Venice Tours

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03/03/2024

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27/01/2024

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24/08/2023

UDOSTĘPNIJ GO CHOCIAŻ 🥺🙏🙏
Przecudny owczarek Hulk bardzo potrzebuje domku !
Jest aniołkiem, lekiem na całe zło!
Kto wyrzucił taką poczciwinkę ?? 😱
Może wakacje? A może nowszy model?
A on ?
Czy ktoś pomyślał co on teraz czuje?!
Hulk ma ogromne serce i jeszcze większą nadzieję...
Uśmiecha się, choć do oczu cisną się łzy...
UDOSTĘPNIJCIE 🙏🙏🙏
Błagamy...
On najmłodszy już nie jest 😔

Il gondoliere: il guerriero della lagunaTutti sanno chi è e cosa fa un gondoliere, è colui che con dovizia conduce, graz...
03/04/2023

Il gondoliere: il guerriero della laguna

Tutti sanno chi è e cosa fa un gondoliere, è colui che con dovizia conduce, grazie alla tecnica di voga a un solo remo, l’imbarcazione tradizionale di Venezia, la gondola.

Tuttavia la leggenda racconta che il gondoliere non è solo questo, sotto la divisa a strisce bianche e blu si nasconde uno spirito guerriero che viene celebrato dallo stesso nome di questa antica professione.
Sembra infatti, che il termine ‘gondoliere’ derivi da ‘gundu’ che assomiglia a ‘guntu’ che, in dialetto tedesco, significa appunto ‘guerriero’.

Ma cosa o chi combatte il coraggioso gondoliere?

Secondo la leggenda, nelle profondità della laguna veneziana vive un terribile mostro marino che teme solo i gondolieri.
Come San Giorgio che uccide il drago con la sua lancia, il gondoliere con il suo lungo remo rappresenta simbolicamente una minaccia per l’orribile creatura, perciò la perpetua presenza di gondolieri che solcano la laguna fa in modo che il drago non affiori mai in superficie.
Accade però che il drago manifesti tutta la sua frustrazione e rabbia emettendo potenti soffi che creano una spessa coltre di nebbia che avvolge Venezia, il noto “caigo“ da “qua me ligo“ ( qua mi lego ), nebbaia che può essere appunto talmente f***a da costringere le barche a fermarsi.

Ora suggeriamo di affidarvi all’ impavidità del vostro gondoliere e chissà che durante il vostro giro in gondola non possiate vedere le brillanti squame del drago appena sotto la superficie dell’acqua!

Scegli il nostro tour per sapere molto di più su gondole e gondolieri
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“ Ti xe proprio na pitima !! “Oggi si tratta di un comune aggettivo Veneziano per descrivere una persona uggiosa, fastid...
03/04/2023

“ Ti xe proprio na pitima !! “

Oggi si tratta di un comune aggettivo Veneziano per descrivere una persona uggiosa, fastidiosa, lamentosa e pedante. Questa parola affonda le sue radici all’ epoca della Serenissima, ma prima di essere un aggettivo, cos'era la "pittima"?

Fare la "pittima" era una professione, una persona ingaggiata e pagata da creditori per seguire costantemente i loro debitori. Era una sorta di esattore che aveva come unico compito quello di ricordare ai debitori di saldare il debito.
Ciò che caratterizzava la pittima era il forte lamento con il quale pedinava il debitore, generando in quest'ultimo umiliazione e imbarazzo sociale, tanto da essere incentivato a saldare il debito per porre fine a questa vergogna. La pittima era molto motivata nel suo lavoro in quanto la riscossione gli poteva fruttare una percentuale di guadagno dal valore interessante e riconoscerla era molto semplice sia per le lamentele a gran voce e costanti ma anche per l'abito indossato, caratterizzato da un rosso fuoco molto acceso. Il compito della pittima era quindi quello di indurre al debitore un buon comportamento all'interno della comunità veneziana, non solo a livello sociale ma anche morale.
Sembrerebbe un compito semplice, senza alcuna competenza e soprattutto ben pagato, ma non tutti potevano ricoprire questo ruolo nella società Veneziana. Infatti, per diventare pittima, bisognava essere emarginati, disagiati e quindi individui bisognosi di assistenza sociale. La lungimiranza del Doge prevedeva un annullamento di questo tipo di povertà offrendo in cambio della loro professione del cibo e un alloggio gratis. Oltre a questo cambio drastico di status, la pittima era anche tutelata da una legge speciale ovvero, nel caso in cui una persona pedinata gli avesse recato danno, sarebbe stata condannata nel breve periodo. In questo modo, quindi, i conti venivano quasi sempre regolati e l'equilibrio pubblico mantenuto con estrema cura e attenzione.

