui sabato, è sempre lo stesso. Ha 72 anni e anche se i medici gli dicono di riguardarsi, continua a fumare come al solito. Sai che sono contento di questa telefonata? Dobbiamo assolutamente rivederci…
Organizziamo?
Bisogna, andiamo dal Pieri. L’ho rivisto, ma non sono mai stato a mangiare da lui. Dicono che la carne come la fa lui, non la fa praticamente nessuno…
by Enzo Vicennati
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