Il mio viaggio a Verona

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Il mio viaggio a Verona Viaggia con me alla scoperta di Verona,
la celebre città di Giulietta & Romeo. IG:
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Se vi è capitato di passare dalla Stazione ferroviaria di Porta Nuova, avrete sicuramente notato quell’opera in alto che...
03/11/2024

Se vi è capitato di passare dalla Stazione ferroviaria di Porta Nuova, avrete sicuramente notato quell’opera in alto che sta proprio nell’atrio d’entrata. È un tripudio di pennellate intense, noti rimandi al cubismo, con colori pastello a tratti incandescenti.

L’opera è del noto artista Sergio Piccoli, tra i pittori veronesi più noti nel panorama contemporaneo, che ama definirsi un “appassionato autodidatta”
Nato a Verona nel 1946, colorista per vocazione, intraprende studi di grafica pubblicitaria per tre anni a partire dal 1973-74; corsi che, come racconta lui stesso, gli sono serviti molto per imparare ad impastare il colore.
Le sue prime opere risalgono proprio a quegli anni, quando si cimenta in una serie di sperimentazioni con l’entusiasmo del neofita.

La sua ascesa è rapida, le sue opere conquistano subito tutti. Ed è proprio nel 1976 che venne commissionato, dalle Ferrovie dello Stato, il murale per l’atrio della stazione di Porta Nuova, quello che ancora oggi colora lo spazio sopra la biglietteria.

Battezzato da lui stesso “Verona in movimento”, era inizialmente un’opera astratta, una grande nuvola colorata… ma poi qualcuno gli fece notare che doveva essere qualcosa di più esplicito, legata all’ambiente ferroviario. Così vi aggiunse dei vagoni, traversine e ruote.

Il risultato è un’opera coloratissima, che molto ricorda una visione futurista ispirata al movimento puro. Del resto, come da lui dichiarato, nei suoi disegni preparatori si era ispirato all’arte cubista e a Guernica di Picasso.
Il rimando è decisamente notevole.

Successivamente, oltre alle tante e prestigiose esperienze internazionali, nel 1997 gli venne commissionata una serie di grandi affreschi per il nuovo Teatro Camploy. Sempre in ambito veronese, da non dimenticare anche gli spazi della Funivia di Malcesine e il Teatro Diego Martinelli a Castelnuovo del Garda.

Sergio Piccoli è un artista internazionale ma è anche Verona, la sua Verona. Un pensiero ed un colore universale che si fanno emozione, sotto un cielo sfumato da mille colori pastello.


Buongiorno a tutti e benvenuti al Basei Bistrot, un luogo dove storie straordinarie e prodotti unici si incontrano, frut...
01/11/2024

Buongiorno a tutti e benvenuti al Basei Bistrot, un luogo dove storie straordinarie e prodotti unici si incontrano, frutto della passione e del quotidiano impegno di persone eccezionali.

Questa è la storia di un enogastronomo, produttore di vino e profondo estimatore di chi, con dedizione e sacrificio, crea eccellenze.
Basei Bistrot nasce da questo percorso, dall’esperienza di Alberto e dal suo desiderio di condividere ciò che più ama.
Il nome “Basei” è il soprannome della sua famiglia, simbolo di tradizione, autenticità e calore familiare. Ha voluto creare, con questo bistrot, un ambiente accogliente, dove ogni pausa diventa un’opportunità per vivere un esperienza speciale: gustare uno spuntino, una tazza di caffè o tè in compagnia, avvolti da un’atmosfera conviviale e informale.

Tutte le persone che collaborano con il Basei Bistrot sono legate da rapporti di lunga amicizia, esperienze condivise, o da prodotti che hanno segnato momenti importanti della vita.
Ogni prodotto qui presente non è solo un’eccellenza italiana, ma rappresenta una parte della loro storia e amicizia.
Alcuni di questi richiedono anni di dedizione per arrivare sulle nostre tavole, e questo luogo è l’omaggio a tutti coloro che, spesso lontani dai riflettori, si sacrificano per realizzare queste meraviglie, rinunciando anche a preziosi momenti con le loro famiglie.

Nel loro “Libro degli Amici”, all’interno del locale, troverete le schede dettagliate di ogni prodotto.
In ogni scheda verrà raccontata brevemente la storia della famiglia o della persona che lo produce, insieme ai contatti per visitare direttamente questi straordinari artigiani.
Così potrete scoprire da vicino i luoghi dove prende vita la magia della loro creazione.