Mille storie e curiosità seguendo i nostri tours
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“DURI I BANCHI !!!” Quante volte avete detto o sentito dire quest'espressione? Senza dubbio si tratta di uno dei modi di...
03/04/2023

“DURI I BANCHI !!!”
Quante volte avete detto o sentito dire quest'espressione?

Senza dubbio si tratta di uno dei modi di dire più usati dai veneziani, una sorta di motto che incita a non mollare e a "tenere duro" anche nei momenti di difficoltà. "Duri i banchi", infatti, è una vera e propria descrizione dell'animo coraggioso dei veneziani e non è certo un caso che questo incitamento sia diventato la frase simbolo dopo l'acqua alta del 12 novembre del 2019 che ha invaso la città facendo emergere, però, la capacità dei veneziani di non abbattersi, reagire, e guardare sempre avanti.
Ma da dove deriva l'espressione "duri i banchi"?
L'espressione sta a significare il "non arrendersi", "non farsi abbattere dalle avversità", "non mollare", quindi sostanzialmente "tenere duro".
La spiegazione di questo detto ha le sue radici nella storia della città e, nello specifico, nell'epoca della Serenissima quando, durante le battaglie in mare, appena prima di sparare con i cannoni o speronare una nave, veniva dato il comando: «duri i banchi!» ai rematori delle galee per fare in modo che mollassero la presa ai remi e si tenessero saldi alle panche prima dell'imminente impatto.
Nel tempo, questo modo di dire strettamente legato all'ambito navale e, nello specifico, bellico è entrato nell'uso comune come forma di incoraggiamento per non abbattersi nei momenti di difficoltà.

Vuoi saperne di più ?? Segui le nostre guide

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AL CIVICO 1507 IL PIU' IMPORTANTE TEATRO ANATOMICO DEL '500Addentriamoci  nei dettagli di questa intrigante e poco conos...
03/04/2023

AL CIVICO 1507 IL PIU' IMPORTANTE TEATRO ANATOMICO DEL '500

Addentriamoci nei dettagli di questa intrigante e poco conosciuta curiosità veneziana.
Siamo nel 1368 e ci troviamo nel sestiere di Santa Croce.
Proprio in questo anno nella città di Venezia venne stipulata una legge che voleva che annualmente, per un dato periodo di tempo, venissero svolte autopsie sui cadaveri dei veneziani per delle vere e proprie lezioni di anatomia per praticanti medici a cui, dal 1558, dovevano assistere anche i barbieri.
Dove si scelse di farle? In campo San Giacomo dell'Orio.

Il teatro anatomico, venne eretto, al civico 1507 in campo San Giacomo dell'Orio, grazie al lascito di tremila ducati da parte del patrizio Lorenzo Loredan l'11 febbraio 1671 restò attivo per ben 130 anni come una delle più importanti e antiche scuole di anatomia dell'Europa. Questo posto, infatti, non era frequentato dai soli veneziani ma da praticanti medici provenienti da tutta Italia e perfino dall'estero.
Il cosiddetto "osservatorio" aveva non solo una porta terrena ma anche una sull'acqua che permetteva lo scarico e il carico dei corpi da dissezionare direttamente dalle imbarcazioni senza creare troppo scalpore tra la folla dei passanti. Un grave incendio nella notte dell'8 gennaio del 1800, però, ne distrusse gran parte e dopo qualche anno,tutti gli studi sull'anatomia vennero trasferiti all'Università di Padova in quello che, ancora oggi, è il più antico teatro anatomico esistente al mondo.
E il teatro anatomico di San Giacomo dell'Orio? Non ne resta più traccia ma resta nella memoria storica come un’altra delle grandi innovazioni della Serenissima Repubblica di Venezia

Ricette e leggende Costruita su isolotti di terra fangosa, senza poter coltivare grano e frumento, Venezia ha, malgrado ...
31/03/2023

