12/04/2021
È lunedì… ed eccoci di nuovo con la nostra rubrica !
Avreste saputo maledire qualcuno nell’antica Roma? 😊
Per maledire qualcuno si usavano le cosiddette tabellae defixionum, lamine di piombo iscritte che venivano poste in tutti quei luoghi che si pensava mettessero in comunicazione il mondo dei vivi e il mondo dei morti, come grotte, templi, buche nel terreno e soprattutto tombe, in modo da consegnare la maledizione all’anima del defunto.
Vi si scriveva il nome del presunto nemico, un rivale in amore, in politica, o più semplicemente un auriga della fazione avversaria, il più delle volte precisando anche il nome della moglie, dei figli o della madre, per essere certi che l’anatema colpisse la persona giusta evitando casi di omonimia.
Le maledizioni erano rigorosamente anonime, per evitare ritorsioni. Se il motivo della maledizione non è sempre esplicito, molta importanza viene riservata alle sofferenze che si spera che il nemico subisca, spesso descritte con dovizia di particolari, con l’indicazione di tutte le parti del corpo da colpire; come nel caso del povero Plozio, maledetto in una tabella da Roma, forse dalle vicinanze di Porta Salaria.
“Buona, bella Proserpina […] strappa a Plozio la salute, il fisico, il colorito, le energie, le capacità […] Consegna questo qui alla febbre quartana, terzana, quotidiana, ché combattano contro di lui, lo sconfiggano, lo stravincano, lo vincano fino a quando non gli portino via la vita […] Proserpina, […] ti dò le narici, le palpebre, le labbra, le orecchie, il naso, la lingua, i denti di Plozio, perché Plozio non possa dire cosa gli fa male; il collo, le spalle, le braccia, le dita, perché non possa aiutarsi in alcun modo […] l’intestino, il ventre, l’ombelico, i fianchi, perché non possa dormire; le scapole, perché non possa sdraiarsi comodamente; la vescica, perché non possa fare p**ì; le natiche, l’ano, le cosce, le ginocchia, le gambe, i polpacci, i piedi, i talloni, le piante, le dita, le unghie, perché non possa stare in piedi con le sue forze […] (CIL I, 2, 2520)
Nella foto: tabella con inscrizione in greco conservata al Museo Civico Archeologico di Bologna.
A presto con una nuova curiosità 😊