Vi invito a passare al Basei Bistrot per una colazione, una pausa pranzo o per un semplice caffè, per conoscere e apprezzare questo lavoro straordinario, oltre a vivere un’esperienza unica di sapori e racconti indimenticabili.

Bravo Alberto, e complimenti a tutti i tuoi collaboratori. Buona fortuna, per questa Vostra nuova avventura veronese.
*Indirizzo: Via Sant’Alessio, 20/A, Verona.


Via Fama è una traversa di Corso Porta Borsari, detta anche la “via della frutta” (detta da me, diciamo) per la presenza...
31/10/2024

Via Fama è una traversa di Corso Porta Borsari, detta anche la “via della frutta” (detta da me, diciamo) per la presenza di un fruttivendolo che tiene la merce in bella mostra proprio lungo la via. In effetti la via ricorda, soprattutto nel tratto iniziale, la celebre “Via Pescherie Vecchie” di fama bolognese, soprattutto appunto per la presenza della frutta in esposizione lungo la strada e i tanti bar e ristoranti a disposizione degli avventori.

Il toponimo originario era “Intròl del Brentaròl”, evidentemente allusivo della presenza di una bottega artigiana di fabbricanti di brente. La brenta è una specie di bigoncia di legno, in uso soprattutto nell’Italia settentrionale, che si porta spalleggiata per mezzo di cinghie e serve per il trasporto del vino o del mosto.

Nel 1704 fu qui aperta un’osteria chiamata “della Fama Trionfante”, forse ispirata ad una statua scolpita da Marco Marchesini e posta nella Casa dei Mercanti, in Piazza delle Erbe.
Il nome dell’osteria si trasformò anche nella forma “della Fama sul Brentaròl” per ridursi poi alla semplice “Fama”, nome che un po’ alla volta divenne quello della via stessa.

Lungo la strada troviamo anche vari locali e il celebre negozio “Dischi Volanti”, di cui vi racconterò meglio in un prossimo post.


Le 100 cose da fare a Verona:55 - Riconoscere un tempio greco tra le botteghe artigiane dell'Ex MacelloDa Stradone San F...
29/10/2024

Le 100 cose da fare a Verona:
55 - Riconoscere un tempio greco tra le botteghe artigiane dell'Ex Macello

Da Stradone San Fermo, attraversando il caratteristico quartiere Filippini, al civico 17 troverete un'interessante vecchia scritta.
Siete davanti all'antico macello della città, sotto al timpano della facciata di quello che sembra un tempio greco; sulle tre porte del cancello d'ingresso, in ferro battuto, troverete scritto: “Centro Botteghe Artigiane".

Il progetto del macello cittadino fu disegnato a metà Ottocento e, in alto, vedrete le teste bovine che decorano, come un fregio, l'intera facciata.
Negli anni Ottanta del Novecento venne realizzato un prezioso restauro che consentì una riqualificazione della zona, dando alla sede un'anima artistica.

Originariamente il macello cittadino era situato in Sottoriva, e gestiva tutte le attività correlate alla macellazione degli animali e allo smercio delle carni. Fu poi spostato dal centro e posizionato dov'è oggi, nell'area che un tempo era destinata alla quarantena delle merci provenienti dal fiume.
Il macello, costruito come un tempio greco, subì diverse modifiche nel corso del tempo: nel 1678 gli venne affiancato un nuovo complesso, su progetto di Vincenzo Pellesina, Giacomo Bertolli e Leonardo Perini.

Nel 1803 il sito mutò il suo utilizzo in caserma militare, ma poi di nuovo nel 1853 il Comune ne fece il nuovo macello pubblico, realizzato dall'ingegnere comunale Enrico Storari, che adattò le strutture esistenti.

La storia si ripete nel 1966, il macello venne abbandonato per esser nuovamente recuperato dal Comune negli anni Ottanta.

Vi consiglio una visita a questo "tempio greco" per vedere i segni della storia, ma anche perché oggi ospita una piccola cittadella artistica, tra botteghe artigianali e la sala comunale
Birolli, sede di molte mostre artistiche di vario genere.

E Voi, avete mai visitato questo storico luogo? Se vi va, pubblicate la vostra foto e taggatemi!


La Ca****la Giusti, all’interno della Chiesa di Sant’Anastasia, venne costruita nel 1453 dalla famiglia Giusti per ospit...
28/10/2024

La Ca****la Giusti, all’interno della Chiesa di Sant’Anastasia, venne costruita nel 1453 dalla famiglia Giusti per ospitare la propria ca****la funeraria.
Varcata la porta, sulla quale vi è un grande quadro rappresentante il Concilio di Trento di Biagio Falcieri, pittore del XVII secolo, troviamo un’iscrizione in caratteri romani che ne ricorda l’anno di edificazione.