Ricette e leggende

Costruita su isolotti di terra fangosa, senza poter coltivare grano e frumento, Venezia ha, malgrado tutto, sviluppato una sua personale cucina. Facendo di necessità virtù, i primi veneziani diventarono abili mercanti, per procurarsi quei beni primari che in laguna non c’erano, iniziando così ad importare da mercati lontani non solo grano e frumento ma anche spezie, zucchero ed altre merci culinarie sconosciute in Europa.
Nel Quattrocento nuovi ed interessanti prodotti si aggiunsero a questa ricchezza già acquisita, ad esempio, dalle gelide acque dei mari del Nord arrivò lo stoccafisso un’autentica rivoluzione, in un’epoca in cui non esisteva il frigorifero! Poi il Rinascimento investì Venezia con tutta la sua energia innovatrice, compresa quella del cibo, raffinato e lussuoso, con fiumi di spezie, zucchero e foglie d’oro su ostriche, ma la vera grandezza di Venezia è stata quella di saper uscire dalle cucine e di arrivare alle biblioteche sviluppando una grande editoria gastronomica con la pubblicazione di ricettari, traduzioni di libri di dietetica dall’arabo e dal greco, trattati di agricoltura e resoconti di viaggio che informavano sulla scoperta di nuovi prodotti. Con la fine del Cinquecento poi, i veneziani si imposero sulla terraferma con le grandi bonifiche, gli investimenti agricoli, e la coltura di quelle primizie che rivoluzionarono il territorio veneto nella forma che ancora oggi vediamo.

E come potevano mancare leggende legate all'argomento gastronomico ?

Eccovene una …..

Sul lato destro del Canal Grande, presso la riva di Biasio, un tempo lontano lavorava Biagio Cargnio soprannominato “Biasio”, un rinomato cuoco, in una locanda nella quale serviva lo “sguazeto a la bechera”, ossia un piatto di carni miste condite con cipolle e sugo di pomodoro. Il piatto era amatissimo dai veneziani e solitamente era preparato, e viene preparato ancor oggi, con carne di maiale. Biasio però si definiva un’artista e come tale ci teneva a mantener segreta la ricetta con cui deliziava i palati dei numerosissimi veneziani che affollavano la sua bottega. Mentre la sua fama accresceva e la sua bontà conquistava anche i più nobili, in città avvenivano strane sparizioni di bambini.
Un giorno, un onesto barcaiolo affamato, si diresse presso Biagio per gustare il suo amato piatto, e all’ interno dello stesso trovò qualcosa che non avrebbe dovuto trovare. Inizialmente pensava fosse un osso, e tirò un sospiro di sollievo per non essersi spezzato un dente, ma quando tirò fuori dalla bocca il boccone sospetto, notò che non si trattava di un osso bensì di un dito presumibilmente di un bambino. Impaurito e disgustato, lasciò il locale, e durante le ore successive avvisò le autorità che la stessa sera perquisirono le cucine e il retrobottega, trovando i resti di numerosi bambini impiegati per rendere unico il suo piatto. Biasio dopo esser stato arrestato confessò al giudice la verità: la carne tenera dei bimbi, lasciata a macerare per ore nel vino e spezie varie, riusciva a garantire un sapore delizioso e un guadagno maggiore. Non fu mai precisato quanti bambini avesse ucciso né il modo con cui se li fosse procurati. Dopo il processo, Biasio fu condannato a morte: fu legato a un cavallo e trascinato dal carcere fino alla sua bottega, dove gli furono mozzate le mani. Da qui fu poi portato in Piazza San Marco e decapitato tra le due colonne della riva. Il suo corpo fu fatto tagliare in quarti, e ogni quarto fu esposto in quattro diversi luoghi della città. I giudici della Serenissima hanno voluto fargli provare quel che lui stesso aveva inflitto alle sue piccole vittime.

Vieni a scoprire la cucina veneziana con la nostra chef

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Il prezzo da pagare per costruire il Ponte più famoso della città: Rialto Il Ponte simbolo della città lagunare, ed il p...
31/03/2023

