09/09/2023
Ieri sera cenavo tranquilla in un riad nella Medina di Marrakech con una coppia che è venuta con me in Marocco, una coppia meravigliosa che rimarrà sempre nel mio cuore. Chiacchieravamo del più e del meno, avevamo girato tutto il giorno nella Medina, in quel dedalo unico e spettacolare di vicoli, con quel popolo stupendo che è il popolo marocchino, dispensatore di sorrisi e gentilezza in ogni dove. Un po’ tristi perché la mattina dopo ci aspettava l’aereo del ritorno, come si può lasciare Marrakech senza malinconia? Finita la cena siamo andati nelle nostre camere per preparare le valigie, io ho preparato la mia e poi mi sono messa a leggere a letto. Alle 22,45 ho sentito un rumore fortissimo, sembrava un treno impazzito, il tempo di chiedermi da dove diavolo provenisse quel rumore ed è iniziato a ballare tutto, il palazzo ondeggiava, tutto tremava, sussultava, sembrava non smettere mai… ho guardato fuori come inebetita, l’acqua della piccola piscina all’interno del riad ondeggiava tanto che usciva fuori e c’era polvere, polvere, polvere dappertutto. Siamo usciti tutti fuori dalle nostre camere, così com’eravamo, in camicia da notte, in pigiama, con le ciabatte, increduli e spaventati. I ragazzi del riad ci hanno urlato di uscire tutti fuori, in uno sprazzo di lucidità i due ragazzi che erano con me ed io ci siamo guardati e ci siamo detti che avevamo pronte le valigie, tanto valeva prenderle! Sono tornata in camera, ho preso la valigia lasciando roba in giro, ma cosa mi importava, l’unica cosa che ho pensato è stata quella di mettermi un paio di sandali con le suole spesse al posto delle infradito perché avrei dovuto camminare su calcinacci, il cervello tira fuori pensieri logici da solo… Una volta fuori abbiamo corso verso le mura per uscire dalla Medina, c’erano pezzi di muro ovunque, un’auto sepolta dai calcinacci, polvere che ti entrava in bocca e nel naso. Una volta fuori il delirio, la gente scappava via con ogni mezzo, auto, centinaia di motorini, carretti con i cavalli, biciclette, tutto pur di allontanarsi dalle case. Siamo rimasti lì vicino ad un giardino, alcuni piangevano, tutti cercavano di chiamare con il cellulare, ma per un po’ non c’è stato segnale. Io continuavo a pensare al mio fratello marocchino che dormiva in un appartamento vicino all’aeroporto, non riuscivo a contattarlo quindi non sapevo se stesse bene, non sapevo nulla della mia famiglia a Merzouga, anche se speravo tanto che nel deserto il terremoto avesse fatto meno danni. Finalmente è tornato il segnale, stavano tutti bene, inchallah. Cosa fare? Abbiamo deciso di dirigerci a piedi verso l’aeroporto e la cosa assurda era che, mentre nella Medina le persone piangevano e si disperavano, vicino alle porte dei super mega hotel di lusso fuori dalle mura e davanti al casinò le guardie e i portieri continuavano imperterriti a sorvegliare nei loro completi blu… Dopo un po’ siamo riusciti ad incontrarci con Mohamed, il mio fratello marocchino, che ci ha fatto salire sul suo minivan per portarci lontano, fuori da Marrakech, in un posto qualsiasi lontano dalle case, ci siamo fermati in un piazzale con terra e cespugli e abbiamo passato lì la notte. Alle sei ci siamo diretti all’aeroporto, lungo la strada centinaia di persone dormivano per terra, ovunque, sui marciapiedi, sui cordoli tra le strade, ogni spazio occupato da uomini, donne, anziani e una marea di bimbi piccoli avvolti in coperte fin sopra la testa, di giorno ci sono più di 30 gradi, ma la notte fa freddo.
L’aereo è partito, io sono a casa, ma il mio cuore è là con loro, per terra, tra le macerie e la polvere e non posso fare a meno di piangere.