La ca****la e il suo altare vennero rinnovati dopo più di un secolo e mezzo, per cui nulla rimane dell’aspetto originale. Una grande lapide, sulla parete destra, conserva la memoria della rifabbricazione dell’altare avvenuta nel 1598.

La pala d’altare venne realizzata da Felice Brusasorzi e vi sono raffigurati alcuni santi insieme alla Vergine e a San Vincenzo. A terra, al centro della ca****la, vi è una triplice tomba del XVI secolo in cui ciascuna delle tre pietre è ornata dell’arma della famiglia Giusti, che peraltro appare, dipinta o scolpita, in molti altri luoghi della sagrestia.
Le vetrate risalgono all’incirca al 1460, rendendole quindi le più antiche che si possano trovare in città. Esse sono caratterizzate dai colori bianco, verde e rosso, con ornati semplici e senza figure.

Una curiosità sulla Ca****la riguarda il soffitto, dove troviamo appesa una parte di una fiancata appartenente ad una nave turca: si tratterebbe di un trofeo della Battaglia di Lepanto, del 1571. Alcune storie raccontano non essere un timone, ma una parte di mandibola di capodoglio, portata a Verona da un gruppo di soldati che vinse la battaglia stessa, come ringraziamento alla Madonna del Rosario. La teoria potrebbe essere vera, vista la presenza di alcuni alveoli dentali nonchè l’aver una struttura interna che ricorda quella ossea. La sua forma sarebbe verosimile a quella di un capodoglio.

Fosse vero, ne farebbe il terzo elemento/frammento “animale”, appeso in città, e farebbe valere la regola del tre: costola di balena nel passaggio tra Piazza delle Erebe e Piazza dei Signori, costola di balena nel passaggio tra il Duomo e Sant’Elena, e quest’ultimo. Chissà quale sarà la verità.


****lagiusti

Sono a Verona, all’interno di un palazzo storico del 1500. Le grandi travi in legno ancora ben conservate, gli squarci d...
23/10/2024

Sono a Verona, all’interno di un palazzo storico del 1500. Le grandi travi in legno ancora ben conservate, gli squarci delle mura antiche con grandi sassi rotondi, che dall’Adige venivano presi per costruire i palazzi.

Un arredamento semplice e naturale, in ferro e legno. Alle pareti, quadri e opere di artisti locali che colorano e riscaldano l’ambiente. Due bellissime sale, da una parte l’enoteca con i wine dispenser dove poter degustare vari vini alla mescita e, dall’altra parte, l’intima sala ristorante con una cucina che dall’alto di un soppalco è pronta a creare piatti, ispirandosi alle materie prime che le varie stagioni possono offrire.

Ecco, questo posto è il Symposio Wine&Food.�Il Symposio era nell’antica Grecia il momento del banchetto destinato alla degustazione dei vini, un nome adatto per questo innovativo locale.

Un menù con pochi piatti, fatti con passione e qualità, e una carta vini di piccole cantine, con una selezione di 32 vini alla mescita, in grado di accompagnare ogni singola portata.
E Marco, il titolare, nato in Valpolicella in mezzo a vigneti e cantine, giramondo con una grande passione per la ristorazione.
Passate a trovarlo, da Symposio Wine&Food.
* Indirizzo: Via Stella, 20, Verona.


Signor Carlon, ma come faceva a tenersi in casa le 350 maggiori opere, oggi accolte al Palazzo Maffei Casa Museo?“Beh, e...
19/10/2024

Signor Carlon, ma come faceva a tenersi in casa le 350 maggiori opere, oggi accolte al Palazzo Maffei Casa Museo?

“Beh, erano tutte una sopra l’altra, appoggiate dietro i divani, accatastate.
Oggi mi spiace di non trovare più appesa in camera mia, sulla destra del letto, una “Piazza delle Erbe” di Carlo Ferrari, detto il Ferrarin, pittore ottocentesco nato e morto a Verona.

Ogni sera, al momento di coricarmi, guardavo il Palazzo Maffei sullo sfondo del quadro e mi dicevo: chissà, forse un giorno lo metterò lì... Ecco, sono molto felice che quel giorno sia arrivato”.


“Chi va in leto senza sena tuta la note se remena” o “Polenta nova e osei de riva, vin de grota e zente viva”. Sono solo...
18/10/2024

“Chi va in leto senza sena tuta la note se remena” o “Polenta nova e osei de riva, vin de grota e zente viva”. Sono solo alcuni dei proverbi riportati sui muri de “La Molinara”, trattoria attiva da oltre 140 anni.