Il prezzo da pagare per costruire il Ponte più famoso della città: Rialto

Il Ponte simbolo della città lagunare, ed il più antico della città, è il terzo progetto realizzato sul sito di Rialto. Nel 1587 s'iniziò la costruzione del Ponte di Rialto ad un’unica arcata che misura 28 metri, largo 22 metri, con un'altezza di 7,5 metri. Si regge su due piattaforme laterali in cui sono stati conficcati 12 mila pali di legno e la struttura in pietra bianca si divide in 3 rampe di scale divise da due file con volta a botte che ospitano 24 botteghe.
L'attuale progetto a firma Antonio Da Ponte era un'opera ingegneristica eccessivamente complessa per l’epoca, presentandosi in un'unica campata che pareva difficile da far reggere in piedi. Piccoli crolli impedivano spesso il regolare prosieguo dei lavori e si aggiungevano poi le difficoltà legate ai fondi che iniziavano a scarseggiare dato che il costo diventava gradualmente più elevato. Dal momento che i crolli capitavano sempre di notte, Antonio decise di nascondersi vicino al cantiere per scoprirne la causa, in quanto sospettava che ci fosse un maleficio sulla zona di costruzione. Al frastuono del crollo del ponte sentì un’agghiacciante risata proveniente alle sue spalle e girandosi, vide un uomo alto e coperto da un lungo mantello nero che affermò che nessun essere umano sarebbe stato in grado di costruire un ponte sul Canal Grande a meno che non fosse disposto a pagare un prezzo molto alto. Antonio, desideroso di concludere il lavoro, rispose che avrebbe dato la sua anima, ma il misterioso uomo disse che avrebbe voluto l’anima della prima persona che sarebbe passata sul ponte una volta terminato. L'architetto accettò, aveva bisogno di concludere il lavoro commissionato dalla Serenissima per poter mantenere sua moglie e il primogenito in arrivo. Come concordato, il ponte non crollò più e fu terminato nel 1590. Non dimenticando della promessa fatta, l’architetto fece portare dai suoi operai un gallo con l’intento di liberarlo sul ponte per permettergli di attraversarlo per primo, come chiesto dal diavolo.
Il diavolo però non aveva alcuna intenzione di esser imbrogliato da un essere umano, quindi si trasformò in un manovale e corse a casa di Antonio, con l’intento di avvisare la moglie di un’incidente accaduto al marito sul ponte. La donna corse sul luogo e dopo averlo attraversato si accasciò al suolo perdendo la vita. Il diavolo non solo prese l’anima della prima persona che passò sul ponte, ma punì Antonio prendendo anche quella del figlio nel grembo. Da quel giorno l’anima del bambino non battezzato vagò sul ponte e chi passava sopra o sotto su una gondola, sentiva piangere e starnutire. Tutti avevano timori conoscendo la storia e si affrettavano a terminare il tragitto, fino a quando un gondoliere rispose “salute” allo starnuto del neonato che, dopo aver ringraziato, abbandonò quel luogo, come se avesse avuto bisogno di un gesto di attenzione e compassione, che non aveva mai ricevuto non essendo mai nato.
Pare comunque che le anime della giovane donna e di suo figlio ancora vaghino sul ponte nelle fredde notti di inverno...

Mille storie a passeggio con le nostre guide
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leggende lungo il Canal Grande.........Palazzo Grassi   è uno degli edifici più noti di Venezia, risale al periodo tra i...
31/03/2023

leggende lungo il Canal Grande.........Palazzo Grassi

è uno degli edifici più noti di Venezia, risale al periodo tra il 1748 e il 1772, quando la nobile famiglia Grassi commissiona quella che sarà l’ultima dimora nobiliare costruita sul Canal Grande prima della caduta della Repubblica di Venezia.
Nei secoli a Palazzo Grassi si susseguono vari proprietari, e tra i più influenti si ricordano: il barone Simeone de Sina, a cui si devono le trasformazioni ottocentesche del palazzo, la famiglia Marinotti, che istituisce qui la sede del Centro Internazionale delle Arti e del Costume passando poi alla gestione Fiat e nel 2006 Palazzo Grassi diventa la prima sede della Pinault Collection.
Dietro la sua grandezza e bellezza estetica, il nobile palazzo nasconde una leggenda misteriosa: pare sia la dimora di una giovane ragazza che morì in circostanze misteriose cadendo dalla balaustra di uno dei balconi della corte interna dopo aver subito una violenza. Le circostanze del decesso sono incerte, in quanto non si è mai saputo se fosse stato un suicidio o un omicidio. Lo spirito di questa giovane donna, secondo alcune testimonianze, non reca disturbi, ma con un tono di voce gentile sussurra all’orecchio dell’individuo il proprio nome. Tra le testimonianze, c’è anche quella di un ex dipendente del Palazzo, che si occupava della sicurezza notturna: durante il solito giro di ricognizione sentì urlare improvvisamente di fermarsi e, dopo averlo fatto, puntò la luce davanti a lui e tirò un sospiro di sollievo. La guardia notturna era solita girare per i corridoi e per le stanze in totale oscurità, per mimetizzarsi nel buio e soprattutto per la conoscenza precisa del Palazzo, ma se non fosse stato per lo spettro della giovane fanciulla, sarebbe caduto in una voragine aperta dagli operai per i lavori di ristrutturazione.