Sin dal 1890, infatti, si hanno testimonianze della presenza in questo luogo di un’osteria chiamata "Molinara". E' situata in Città Antica, nello storico quartiere della Carega, un rione che prende il nome dalla medioevale corporazione dei conciapelle e dei calzolai, che qui erano copiosamente presenti e che abitualmente lavoravano seduti (da cui il nome carega che in dialetto veronese, significa sedia).

L'origine del nome ha due versioni diverse: la prima racconta che viene fatto risalire all'uva "Molinara", un vitigno autoctono del territorio di Verona, impiegato per la produzione dei vini della Valpolicella. La seconda, che forse può esser leggenda, racconta che inizialmente questo posto era stato aperto dalla figlia di uno che aveva il molino qui vicino all’Adige.
Quale sia la verità, è tutt'oggi è un mistero che pochi sanno...
Ma quello che sappiamo per certo è che il ristorante, oggi gestito dai giovani imprenditori Filippo e Alessandro, è iscritto alle Botteghe Storiche di Verona e che, da sempre, propone una cucina casalinga con lo stile tipico della trattoria "di una volta", dentro un'ambientazione semplice e alla mano. L’interno si compone di due locali con travi a vista e arredi di recente fattura, in pieno stile tradizionale.

All’esterno, sopra l’ingresso della trattoria, si trova ancora ben conservata la vecchia insegna risalente agli anni trenta del '900.
La permanenza nel tempo dell'attività di osteria-trattoria, la conservazione dell'insegna, che ne favorisce la riconoscibilità urbana, ne hanno determinato il pregio.

Curiosità: da sempre il locale è ricordato per la scelta di piatti semplici e casalinghi, legati alla cucina del territorio. Si tramanda che in origine la particolarità del locale fosse anche la proposta di piatti a base di selvaggina, essendo il titolare un appassionato di caccia.
*Indirizzo: Piazzetta Ottolini, 4, Verona.


Nel 758, per volontà di Desiderio, ultimo re longobardo, sorsero nel bresciano due importanti monasteri benedettini: a L...
16/10/2024

Nel 758, per volontà di Desiderio, ultimo re longobardo, sorsero nel bresciano due importanti monasteri benedettini: a Leno S. Benedetto per i monaci e a 20 km, in città S. Giulia per le monache.

La chiesa di S. Benedetto al Monte sorse al tempo come ca****la soggetta proprio al monastero di Leno, della Diocesi di Brescia.
In un documento dell’806 si parla di rapporti tra Leno e Verona, nel 958 si parla di una “Casa” in Verona e nel 1019 anche di una Chiesa e di una Cella monacale in Verona, di proprietà del monastero di Leno.
Nel 1140 i benedettini lasciarono S.Benedetto al clero diocesano.

Dell’edificio originario di epoca altomedievale rimane solo la cripta. Nel XII sec., forse in seguito al terremoto del 1117, la chiesa superiore fu ricostruita in forme romaniche. Tra il 1615 ed il 1617 l’edificio fu rinnovato nelle forme attuali.
Fu poi chiesa parrocchiale dal XVI sec. fino al 1805, anno in cui fu soppressa per decreto napoleonico e aggregata alla Parrocchia di Sant’Anastasia.

La visita alla Chiesa di San Benedetto al Monte è oggi un viaggio nella storia. La chiesa sorge dove un tempo si trovava il Capitolium, un complesso della città romana eretto su un terrapieno artificiale e che comprendeva il tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva (la Triade Capitolina come riporta la storiografia del XIX secolo).

Parti del complesso romano si leggono ancora scendendo nella cripta, con i suoi capitelli lavorati e le colonne datate al IX secolo.
A lato dell’ingresso si trova un pozzo archeologico da dove è possibile vedere le fondamenta del tempio capitolino.

I primi lavori di sistemazione, e restauro della cripta da parte della Soprintendenza, risalgono al 1963 e al 1982. Nel 2011 si ebbe un nuovo scavo archeologico e ulteriori interventi, questa volta sostenuti da Cassa Padana e dalla rettoria di San Benedetto.

La visita guidata è possibile grazie ai preziosi volontari di Verona Minor Hierusalem


Blue Lobster Bar è un nuovo cocktail bar in zona Veronetta, situato all’inizio della celebre via XX Settembre. Sono aper...
14/10/2024

Blue Lobster Bar è un nuovo cocktail bar in zona Veronetta, situato all’inizio della celebre via XX Settembre. Sono aperti dal tardo pomeriggio, l’ora giusta per l’aperitivo, e i titolari sono due ragazzi giovani che hanno realizzato una lista cocktail diversa dal solito, innovativa ed azzeccata!

Vi sono stato di recente e devo dire che mi ha soddisfatto sia per la professionalità del personale, con l’ottima accoglienza e capacità di consigliare il cliente, che per la qualità dei cocktail serviti, buonissimi e perfettamente equilibrati.

Il locale è piccolino e le pareti sono blu, con uno splendido bancone e vari sgabelli con tavolini. I dettagli sono tutti curati in maniera ottimale, per crearne un loro marchio di fabbrica.
Troverete qui il Lobster roll toast e pure delle polpettine da stuzzicare con svariati drink dai nomi stravaganti, grandi classici e aperitivi.
Vi consiglio il loro Americano rivisitato e pure l’Eterno Secondo, con rabarbaro zucca, Vermuth, earl grey tea soda, Martini dry.. ma anche i vari cocktail a base cointreau.
*Indirizzo: Via Venti Settembre, 1/B, Verona.


Le 100 cose da fare a Verona:54 - Girar su se stessi per visitare Piazza delle ErbePasseggiare in piazza delle Erbe vi l...
13/10/2024

Le 100 cose da fare a Verona:
54 - Girar su se stessi per visitare Piazza delle Erbe

Passeggiare in piazza delle Erbe vi lascerà senza fiato: sarà come fare un viaggio nel tempo, con il naso all’insù.

Tante epoche diverse si mescolano con eleganza e ogni singola facciata, torre e palazzo, traspira storia. Dedicatele il giusto tempo in modo da scoprire tutti i suoi particolari.

Verrete incantati dagli affreschi colorati sulle facciate dei palazzi, dai balconi fioriti, dalle bancarelle colorate dove potrete trovare di tutto, dagli abiti ai souvenir a oggetti di ogni tipo, dal piazzale dove si ergono colonne antiche e monumenti.
A seconda dell’ora, scoprirete la sua bellezza viva e brulicante di giorno e il suo fascino notturno, quando è tutta illuminata delle luci, le bancarelle se ne vanno e la piazza riacquista tutto il suo splendore nello spazio vuoto, quasi indossi il vestito della festa.
Inoltre se avrete voglia di un luogo vivo della città, a qualsiasi ora del giorno o della sera, a prescindere dal giorno della settimana, la piazza è sempre piena di gente e, oltre alla bellezza artistica, potrete apprezzarne il lato conviviale.

Chiudete gli occhi e provate a immaginare ora lo stupore e la meraviglia di chi, in quell’epoca, visitava la piazza per la prima volta e si trovava innanzi un tale tripudio di dipinti e colori.

Un consiglio… quando sarete lì, ponetevi al centro della piazza e guardatevi intorno: vedrete che, girando su voi stessi, i sensi e l’immaginazione saranno pieni di suggestioni e vi faranno cambiare prospettiva, facendovi ritrovare catapultati nel passato.
Ed è proprio questa, la forza di Piazza delle Erbe. Un invito a cambiare prospettiva, a rivolgere lo sguardo verso un’epoca andata.. ma che ci ha regalato una meraviglia che possiamo vivere oggi, e che racconteremo ancora per secoli e secoli di storia.

E Voi, avete mai vissuto così Piazza delle Erbe? Se vi va, pubblicate la vostra foto e taggatemi!


Mi trovo oggi a Palazzo Dal Verme, Franchini, Malaspina, edificio situato nel cuore del centro storico, racchiuso di fat...
12/10/2024

Mi trovo oggi a Palazzo Dal Verme, Franchini, Malaspina, edificio situato nel cuore del centro storico, racchiuso di fatto tra le vie Sant’Egidio, San Mamaso, Garibaldi ed Emilei. L’area conserva ancora l’originale impianto romano a maglia ortogonale e venne risparmiata quasi del tutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Il palazzo venne costruito nel XV secolo, su preesistenze del XIII secolo. Originariamente apparteneva alla famiglia Dal Verme e verso il 1745 passò ai Malaspina, che lo trasformarono in stile gotico veneziano.
Il palazzo passò poi ai Verità, per giungere ai Franchini ed infine all’attuale proprietario, che è una realtà commerciale privata.

L’edificio è da ritenere uno dei più importanti palazzi gotici di Verona, sviluppatosi su un preesistete manufatto romanico di cui rimangono le vestigia in finestre ad arco in tufo e cotto. È considerato un gioiello il poggiolo al primo piano in angolo tra le vie Sant’Egidio ed Emilei, con parapetto di pietra traforata e due bifore trilobate.
Gli interni mostrano anche i suggestivi saloni razionalisti, avendo avuto un chiaro restauro durante i recenti anni ‘30.