E per scoprire altre storie di fantasmi clicca qui

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Una delle più raccontate leggende veneziane ..........vede come protagonista Tintoretto pittore italiano vissuto nel 500...
31/03/2023

Una delle più raccontate leggende veneziane ..........

vede come protagonista Tintoretto pittore italiano vissuto nel 500 nella Serenissima Repubblica di Venezia , uno dei maggiori artisti del Rinascimento.
Il suo vero nome era Jacopo Robusti e lo pseudonimo deriva dalla professione di tintore di tessuti di seta svolta dal padre il quale favorendo l’inclinazione del figlio, riesce ad inserirlo all’interno della bottega di Tiziano, che in quel periodo è pittore ufficiale della Repubblica di Venezia. Nel 1541 Tintoretto ottiene la sua prima commessa che sarà la prima di una lunga serie di capolavori che lo hanno reso il genio del 500 veneziano.
Tra i suoi capolavori più straordinari la Scuola Grande di san Rocco ed una delle tele più grandi del mondo Il Paradiso situata nella Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, uno dei simboli dell’antica Repubblica veneziana. Legata al Tintoretto esiste anche una delle più raccontate leggende veneziane che darebbe la spiegazione della statua di Ercole con una clava, posta sulla facciata della casa dell’artista situata nel sestiere di Cannaregio.

Questa statua fu costruita dopo un avvenimento che capitò a Marietta, la figlia maggiore del pittore, che era prossima alla prima comunione. All’ epoca c’era l’usanza di ricevere l’eucarestia ogni mattina per dieci giorni presso la ca****la del convento di Madonna dell’Orto e il primo giorno, Marietta, incontrò una signora anziana che le disse che se avesse voluto diventare “come la Madonna”, avrebbe dovuto conservare in un luogo sicuro le ostie anziché deglutirle e che avrebbe ricevuto una sorpresa il decimo giorno. Marietta conservò le ostie nel giardino della propria abitazione, riponendole in una scatola dietro l’abbeveratoio degli animali. Un giorno, non avendo modo di prendere la scatola a causa della pigrizia degli animali che non si spostavano, confessò il suo incontro al padre, che conosceva questa pratica magica e maligna con la quale le streghe rubavano le anime. Il Tintoretto portò quindi le ostie in chiesa e chiese a Marietta di aspettare l’anziana alla finestra per poterla invitare in casa. Il decimo giorno la strega non tardò e appena entrò in casa fu colpita a bastonate dal pittore. Dopo i primi colpi si trasformò in un gatto per poter fuggire ma data l’impossibilità, lanciò un grido disumano e, avvolta da una nube nera, si scagliò violentemente sulla parete per poter riuscire a scappare, lasciando un foro nel muro. Tintoretto, per evitare un suo ritorno e anche per ricordarle quello che le era capitato, fece murare il buco con una statua di Ercole a guardia delle pareti domestiche.

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Anche nella finanza La Serenissima docetNel corso del XVI secolo, in seguito all’ apertura delle nuove rotte portoghesi ...
28/03/2023

Anche nella finanza La Serenissima docet

Nel corso del XVI secolo, in seguito all’ apertura delle nuove rotte portoghesi verso le Indie ed alla crescente crisi commerciale, numerosi banchi di prestito privati fallirono, quindi il governo della Serenissima decise, come un'attuale banca d'Italia, di liquidare i rimanenti per evitare che la credibilità di Venezia, come piazza finanziaria internazionale, venisse compromessa.
A partire dal 1524, a Rialto, veniva messo alla prova un banco di prestito con capitali interamente pubblici ossia una Banca circolante di Credito, dove i mercanti usavano incontrarsi per le loro contrattazioni, mentre l'istituzione del “Banco Giro”, risale al 1619.
Il nome derivava dal particolare metodo organizzativo adottato.