Il Palazzo è solitamente chiuso, proprietà privata, ma oggi e domani (13-14 Ottobre) è visitabile grazie ai volontari del , in queste Giornate Fai d’Autunno.

Durante l’apertura del Palazzo potrete accedere all’interno di un edificio che esibisce tutte le sue stratificazioni storiche, dagli elementi romanici, ai caratteri gotici, fino agli ambienti monumentali della prima metà del Novecento. Anni protagonisti delle manovre finanziarie che animarono la vita economica della città, nello scorso secolo.


Se si ammira la facciata del Duomo, si possono notare i due diversi stili con cui è stata costruita, il romanico ed il g...
08/10/2024

Se si ammira la facciata del Duomo, si possono notare i due diversi stili con cui è stata costruita, il romanico ed il gotico.

D’impatto è sicuramente lo splendido portale d’ingresso, sovrastato da una lunetta con dei bassorilievi raffiguranti la Madonna con Bambino, circondata dai Magi e dai Pastori. Composto di diversi materiali, tufo con marmi bianchi e rosati e cotto, appare al visitatore come un’entità sovrannaturale separata dal mondo terreno.

Realizzato nel 1139 dallo scultore Niccolò, raffigura negli stipiti i paladini Orlando e Oliviero e nelle cordonature i profeti Malachia, Davide, Geremia, Isaia, Daniele, Abacuc, Aggea, Zaccaria e Michea.

Due colonne appuntite dividono la grande entrata, architettura tipica degli ingressi ai luoghi sacri e misteriosi, oltre alla presenza di simboli che rappresentano un importante punto di accesso o il passaggio verso l’ignoto.

Questo non è l’unico particolare della facciata del Duomo, costellata di una selva di altorilievi e bassorilievi, raffiguranti oltre a santi ed eroi, basilischi, leoni antropomorfi, cani che azzannano pecore o si mordono rabbiosi la coda, scudieri che difendono un grande giglio simbolo della purezza e draghetti squamati schiacciati dal piede di Orlando, mentre un altro morde il piede di un grifone. E ancora, uomini con gli occhi sbarrati, pressati dal peso del muro portante e, sotto uno di essi, una donna che sorregge due grandi calici e varie attorno varie immagini di mostri, simboli pervasi dall’ansia e dal senso di instabilità che travagliavano l’epoca.

Nel portale, come accennato prima, vigilano le sculture dei due paladini di Carlo Magno, Oliviero e Orlando, evocati dalla Chanson de Roland.

E, come narra il celebre poema, mentre a Roncisvalle infuriava la battaglia fra la retroguardia dei Franchi e l’esercito saraceno, il mite Oliviero suggerì all’amico Orlando di suonare l’olifante per richiamare le truppe di Carlo Magno; Orlando rifiutò per non cadere nel disonore e, pur essendo consapevole della sconfitta, continuò a battersi assieme agli altri prodigiosi paladini, l’arcivescovo Turpino e, appunto, Oliviero.


Nelle vicinanze della Chiesa di San Nicolò, all’angolo tra via Enrico Noris e via Anfiteatro, si trova Palazzo Sansebast...
07/10/2024

Nelle vicinanze della Chiesa di San Nicolò, all’angolo tra via Enrico Noris e via Anfiteatro, si trova Palazzo Sansebastiani, il cui nome completo è Palazzo Ca****la Sansebastiani Bellini Carnesali. È conosciuto però come Palazzo dei Diamanti, appellativo che gli è stato attribuito derivante dal peculiare aspetto delle pietre “a punta di diamante” che ne decorano la facciata, rendendolo simile al più famoso Palazzo dei Diamanti di Ferrara, edificato nel 1495 su progetto di Biagio Rossetti.

Nello stesso luogo, precedente al Palazzo, sorgeva probabilmente una proprietà dei Ca****la già dai primi del Quattrocento. Questa famiglia, nel corso degli anni, assunse sempre maggior rilievo, tanto che alcuni suoi esponenti divennero membri nel Consiglio cittadino e, nel 1573, furono elevati a conti di Salizzole, dove erano proprietari di un castello e numerosi terreni.

Camillo Ca****la fu anche il committente dei lavori per Palazzo Sansebastiani. Egli, tuttavia, era spesso impegnato a causa dei suoi incarichi di giureconsulto e uomo pubblico, pertanto l’edificazione del palazzo fu (almeno in parte) seguita dalla moglie Elena Sansebastiani. Il suo nome viene addirittura riportato in un’iscrizione posta all’interno del palazzo, che reca la seguente frase: “Helena Sansebastiana hanc domus partem coniuge excellentis abstente te**is sit imago mea”.
Questa lapide riporta poi anche l’anno di ultimazione del cantiere, il 1582, ma non il nome del progettista.

L’edificio, oltre che dimora nobiliare, nel 1585 fu sede dell’Accademia Filotima, istituzione militare che venne però sciolta e rifondata solo alcuni anni dopo e ospitata presso la Gran Guardia. Nel corso dei secoli successivi passò di proprietà dai Ca****la a varie altre famiglie, fino all’acquisto, nei primi decenni del XX secolo, da parte della Banca Cattolica, incorporata nel 1935 nella Banca Mutua Popolare di Verona.

Il Palazzo fu danneggiato dai bombardamenti aerei che colpirono la città nel corso della seconda guerra mondiale, ma nel 1950 venne prontamente ripristinato nelle sue linee originali. Oggi è sede dell’AGEC (Azienda Gestione Edifici Comunali).


“Caffè Brasserie Filippini” vuol dire Piazza delle Erbe. La piazza più antica di Verona, il foro romano, il cuore della ...
05/10/2024

“Caffè Brasserie Filippini” vuol dire Piazza delle Erbe. La piazza più antica di Verona, il foro romano, il cuore della città.

Da oltre 100 anni il “Caffè Brasserie Filippini” è il testimone delle vicende storiche e mondane della città. È una sosta privilegiata e un punto di riferimento di Verona e dei suoi cambiamenti.
Qui, nelle lunghe serate estive, si vivono le gioie dell’attesa prima dei grandi eventi lirici in Arena, o di prosa al Teatro Romano.. e poi quelle del dopo spettacolo.
L’ambiente è raffinato, elegante, classico e originale al tempo stesso. Ideale per un aperitivo, un caffè, una cena romantica o un pranzo d’affari.

Due le sale al pianterreno: una per il Caffè e l’altra per il ristorante. Antiche specchiere rimbalzano e moltiplicano le immagini della vita del locale.
I più esigenti, coloro che ricercano proprio un ambiente esclusivo e suggestivo per una cena o un pranzo nella massima riservatezza, trovano nella saletta posta al piano superiore il coronamento dei propri sogni.
E non dimentichiamo la magia dei tavolini in Piazza delle Erbe, una piazza viva e colorata come solo le migliori piazze di mercato italiane sanno essere, con alcuni dei più bei palazzi storici della città. Così, un aperitivo esclusivo e chic, affacciati sulla meravigliosa statua/fontana di Madonna Verona.

Ecco perché una sosta al Caffè Brasserie Filippini è un’esperienza da non perdere. Un’emozione che si rinnova ogni giorno, dal 1901.


Sono nella celebre via XX Settembre, a Veronetta, precisamente al civico 17.Qui trovo una vecchia struttura strana ma af...
04/10/2024

Sono nella celebre via XX Settembre, a Veronetta, precisamente al civico 17.
Qui trovo una vecchia struttura strana ma affascinante, in una pregevole palazzina liberty, detta il “Dopolavoro Ferroviario” del 1921 c.a.
Realizzato difronte al più vecchio spaccio per ferrovieri, l’edificio, uno dei più significativi dell’architetto Francesco Banterle, ospitava il ricreatorio e la biblioteca del dopolavoro ferroviario e, all’esterno, una balera.

Ma cos’è nello specifico il Dopolavoro Ferroviario? Non lo sapevo neppure io, e ho cercato un po di info.
L’Associazione Nazionale Dopolavoro Ferroviario è un’associazione senza scopo di lucro, tutt’oggi presente, fondata il 25 ottobre 1925 dalle Ferrovie dello Stato e dalle organizzazioni sindacali. L’associazione gode di varie sedi sociali, di impianti sportivi, di spazi per le attività ricreative, di aree verdi e di strutture alberghiere, patrimonio iscritto nello stato patrimoniale della Società RFI (Rete Ferroviaria Italiana). Questa, quindi, era una delle loro sedi sociali. Oggi, a quanto pare, dismessa.

All’interno del fabbricato, disegnato in “stile ionico modernizzato”, vi erano decorazioni degli artisti Alfredo Savini e Pino Casarini. Forse, oggi, ancora presenti.
Se qualcuno è mai riuscito ad entrare, magari ci saprà dire qualcosa in più.