La funzione principale del Banco Giro, non era prestare denaro, ma piuttosto provvedere a pagare somme cospicue per conto dei propri clienti, pertanto, per gli uomini d’affari era più conveniente aprire un conto in uno dei Banchi che ogni giorno lavoravano al mercato di Rialto, ed effettuare i pagamenti semplicemente presentandosi al banchiere e delegandolo al trasferimento dell'importo richiesto.

Attorno al Banco Giro si svolgeva una fiorente attività economica seguita dallo Stato, che tra l'altro aveva stabilito per legge che il denaro depositato non venisse mai posto sotto sequestro, né trattenuto da alcuna autorità giudiziaria della Repubblica. Il Bancogiro del mercato di Rialto era una vera e propria istituzione bancaria, che rimase in attività sino al 1811, così efficiente da spingere importanti funzionari europei a recarsi a Venezia per imparare da vicino come era organizzata.

Venezia sempre all’ avanguardia !!!!!

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Les jeux sont faits….Venezia ai tempi della Serenissima era una città cosmopolita e questa apertura la portava ad avere ...
28/03/2023

Les jeux sont faits….

Venezia ai tempi della Serenissima era una città cosmopolita e questa apertura la portava ad avere delle visioni molto ampie sia in materia di politiche interne che di morale.
La Venezia del tempo con le sue feste, le sue abitudini, i suoi rituali, era considerata una città piuttosto licenziosa ed un fenomeno indicatore è quello delle cortigiane e della prostituzione legalizzata che va a braccetto con il gioco d’azzardo praticato in quelli che erano chiamati i “Ridotti“ o Casini". Ve ne erano di diversi tipi, pubblici e privati, alcuni erano delle vere e proprie bettole, frequentate dal popolino mentre altri erano eleganti e sfarzosi, organizzati in modo tale da garantire la privacy dei frequentatori.
Negli ultimi anni della Repubblica si contavano ben 136 ridotti.
Tra i ridotti più famosi c’era quello di Palazzo Dandolo attualmente parte dell’hotel Monaco & Gran Canal, conosciuto per essere il primo casinò d’Europa e l’antenato di quello che ha attualmente sede sul Canal Grande. Il Ridotto fu aperto nel 1638 a San Moisè con all’interno file di tavoli, ognuno gestito da un gentiluomo che teneva il banco con i denari.
Spesso i giocatori erano nobili, mascherati con la tipica bauta che ne celava l’identità e la fama del posto, che superava quella di tutti gli altri ridotti, lo rendeva luogo frequentato da nobiluomini provenienti da ogni dove, cliente fisso era Antonio Casanova.

Le attività nei ridotti durarono fino a quando la Serenissima non si rese conto che la nobiltà perdeva ricchezza e diventava politicamente debole: nel 1774, infatti, chiusero i battenti. Una volta chiuso Il Ridotto, l’attività del gioco si spostò, ma soltanto nel 1946, nella sede tuttora nota di Ca’ Vendramin Calergi, bellissimo palazzo situato lungo il Canal Grande che riesce a mantenere il fascino plurisecolare di questa tradizione.

Sempre molto da scoprire leggendo il nostro blog e prenotando i nostri tours

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Il Sotoportego o Sottoportego è un passaggio, un'apertura, una zona di transito pubblico, aperto sotto le costruzioni pr...
28/03/2023

Il Sotoportego o Sottoportego è un passaggio, un'apertura, una zona di transito pubblico, aperto sotto le costruzioni private al fine di lasciare uno spazio di comunicazione tra le aree pubbliche.
Le esigenze private, in questo caso il diritto di edificare, potevano liberamente svilupparsi fintanto che non vincolavano talune fondamentali esigenze della comunità cittadina, per esempio per la necessità di transito.

Così come per i Sotoporteghi anche per le Calli, lo Stato veneziano imponeva alla proprietà privata di lasciare tra le costruzioni un passaggio di libero transito alla circolazione pedonale, per cui le calli ed i sotoporteghi diventavano di pubblico utilizzo.
Essendo però un lascito che i privati donavano per aver diritto a costruire, per perdere meno possibile dello spazio privato, lasciavano calli così strette che in qualche caso è possibile passare solo uno per volta.

Vi siete mai chiesti qual'é il sottoportego più basso di Venezia?
È proprio a Castello, in campo Ruga, che si trova il sottoportego più basso.
Si chiama "Zurlin", porta in una piccola corte e, se si è alti più di un metro e sessantacinque si dovrà abbassare la testa per passarci sotto. Questo luogo, oltre a essere leggendario per le sue dimensioni, lo è anche perché, la tradizione della città lo vede protagonista di un mistero legato a un fantasma avvistato proprio qui.
Di chi si tratta e qual è la sua storia?