Le 100 cose da fare a Verona:53 - Scoprire che Ponte Pietra è il simbolo di una città che non si arrende maiIl 25 aprile...
03/10/2024

Le 100 cose da fare a Verona:
53 - Scoprire che Ponte Pietra è il simbolo di una città che non si arrende mai

Il 25 aprile 1945, le truppe tedesche si apprestavano ad abbandonare Verona. Lasciavano una città dilaniata dai bombardamenti, prostrata dalla crudeltà e dalla lunghezza della guerra; avevano abbandonato, lungo la ritirata, gran parte dei mezzi corazzati per rendere più rapida la fuga e tentavano in tutti i modi di bloccare l’avanzata del nemico vincitore. Sapevano che l’esercito degli alleati era ormai a poca distanza, quindi adottarono l’espediente che avevano utilizzato anche in altre città: per impedire la marcia del nemico, fecero saltare i ponti.
Nella nostra città si tentò di scongiurare questa rovina ma, dopo estenuanti trattative, accadde l’inevitabile: dal pomeriggio del 25 aprile, a intervalli di mezz’ora, a uno a uno tutti i ponti della città furono fatti saltare. Crollarono così insieme a tutti gli altri due monumenti gloriosi che insieme alle altre bellezze avevano reso famosa Verona: il Ponte di Castelvecchio e il Ponte Pietra.

Oggi, Ponte Pietra è di nuovo al suo posto “come e dove era”, si disse orgogliosamente dopo il restauro, grazie ad una paziente opera di ricostruzione che ha riportato il monumento alla sua forma precedente. Il monumento fu ricostruito tra il 1957 e il 1959 e per le due arcate di sinistra, quelle romane, vennero utilizzati molti dei massi originali che erano precipitati nel letto del fiume. Un ponte imponente, sull’ansa dell’Adige, con la torre medievale e il suo portale che al tempo permetteva l’accesso e la chiusura della città durante la notte. Esclusivamente pedonale, viene attraversato dai veronesi che dalla Valdonega e Veronetta vanno a passeggiare in città, nonché da un buon numero di turisti attratti dalla sua storia.

E Voi, conoscevate le vicende del Ponte Pietra? Se vi va, pubblicate la vostra foto e taggatemi!


Attraversando via Francesco Torbido, proprio all’incrocio con via Bassetti, vi era una stazione di servizio. Ma non è de...
01/10/2024

Attraversando via Francesco Torbido, proprio all’incrocio con via Bassetti, vi era una stazione di servizio. Ma non è della stazione di servizio che voglio parlarvi, bensì dell’edificio che stava al suo interno.

Ad un primo sguardo sembrava il classico negozio-cassa del benzinaio. Invece, guardando meglio, si notava un ambiente particolare che ricordava i caffè d’arte nordeuropei.
In questo edificio c’era Café Torbido, un piccolo bistrot in stile berlinese che arricchiva con un servizio di ristorazione e un’atmosfera d’avanguardia una semplice p***a di benzina.

Pensato e creato da Francesco, che amava definirsi designer-viaggiatore, il locale rifletteva una personalità fatta da contaminazioni diverse, ispirate dalla sua creatività e dai suoi viaggi: quasi interamente arredato con pezzi di design recuperato, vecchi e contemporanei, l’ambiente era decisamente insolito e ricco di suggestioni metropolitane.

Inglobato tra elementi d’infrastrutture urbane, la circonvallazione, il parcheggio e il distributore, il caffè sembrava riprodurre un’atmosfera di altri luoghi. Dentro, sembrava di stare a casa o in una baita di montagna, fuori c’era il traffico e l’architettura delle zone industriali.

Café Torbido era un vero art’s bar, dove si poteva assistere a discussioni sul teatro e sulla musica, degustando un ottimo brunch domenicale.
Una volta entrati, la naturale concezione di “caffè” veniva stravolta: struttura con finiture poco accurate e una saracinesca come porta, ma tutto arricchito da una serie di arredi ritrovati o riciclati che caratterizzavano il locale. I pezzi e gli stili erano i più vari: si trovavano accostati vecchi tavoli di legno da cucina, sedie anni Sessanta di materiali e colori assortiti, un grande specchio barocco, una macchina per cucire Singer utilizzata come portaoggetti, un vecchio pianoforte a muro, lampade e luci industriali.
Ma oltre agli ambienti e al design era soprattutto l’amore per l’arte e per la musica ad animare le serate del Torbido, con una proposta culturale tra concerti live e dj set.

Si, era un locale fantastico, che purtroppo chiuse il 17 Giugno del 2017. Ma, nelle persone che l’han vissuto, ha lasciato ricordi indelebili.

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