Era una notte di pioggia del 1929 quando un dottore che stava camminando nei pressi del campo Ruga di Castello per tornare verso casa sentì una voce di donna provenire proprio dal sottoportego Zurlin. Avvicinandosi, vide una ragazza avvolta in uno scialle nero che lo chiamava per dirgli che sua madre era gravemente malata e aveva bisogno di cure. Il medico ebbe subito l'impressione di riconoscere la ragazza ma, più di tutto, venne colpito dal pallore e dalla magrezza della ragazza. Nonostante tutto, però, si fece accompagnare dalla giovane verso l'abitazione della madre malata. Una volta arrivato e apportate le cure alla donna, il medico non vide più la ragazza che nel frattempo era scomparsa. Quando la donna si risvegliò, lui le disse che il merito della sua guarigione era stata proprio sua figlia che l'aveva avvisato repentinamente delle sue gravi condizioni ma la donna non esitò a dirgli che era impossibile perché sua figlia era morta da un mese. Un particolare, però, coincideva con il racconto dell'uomo e quello della mamma della ragazza morta: lo scialle nero. La figlia della donna malata, infatti, quando era in vita, era solita indossare uno scialle nero, lo stesso con cui l'aveva vista il medico la sera prima ma, a fare ancora più impressione in questa storia, è che l'uomo, invitato dalla signora a guardare nell'armadio della figlia scomparsa, trovò lo stesso scialle e, quando lo toccò, sentì che era ancora umido.
Oltre all'aneddoto del fantasma, il sottoportego Zurlin è uno di quei luoghi della città che merita di essere visto, o meglio, attraversato, anche solo per dire di essere passati nel sottoportego più basso di Venezia o per vedere se anche a voi tocca abbassare la testa per passarci oppure no.

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“Te fasso veder mi che ora che xe!”.La Torre dell’Orologio é una delle più originali costruzioni dell’architettura venez...
28/03/2023

“Te fasso veder mi che ora che xe!”.

La Torre dell’Orologio é una delle più originali costruzioni dell’architettura veneziana i, conosciuta anche come Torre dei Mori. Il famoso orologio è, dopo quello del Big Ben, il secondo più conosciuto al mondo sia per l’indiscusso fascino estetico, che per la sua posizione in Piazza San Marco.
A quel tempo era uno dei tre orologi con movimenti meccanici esistenti nel mondo, il più evoluto ed il più tecnologicamente avanzato tant’è che leggenda vuole che la Repubblica fece strappare gli occhi all'ideatore del meccanismo interno affinché non potesse più ripetere simili meraviglie per potenze rivali .
Nel grande quadrante sono indicate le fasi lunari, tutte le costellazioni dello zodiaco, le cui raffigurazioni sono degli enormi segni zodiacali ricoperti in foglia d’oro e l’indicazione dell'ora suddivisa in 24 parti.
Sopra il quadrante si trova la Madonna in trono, è sistemata al centro tra due porte dalle quali l’orologio mostra l’ora e durante la settimana dell’Ascensione nonché il giorno dell’Epifania, escono ad ogni batter d’ora, un angelo che suona la tromba seguito dai tre Re Magi che, passando davanti a Maria, s’inchinano .

In cima alla torre si trovano le statue bronzee dei Mori raffiguranti due pastori provvisti di mazza alla mano con la quale rintoccano la campana e, uno di loro è denominato il “vecchio” (quello con la barba), l'altro il “giovane”.
Il “vecchio” batte le ore due minuti prima, simboleggiando così il tempo che è passato, mentre il “giovane” suona l'ora due minuti dopo per simboleggiare il tempo futuro.
La posizione della torre proprio di fronte alle due colonne dove venivano eseguite le pene capitali, ha dato vita anche ad un famoso detto veneziano: “Te fasso veder mi che ora che xe!”.
Secondo la tradizione infatti i condannati a morte attendevano la loro fine e guardavano scorrere attraverso le lancette dell’orologio gli ultimi istanti della loro vita.

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Indirizzo

San Marco 1130
Venice
30124

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Lunedì 09:00 - 18:00
Martedì 09:00 - 18:00
Mercoledì 09:00 - 18:00
Giovedì 09:00 - 18:00
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Telefono

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